voto 7-
Il Wakanda, nazione dell’Africa centro-orientale, è in apparenza una terra priva di risorse.
In realtà è il paese più evoluto del mondo, tecnologicamente parlando, grazie alla massiccia presenza di un minerale alieno, il vibranio.
Quando T’Challa siede sul trono, divenendo la nuova Pantera Nera, vorrebbe portare avanti le tradizioni e i progetti del padre morto, ma una minaccia giunge dal passato e lo costringerà a rivedere i suoi piani e proteggere il suo popolo.
Black Panther con la sua estetica e un’imponente colonna sonora è diventato in breve tempo un successo senza precedenti, imponendosi come modello di tendenze al pari di grandi film del passato.
L’universo Marvel Studios aggiunge un eroe e una storia a sé alla già folta schiera di volti e di storie che già tutti amiamo, riportando sul grande schermo uno degli eroi “black” più amati.
Creato da Stan Lee e Jack Kirby, fece la sua prima apparizione nel 1966 nel fumetto “Fantastic Four” vol.I n°52.
Stavolta però assume un’identità molto più marcata rispetto ai suoi predecessori sul grande schermo: l’attenzione messa nella realizzazione nelle scenografie in digitale è più che lodevole così come l’accuratezza dei costumi e delle caraterizzazioni di alcuni personaggi secondari.
Il giovane regista Ryan Coogler ( vedi CREED – Nato Per Combattere, 2015 ) è chiamato a dirigere il film più politico dell’universo Marvel e lo fa con il giusto equilibrio tra serietà e intrattrenimento.
Ci aveva già provato “CAPTAIN AMERICA: The Winter Soldier” ma il film di Coogler fa un passo avanti, forse azzardato: si immerge nella realtà politica attuale sollevando questioni ancora aperte sul razzismo, la tolleranza, lo schiavismo. Certo lascia un attimo interdetti la sua posizione nei confronti del terrorismo e di governi stranieri, così come fa storcere il naso il ruolo della CIA, considerando il suo ruolo nella storia dei governi africani. Tuttavia è più che apprezzabile il tentativo del regista di affrontare tematiche scomode e solo apparentemente superate in una società – come quella americana – caratterizzata da infinite contraddizioni.
Così come cambia il nome del primo amore di T’Challa per questione di diritti: non è Ororo Munroe, alias Tempesta degli X-Men.
Ma al di là di questo il film rispetta e esalta l’anima del fumetto, grazie anche alla spledida fotografia di Rachel Morrison che dona colore e forza e diginità al continenete africano.
Sono loro a dare maggiore spessore e pathos alle tante scene di azione e di combattimento che peccano di un’estetica troppo vicina ai videogiochi.


Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

