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 Massimiliano Ferragina: quando l’arte diventa teologia.

- 02/08/2024


Massimiliano Ferragina nasce a Catanzaro il 17 settembre 1977. Si trasferisce giovanissimo a Roma, dove si laurea in filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana. La sua espressione artistica è influenzata notevolmente sia dal suo percorso accademico, sia da un viaggio di tre mesi in Sud America e da tre formative residenze d’artista a Parigi (2005), Berlino (2011) e Copenaghen (2012). Esordisce in Italia nel gennaio 2012, con il premio Open Art, presso le sale del Bramante a piazza del Popolo (RM). I suoi numerosi progetti artistici hanno sempre un profondo ed introspettivo messaggio, in cui il mondo interiore è protagonista e motore immobile. Attualmente vive a Roma. 

Partiamo dal Premio Elmo 2024 appena ricevuto a Rizziconi (RC), premio che rende omaggio alle eccellenze culturali. ” Tanti premi e riconoscimenti all’attivo in questi anni , quali le emozioni di questo appena ricevuto?


  I premi fanno sempre piacere, li vedo come un segno che la direzione è giusta. Il Premio Elmo arriva in un momento particolare della mia vita professionale ed certamente uno stimolo positivo per avviare una riflessione seria e profonda sul mio percorso artistico. Le emozioni accompagnano questo tipo di esperienze, nel caso specifico l’emozione è doppia sia perché si tratta di un Premio che nasce e si storicizza in Calabria, sia perché grandi nomi del mondo della cultura italiana mi hanno preceduto. Un vero onore per me.

Il tuo vissuto ecclesiale trapela nei tuoi progetti, ti definirei, ma non sono il solo, “artista teologo”. Nell’ambiente Salesiano, dei sacerdoti, precisamente don Del Piano (anni 30) e Don Gorgone (anni 70) sono anche architetti e lavorano soprattutto nel creare progetti architettonici per la loro congregazione. Dal tuo punto di vista di insegnante e teologo è la stessa cosa?

 In merito a questa  domanda, mi verrebbe da dirti che se per “stessa cosa” si intendesse lavorare artisticamente per la comunità ecclesiastica alla quale appartengo, allora ti direi di sì. La mia arte è sempre stata per certi versi uno strumento di comunicazione anche della mia fede e del mio cammino di ricerca all’interno della Chiesa cattolica. Credo che sia inscindibile il mio essere cristiano battezzato dal mio essere artista. Preciso anche che il mio percorso artistico viaggia su due binari, uno dichiaratamente cristiano, evangelico, l’altro d’espressione, informale, con temi introspettivi e attinenti alla mia riflessione sul mondo d’oggi, tutto si coniuga essenzialmente attraverso la riconoscibilità dell’uso dei miei colori primari. L’arte poi entra nel mio essere docente come strumento privilegiato per mediare i contenuti da trasmettere, per facilitare l’apprendimento, per riuscire a dire cose altrimenti indicibili. Esempio. Condurre lo studente ad una riflessione sul senso del mistero, del trascendente, dell’essere metafisico, della capacità dell’uomo nella sua piccolezza di pensare Dio, lo puoi fare solo attraverso “La notte stellata” di Vincent van Gogh o attraverso i colori di Chagall, o le forme evanescenti di Mark Rothko.

L’ Uomo di Vitruvio l’uomo di Ferragina, le tue opere sono soprattutto caratterizzate da questo “omino”, una sagoma di uomo, chi è quest’uomo? lui è a servizio tuo o viceversa? sei tu?

 L’uomo “ferraginiano”, chi è? Me lo chiedo anche io spesso e volentieri. È una sagoma che mi caratterizza, sagoma che deriva dall’osservazione personale degli uomini e delle donne del nostro tempo. Esseri umani curvi, chini su sé stessi, con spalle pesanti, in fila per strada, in fila ovunque, col capo basso sullo schermo del cellulare. L’omino che appare nudo e di schiena nelle mie opere, che interpreta tutti i miei soggetti, religiosi e no, santi, martiri, personaggi mitologici, è colui che ha perso la speranza di alzare gli occhi al cielo e con essa la capacità di sognare, ma può essere anche colui (o colei) che invece ci sta indicando la via, ecco le spalle, che ci dice “seguimi” che nella sua nudità ci racconta la sua verità. È metafora delle contraddizioni umane, dei potenti e dei deboli, dei peccatori e dei santi, di coloro che hanno trovato posto nel mondo e di coloro che sono smarriti. La mia sagoma mi appartiene per certi versi, forse sono anche io…forse sei tu…forse è chi non conosciamo o chi ancora deve nascere. Di certo questa sagoma semplice, lineare, è un po’ la mia firma, e nella sua pochezza segnica certo ha una grandezza semantica perché riesce ad interpretare e trasfigurare ogni emozione io voglia dichiarare. Mi servo di quest’omino, e questo omino si servirà di me certamente quando io non sarò più. Sarebbe la cosa più bella che potrei desiderare.

Perché blu giallo e rosso, i colori primi?

Perché sono quelli che mi emozionano. Vedo solo questi tre. E li rispetto, cerco di non confonderli mai.

Ti trasferisci a Roma per fare l’Università, più precisamente studi filosofici, poi fai delle esperienze artistiche in Europa, quale è l’anello di congiunzione?

