Miguel sogna di diventare un grande musicista.
Peccato che nella sua famiglia la musica sia da sembre bandita e demonizzata fin da quando la trisavola Imelda non fu abbandonata dal marito chitarrista e costretta a crescere da sola la piccola Coco, oggi inferma e bisnonna di Miguel.
La notte dei morti però il suo desiderio di suonare lo porta a rubare una chitarra da una tomba. Il suo gesto gli farà varcare la soglia che unisce il mondo dei vivi e quello dei defunti.
Sembra che ci sia un fattore comune e prezioso nella filmografia della Pixar che, passando per titoli come TOYSTORY e UP e INSIDE OUT, unisce storie assai diverse, incluso questo nuovo film: la memoria e la sua celebrazione. COCO è l’ennesima conferma di una “casa dei sogni” che produce ottime sceneggiature al servizo di film di animazione destinati sì ai bambini, ma che possono raccontare a noi adulti qualcosa che credevamo perduto e che invece era stato semplicemente dimenticato.
Sebbene la trama si avvicini molto a quella de “Il Libro Della Vita” scritto da Guillermo Del Toro nel 2014 e se anche per le tematiche affrontate e le loro resa non possiamo che ripensare all’universo di “mostri” di Tim Burton o al cinema giapponese di Miyazaki ; il lavoro compiuto dal regista Lee Unkrich e Adrian Molina ( qui anche sceneggiatore ) è a dir poco impressionante.
Il film affonda lo sguardo nella cultura messicana con rispetto e ammirazione, raccogliendo e abbracciando tutto il suo variegato e colorato mondo di culture e sottoculture; esaltandone le tradizioni e omaggiando un popolo e una storia che, per quanto distanti dal nostro vivere occidentale, sa toccarci dentro con facilità.
Con la necessaria leggerezza e con la giusta sensibilità ci porta per mano a conoscere l’ignoto. Se in INSIDE OUT ( a oggi per me il migliore in assoluto ) si esplorava l’ingarbugliato e misterioso mondo delle emozioni; qui i geni della Pixar osano parlare ai bambini di qualcosa che abbraccia noi tutti ma che tutti ripudiamo ( la morte) e li conducono oltre quella linea che separa il nostro mondo da quello dei morti, suggerendo loro un universo altrettanto strutturato e colorato dove ognuno ha il proprio ruolo, la propria dignità, la propria… vita!
C’è tanta poesia in COCO e avventura e mistero e magia.
È un piacere per gli occhi di bambino guardare i colori fluorescenti delle figure degli alebrijes , così come per noi adulti “sfogliare” con l’imaginazione la ritrattistica fotografica messicana o sorridere del mito di Frida Khalo (tra i momenti più divertenti e geniali del film) e delle sue opere.
Ma sono la musica e la famiglia gli elementi più importanti.
Se la prima è dapprincipio simbolo di evasione e di ribellione, mentre la seconda è elemento di ostacolo per la realizzazione del piccolo Miguel; nella musica (scrigno prezioso della memoria) poi si ritroverà quel filo invisibile che andrà a congiugere i due mondi (quello dei vivi e dei morti ma anche quello degli adulti e del bambino) e nella famiglia Miguel troverà il sostegno necessario perché possa salvarsi.
E quel finale di gioia e di festa suggella magnificamente il tutto stringendoci il cuore, fino alle lacrime.
Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.
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