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Nelle Marche si torna nel Medioevo: NUDM va all’attacco.

- 10/02/2021


Nelle Marche c’è un vero e proprio ritorno al Medioevo: il 17 Dicembre del 2020 la giunta regionale mostra l’intenzione di limitare l’accesso alla RU486, mettere mano ai consultori, cav aprendo agli enti privati delle associazioni Pro-life. Da allora le associazioni femministe e le donne non si sono fermate per contrastare questa prevaricazione sul corpo delle donne.

L* referente del gruppo transterritoriale Marche, Marte Manca, ci racconta di come stanno lottando costantemente per proteggere un diritto fondamentale: l’IVG.

“Dopo l’intenzione della Regione di limitare l’accesso alla pillola abortiva, le reti femministe si sono attivate ed il 9 gennaio in tutta la regione sono stati fatti flash mob per ribadire il nostro No ai pro-life nei consultori e centri antiviolenza e per ribadire alla giunta regionale di attenersi alle linee di indirizzo diramate dal ministero della salute per erogare la RU486.

L’aborto farmacologico è del 6 % in tutta la regione Marche ed abbiamo un tasso di obiettori di coscienza al 70% circa.

La situazione di criticità dell’IVG nella regione Marche è sistemica e si protrae da anni: non è da adesso con la giunta regionale a guida della Lega e FdI. Lo abbiamo sempre ribadito che le responsabilità sono antecedenti e ora si sono aggravate.

Il 27 gennaio viene respinta la mozione sull’applicazione della Ru486 presentata dal partito democratico.

Si scatena una bagarre nel consiglio regionale dove spiccano le frasi razziste e misogine di Carlo Ciccioli, capogruppo di FdI, che parla di incrementare la natalità per scongiurare la sostituzione etnica che sta avvenendo nella Regione e propone di incentivare le donne a procreare per combattere la denatalitá. Donne come incubatrici per figliare alla patria. L’indignazione viaggia alla velocità della luce sui social, una parte chiede di scendere in piazza per contestare la destra le frasi razziste e l’attacco ai diritti delle donne.

In 72 ore si convoca una piazza le adesioni da parte di partiti, sindacati, liste civiche, associazioni e le reti femministe si danno appuntamento sabato 6 febbraio ad Ancona e altre 2 piazze ad Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto (AP). In contemporanea nel giro di pochi giorni si organizzano tre piazze.

La risposta è arrivata con l’appello all’unità per contrastare l’attacco ai diritti delle donne. Tutti insieme di fronte a questa emergenza.

Se non fosse che questa non è una emergenza ma un problema cronico del sistema sanitario nazionale e regionale. Le piazze pur avendo tutte le buone intenzioni e l’appello all’unità hanno pur sempre dimenticato che da decenni le donne sono in difficoltà per l’accesso all’aborto ed i partiti che sono scesi insieme alle istituzioni dove erano in questi anni?

Perché non si è scesi prima quando si sapeva benissimo il tasso di obiettori di coscienza?

Tranne qualche mozione presentata da qualche lista civica negli ultimi anni sull’ivg di fatto non si è spostato di una sola virgola per migliorare l’accesso all’ivg ne si è fatto alcun concorso pubblico nelle strutture ospedaliere per assumere medic* nn obiettori come ha denunciato USB dalla piazza di Ascoli Piceno sabato scorso.

Concordiamo come gruppo di nudm Transterritoriale Marche che era necessario una presa di posizione immediata vorremmo fare una precisazione sul post manifestazione, anche se comprendiamo gli animi entusiasti delle piazze.

Un migliaio di persone sono scese sulle piazze per una battaglia da sempre femminista e questo la dice lunga di quanto sia centrale la ripresa dei movimenti femministi globalmente.

Non basta un appello all’unità che sulla ondata emotiva può essere trainante ma sulla lunga gettata dobbiamo capire il che fare concretamente per rimettere al centro i bisogni, desideri di tuttə.

Un primo passo in avanti lo si è fatto a livello narrativo e di lessico nei vari appelli usciti in questi giorni per le piazze: l’uso della schwa e per la prima volta nei comunicati si richiede accesso e formazione ai servizi per la salute delle persone transgender.

Se prima era una richiesta circoscritta dallə attivistə dei collettivi e Non Una di Meno e associazioni lgbtqia +, ora diventa un argomento da includere fra le rivendicazioni insieme ai diritti delle donne.

Al netto dei risultati entusiastici delle piazze gremite questo è un risultato importante, da notare come ancora i partiti stentino a masticare male questa tematica non riportandola per niente glissando in questo assolutismo di “donne”.

La concezione binaria che ancora alcuni partiti e liste civiche che si collocano a sinistra devono apprendere perché la società è andata avanti e le persone Transgender sebbene una minoranza sono cittadinə a tutti gli effetti, non sono solo attivistə dei diritti civili, votano, pensano, lavorano, vogliono uno spazio politico escludere questo spazio significa invisibili.

Tutto ciò che non si menziona si invisibilizza, esistiamo in questa regione quindi vogliamo essere nel dibattito pubblico.

L’aborto e la salute riproduttiva non è solo una questione delle persone cisgender abbiamo scritto in un nostro cartello con lo sfondo della bandiera transgender. Un chiaro messaggio dalla piazza ‘ascoltateci noi non ce ne andremo anche se siete la maggioranza, presiederemo ogni volta che si scenderà in piazza perché per troppo tempo la nostra comunità è rimasta inerme e inascoltata’.

Le due battaglie vanno unite perché non vogliamo più fare viaggi oltre regione per avere quel minimo di accesso alla salute come accade alle donne che devono girare per le strutture sanitarie per avere accesso ad una scelta di ivg.

Come non una di meno transterritoriale Marche abbiamo aderito ad una delle piazze di San Benedetto del Tronto organizzata da variə attivistə portando le nostre rivendicazioni.

Aborto autogestito a casa, si si può fare le reti femministe argentine lo fanno da tempo con una rete di ginecologhe che le supporta e diventa un occasione per parlare di aborto e della salute riproduttiva partendo dai nostri bisogni non da un punto di vista sanitario.

Le pratiche femministe sono queste partendo da noi non da chi vuole disciplinare in materia sanitaria.

In Italia solo in poche regioni Toscana, Emilia Romagna e Lazio eseguono il tele-aborto.

La narrazione tossica che la RU486 ha delle ripercussioni sulla salute gravi è stata confutata dall’oms con una corposa letteratura scientifica.

La nostra seconda Rivendicazione è Aborto per le persone Transgender: portare questa tematica é rimettere in discussione tutto, il patriarcato e il bınarismo di genere, é come se saltasse tutte le certezze.

Le persone gestanti che hanno un utero mette al centro le identità di genere che devono accedere ad un ivg nei consultori e con la RU486 possono farla tranquillamente in ambulatorio e a casa senza dover passare per forza dal l’ospedale.

La terza richiesta formazione del personale sanitario per quanto riguarda le identità di genere.

Fino adesso siamo state silenti e non ci siamo espresse ne sulle piazze né sugli appelli perché volevamo capire se veramente si potesse fare un salto oltre la 194.

A macchia di leopardo qualche passo in avanti si è fatto rimane da riflettere come ancora il bınarismo sia così fortemente ancorato nella società che ancora non riesce a discostarsi dal sistema patriarcale binario.

Le mobilitazioni future sono l’8 marzo per lo sciopero femminista di Non Una di Meno.

Come gruppo tutte le settimane tratteremo le rivendicazioni dell’appello allo sciopero globale femminista.”

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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