 Dopo gli studi, bellissimi tra l’atro, sentivo però che avevo lavorato troppo su una dimensione di apprendimento teorico, volevo sperimentare l’utilità del mio sapere. Credevo di essermi perso qualcosa della strada mentre stavo sui libri. Desideravo esprimere tutto ciò che di bello avevo appreso, per fare questo dovevo trovare il modo, l’unica cosa era mettermi alla prova in contesti nuovi, con persone fuori dalla mia rete di conoscenze, era giunto il momento di ascoltare il cuore e trovare il coraggio di viaggiare, interrogare, ascoltare. Un viaggio che doveva essere traumatico nel senso buono del termine, così ho preso un biglietto solo andata Centro America, Guatemala. O meglio. L’occasione si è palesata da sola e l’ho cavalcata. Tre mesi in Guatemala tra colori sgargianti e realtà che mi hanno capovolto nelle mie convinzioni. Il viaggio mi ha portato all’arte, anche se già maturavo da tempo questa possibile vocazione…e poi il resto è storia…

Hai mai incontrato il Papa? Conosco la risposta, Sì! Infatti, c’è una foto che lo testimonia! cosa vi siete detti? Quali emozioni?

 L’incontro col Santo Padre è stato il coronamento di un percorso personale che mai avrei sperato potesse accadere. Parlare quindici minuti con il papa. Ho avuto casualmente la possibilità di donare due mie opere a papa Francesco, in seguito a questo mi sono trovato innanzi a lui. Eravamo in piena pandemia, ma lui si è lasciato abbracciare e tenere le mani. Ricordo che gli ho parlato in spagnolo e questo lo ha fatto sorridere. Che ci siamo detti? Una vita intera in quindici minuti. Era nata da poco la mia ultima nipotina, Rosa, quando gli ho detto questo mi ha risposto “aspetta, ecco un rosario per Rosa”. Quando sarà abbastanza grande per capire glielo darò.

Andare via dal proprio paese dove c’è stato il primo imprinting, le prime emozioni, le prime esperienze, condiziona le scelte lavorative e soprattutto artistiche?

Andare via così giovani, senza mai essere uscito di casa prima, con pochi mezzi, è uno strappo violento. Le prime notti a Roma, ventisette anni fa, le ho passate piangendo. Ero solo. Nessuno mi conosceva in una città di tre milioni di abitanti, ti condiziona tantissimo, poi Roma accoglie, mi sono creato una famiglia di amici veri, fortunatamente avevo radici così profonde che ancora oggi io mi definisco calabrese, romano di adozione. Roma però mi ha dato tantissimo. Il mio primo piccolo studio su via Tuscolana, ricordo che di giorno lavoravo e studiavo poi all’una di notte iniziavo a disegnare, dipingere, progettare e mi addormentavo sul divano, la mattina ancora prima del caffè o lavarmi il viso dovevo fare un passaggio sulla tela, altrimenti non uscivo di casa. Roma condiziona in ogni senso, ti devi abituare a lavorare in questa città. È scontrosa, è inaffidabile, è spaventosamente bugiarda, promette tanto e mantiene poco, ma impari ad amarla al punto che quando sono altrove Roma mi manca sempre.

C’è un pittore, un artista contemporaneo o del passato, che avresti voluto incontrare per fare una chiacchierata?

 Certamente Marc Chagall. Sento un dialogo profondissimo con questo maestro. Non credo di peccare di presunzione se mi sento prossimo al suo uso dei colori primari. Temi diversi, certo, ma ricchi di mistero, di sacralità, di appartenenza. Ecco, questi sarebbero i temi che mi piacerebbe affrontare con Chagall magari seduti in un bistrot parigini, se proprio devo sognare, meglio farlo in grande. A parte gli scherzi, credo che l’arte di Chagall in qualche modo tocchi corde del mio animo che producono inconsciamente una sorta di assimilazione, di identificazione.

 Se dico Aeroporto Internazionale di Roma Fiumicino, cosa mi rispondi?

Ti direi “buon viaggio” ma senza prima dimenticare di visitare la Cappellina all’interno dello stesso, al Terminal 1 partenze, dedicata alla Madonna di Loreto, che ho avuto il privilegio di affrescare. L’impianto artistico decorativo, ideato e realizzato da me, vede delle pitture murali ispirate al volo (siamo in aeroporto!), una grossa ala stilizzata nella parete dietro l’altare, un cielo stellato per la parete della madonnina pellegrina di Loreto. L’opera si chiama Luce Nuova e ha segnato per me un punto di svolta nel mio percorso, dopo quella committenza ho pensato che allora tutto può succedere e che l’arte davvero dona senso alla vita. La rende eterna. Quell’opera rimarrà lì per molto tempo, sarà tutelata, verrà ammirata da milioni di persone.

Come deve affrontare, secondo te, lo spettatore, l’opera astratta?

 Deve innanzitutto azzerare tutti gli input che la mente genera naturalmente quando si concentra su un oggetto. Deve sconfiggere il pregiudizio. Deve lasciarsi interrogare e provocare. Dopo un’adeguata pausa di silenzio personale, deve studiare l’artista, indagare il suo percorso, e soprattutto cercare di non dare risposte alle domande che l’opera potrebbe suscitargli. A volte la domanda è più bella della risposta. Fermarsi all’interrogativo dona più felicità che consumare il desiderio con la risposta.

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Vivo a Roma ma originario della Sicilia. Attivista nel volontariato sociale, mi occupo di pittura, fotografia, scrittura e arte pop: alcune mie opere sono state esposte in diverse gallerie e mostre nazionali.

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