10 days of human rights, giorno 3.
“Inspirate Ispirazioni Ispiranti” vi racconta di uno sport che fa di questo concept una bandiera. È conosciuto ma non è molto seguito. È diffuso ma non è commerciale. Quasi non è uno sport. Si declina in tutte le sfumature sociali. Non ha barriere. Né metalliche, né fisiche, né mentali. Accoglie chiunque creda davvero che giocare la stessa partita, sia l’unico modo che ancora abbiamo per restare umani, uguali, umili. Stesso campo, stesse regole, stesso obiettivo…e che vinca pure il migliore tanto poi la medaglia è per tutti. La medaglia è la vita.
Si tratta del rugby! La palla ovale, la mischia umana, la danza Haka, il cucchiaio di legno.
La regola è semplice: afferrare il pallone e correre! Il significato è sottile: dentro quel cuoio ognuno ci mette qualcosa e se la porta in campo. La difende dai placcaggi, la spinge nello spazio avversario, la affida alle mani dei compagni, la passa in avanti, la lancia all’indietro. La proietta oltre la linea di meta, la guarda roteare, la incita e poi, alla fine, la libera!
Sembra feroce ma è leale. Sembra disordinato ma è pieno di regole. Sembra uno sport ma è voce del verbo vivere!
Per 10 days of human rights Ho raccolto tre ispirazioni, tre sogni, tre squadre. Ognuna mette nel cuoio una cosa diversa. Ognuna ha qualcosa per cui scendere in campo. Qualcosa da difendere, per cui sudare, correre e vincere.
Tre storie, un unico titolo: “Il Rugby che rende liberi!”
Ispirazione n° 4: ARES CENTURIONI – Wheelchair rugby
Le immagini di copertina di questo articolo parlano da sole. Bene. Anzi male. Ma è così. Vite cambiate. Gambe bloccate. Rugby a rotelle.
Il dolore succede. La sofferenza è una scelta. La sfiga ci tocca e a volte ci accoppa. Punto. Questione di destino, sorte, karma, ‘ttacci tua. Di un parametro incognito, per nulla mistico, a tratti diabolico, che colpisce senza logica. Ma questa è un’altra storia.
Torniamo allo sport. A prescindere da chi siamo, da dove veniamo e quanti arti abbiamo, il rugby che rende liberi Volume 1 è così inclusivo da meritarsi le 1000 battute a disposizione per questo articolo.
Si gioca tutti: abili, disabili, disabilissimi. Una specie di realtà complementare in cui non sono le regole ad essere uguali per tutti ma tutti gli atleti ad esserlo davanti alle regole, e resa ancora più speciale dalla ricorrenza odierna della Giornata internazionle per i diritti delle persone con disabilità.
Intervista ad Alessandro Bardini, capitano della squadra.
Come nascono i Centurioni?
Da un esperimento nato all’estero. Non è che il rugby sia proprio uno sport facile da adattare ai disabili però ci hanno provato. Ed il risultato ha superato le aspettative. Nel tentativo di portare questa disciplina ad altezza ruote, hanno creato uno sport trasversale. Quando è arrivato in Italia ci ha incuriositi. Si può giocare davvero tutti. Ci piaceva.
In che senso davvero tutti?
Para, tetra, tutti. Anche chi ha solo mezzo tricipite funzionante!
Questa me la devi spiegare!
Il concetto di base è la squadra. Come nel rugby normale. Solo che qui siamo disabili, ognuno con la propria condizione. Quindi per essere sportivi, in partita è necessario giocare tra squadre parigrado. Ogni atleta ha un punteggio e, come si dice, la somma deve fare il totale! Chi ha mezzo tricipite ha 0.5 punti. E ti servono anche quelli!
Ma con mezzo muscolo come si gioca?
