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Premio John Fante: IL COGNOME DELLE DONNE di A. Tamigio (Feltrinelli) | Recensione


All’interno del Festival John Fante “Il Dio di Mio Padre” è presente l’ambito premio “Opera Prima” dedicato a scrittrici e scrittori emergenti del panorama italiano. La nostra redazione vi donerà la recensione dei tre libri finalisti. Nella giornata del 24, a Torricella Peligna, avverrà la premiazione.

Il terzo e ultimo libro finalista che vi presentiamo è IL COGNOME DELLE DONNE di Aurora Tamigio pubblicato da Feltrinelli.

LA TRAMA:

All’origine c’è Rosa. Nata nella Sicilia di inizio Novecento, cresciuta in un paesino arroccato sulle montagne, rivela sin da bambina di essere fatta della materia del suo nome, ossia di fiori che rispuntano sempre, di frutti buoni contro i malanni, di legno resistente e spinoso. Al padre e ai fratelli, che possono tutto, non si piega mai sino in fondo. Finché nel 1925 incontra Sebastiano Quaranta, che “non aveva padre, madre o sorelle, perciò Rosa aveva trovato l’unico uomo al mondo che non sapeva come suonarle”. È un amore a prima vista, dove la vista però non inganna. Rosa scappa con lui, si sposano e insieme aprono un’osteria, che diventa un punto di riferimento per la gente dei quattro paesi tutt’intorno.
A breve distanza nascono il bel Fernando, Donato, che andrà in seminario, e infine Selma, dalle mani delicate come i ricami di cui sarà maestra. Semplice e mite, Selma si fa incantare da Santi Maraviglia, detto Santidivetro per la pelle diafana, sposandolo contro il parere materno. È quando lui diventa legalmente il capofamiglia che cominciano i guai, e un’eredità che era stata coltivata con cura viene sottratta.
A farne le spese saranno le figlie di Selma e Santi: Patrizia, delle tre sorelle la più battagliera, Lavinia, attraente come Virna Lisi, e Marinella, la preferita dal padre, che si fa ragazza negli anni ottanta e sogna di studiare all’estero. Su tutte loro veglia lo spirito di Sebastiano Quaranta, che torna a visitarle nei momenti più duri. Con la freschezza dei 35 anni, Aurora Tamigio scrive al suo esordio un romanzo familiare dal respiro ampio e dal passo veloce, che trascina il lettore come un fiume: epica popolare, saggezza antica e leggerezza immaginifica, riso e pianto, e poi personaggi impossibili da dimenticare. Lo scrive come se fosse semplice, e non lo è. Semplice è leggerlo, non ci si ferma più fino all’ultima parola.
“Lo sapete, vero, che il cognome delle donne è una cosa che non esiste. Portiamo sempre quello di un altro maschio.”
“Comincia tu a tenerti il tuo, e poi si vede.”
Cosa resta dell’eredità delle nonne, delle madri, di tutte le donne venute prima di noi?

LA RECENSIONE:

Ammetto: è l’ultimo libro che è arrivato solo qualche settimana prima del Festival. Prima di leggerlo, ammetto, di essermi sentito a disagio per le 416 pagine da leggere velocemente prima del Festival… Fortunatamente il libro è estremamente scorrevole e le storie dei personaggi ti entrano dentro velocemente permettendoti di fagocitare decine di pagine in poco tempo. Sicuramente è un romanzo impegnativo per la tematica trattata: l’identità sociale delle donne. Mai tema più importante in questo periodo storico. Si tratta di una saga familiare che copre quasi due secoli e due famiglie: Quaranta e Maraviglia. Al principio una storia antica ma comune del meridione: una ragazza, Rosa, che subisce le angherie del padre e accetta suo malgrado di sposare il mite Sebastiano. Da Rosa si diramano le vicende di figlie e nipoti. L’acme di questo libro si raggiunge quando l’autrice ci narra delle guerre e di come le donne si muovono all’interno delle relazioni in totale black out per l’epoca.

Un romanzo piacevole e utile. A cercar il pelo nell’uovo: leggendolo si ha la sensazione di leggere un libro scritto a più mani, a più voci… che Rosa e le sue discendenti abbiano posseduto l’autrice?

Mi piace pensare di sì!

Fatelo leggere!

“Oggi è un giorno che piove e tira vento. Di solito a giugno, in questo periodo si va già a mare e si puliscono le sarde per cuocerle sulla brace accesa in cima alla terrazza. Ma oggi non è cosa di mettere il naso fuori: il cielo è pesante come cemento e le nuvole fuggono rapide verso la fine della Terra, dove si accatastano, una sull’altra, sempre più grigie. […]
Selma trema e con lei il letto, il soffitto, le pareti, il pavimento “Gesummaria, il terremoto” esclama Rosa. […] Poi ogni cosa si ferma. E Selma Quaranta muore, il 18 giugno 1970”.

da IL COGNOME DELLE DONNE di Aurota Tamigio
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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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