Con delle carrozzine speciali. Che rispondono meccanicamente al movimento dell’unico mezzo muscolo attivo! Ed hanno un ruolo fondamentale. Difendono! Bloccano! Aiutano un atleta da 3 punti, con le braccia in grado di lanciare, a guadagnare campo. A fare meta. Esattamente come nel rugby fangoso.
Giocano anche i normodotati?
Certo! Nelle amichevoli però.
Quanti punti hanno?
Dipende da che sedia scelgono. Il campo è nostro. Nostre le regole. Anche quelle di vita. Ci si scontra tutti allo stesso livello. Tutti seduti. L’allenatore si siede pure lui, nessuna diversità.
Una partita che ricordi particolarmente?
Una partita bizzarra è stata con i BISONTI Rugby per esempio.
La squadra di rugby del carcere di Frosinone? [Stay Tuned!]
Si, sono normodotati! Belli, forzuti pure. Montagne di muscoli! Si sono messi in gioco però. Al nostro gioco. Si sono seduti su sedie per loro poco maneggevoli ed hanno cercato energicamente di chiudere le azioni in campo. Abbiamo vinto noi, non c’era partita. Però è stata una bella pagina di sport!
Come si gioca una partita di rugby a rotelle?
Come ti dicevo, ci sono delle sedie dedicate. Diverse tra attacco e difesa, per tetra e para. E sono dotate di paratie per reggere gli scontri.
Ci sono anche qui i famosi placcaggi?
Scherzi? L’energia che si genera in campo non ha nulla in meno rispetto a quella del vero rugby. Anzi, qui c’è pure l’inerzia del mezzo! L’adrenalina schizza, rompiamo mediamente due copertoni a partita. Gli impatti sono fortissimi, è agonismo puro, considera che ci sono le olimpiadi tra 5 anni. Nessuno “rallenta”, però è una tensione positiva. Poi si fa meta e si va tutti al meritatissimo terzo tempo.
Come si fa “meta”? Giusto per capire.
Quando due ruote della carrozzina passano oltre la linea di fondo campo, con possesso palla.
Cosa insegna il rugby ad un ragazzo disabile?
Tecnicamente gli insegna tante cose che però troverebbe in quasi tutti gli sport paralimpici. Il valore aggiunto, gioco di parole, è quello che gli toglie, la paura di farsi male. In campo prima e poi anche fuori. Chi vive costretto su una sedia vive una doppia limitazione. Si muove poco e solo in un perimetro logistico pensato e creato da un normodotato. Percorsi obbligati, limitatissimi. E nessuno li sfida. Se ci si avventura su una strada non a norma, si può cadere, ci si può ferire. Il rugby ti toglie questo timore, ti da coraggio. Peggio di una carrozzina che ti arriva addosso a tutta velocità, non ti può andare!
Più rugby nelle ASL quindi?
Magari! Senza buttarla sul drammatico, si sa che ogni sabato sera per qualcuno la vita cambia. Sono numeri. Quanto costano anni di lenta riabilitazione passiva? Una sedia sportiva costa sui 4000€, un modello entry level anche meno. La società combatte ancora la battaglia sbagliata. Si pensa che per i disabili si debba fare qualcosa. No. Bisogna darci gli strumenti, poi ce la vediamo noi. Accadono cose meravigliose in campo: atleti tetraplegici che spingono carrozzine da 20kg, tanta forza di volontà applicata a mezzi scarsissimi. Certe sedie non hanno neanche la convergenza. Eppure si gioca lo stesso! È questa la strada, è questo che deve emergere. È questo lo sport che vogliamo far conoscere a tutti.
Ultima domanda. Cosa mettono i Centurioni nella palla ovale?
Le rampe. Non solo per salire sugli spalti ma anche per scendere in campo o andare a fare la doccia. Giocare non guardare. Attori non spettatori. Nello sport come nella vita, nei palazzetti come nelle città. Per noi stare al mondo è un casino. Con il rugby va un po’ meglio.
Per seguire i Centurioni:
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