
Abbiamo il piacere di pubblicare nuovamente sulla naostra testata Giannicola D’Angelo, giornalista e sociologo con una sua puntualissima disamina sul “tormentone estone” che parteciperà all’Eurovision song Contest di Basilea del prossimo maggio 2025.
LA CRISI DEL “NON SI PUO’ DIRE PIU’ NIENTE” DI FRONTE AD UNA CANZONETTA.
L’ipocrita inconsistenza degli ambigui pseudo-libertari spiegata con un esempio.
Eccoci qui. Siamo di fronte agli stati generali dei frignanti, un’assemblea di confusi crociati del
“non si può dire più niente” e de “il politicamente corretto ha rotto le p***e” che col tricolore
nel cuore si agitano, strepitano e salgono sulle barricate per una canzone brutta di un cantante
estone che parteciperà al prossimo Eurovision 2025.
Il brano, interpretato da Tommy Cash, dal titolo “Espresso macchiato”, si adagia su una
pacchiana melodia dance ricca di stereotipi sull’Italia e gli italiani, che svaria tra le nostre
abitudini gastronomiche, il lusso made in Italy e riferimenti alla mafia.
Il Codacons, entità sempre ligia nel sostenere battaglie che spesso potrebbero essere
confinate in quel bar evocato dal compianto Umberto Eco, ne chiede a gran voce l’esclusione
dalla kermesse europea. Richiesta a cui fanno seguito anche le parole su Instagram del
vicepresidente del Senato, il leghista Gian Marco Centinaio: «Chi insulta l’Italia deve restare
fuori dall’Eurovision. Questo cantante estone si è qualificato con un brano in cui parla in un
italiano maccheronico di qualcuno che si è arricchito solo bevendo caffè e “sudando come un
mafioso”. Dovrebbe venire in Italia a vedere come lavora la gente perbene prima di permettersi
di scrivere canzoni così stupide e piene di stereotipi».
C’è da dire che nell’agorà social, anche e soprattutto per questioni frivole, non è che noi italiani
facciamo molto per non farci dipingere con sprezzanti iperboli a cura di “Sig. Cretinetti”di turno
come l’intrattenitore estone. Un popolo che trasuda bile per un pizzico di sale in più nella
carbonara come pensa di apparire a chi guarda dall’esterno?
Eccoci qui, dunque, a svelare la fuffa pseudo-libertaria di quel diritto allo sproloquio
mascherato da “libertà di parola e di pensiero” che si manifesta in tutta la sua ipocrisia.
Chiariamoci: il diritto a dire la propria è sacrosanto, fondamentale e da tutelare, ma svuotato
di assunzione di responsabilità e coerenza è solo sproloquio, appunto. Un concetto questo
riassunto egregiamente da un celebre aforisma di Karl Kraus che recita: “La libertà di pensiero
ce l’abbiamo, ora servirebbe il pensiero”. Il fatto, purtroppo, è che il lampante esempio fornito
dalla bizzarra querelle Tommy Cash-Unione nazional populista, un cortocircuito in cui sono
invischiati i confusi crociati di cui sopra, quasi sicuramente non servirà per una accurata
disamina e reale presa di coscienza.
Ci spiegassero loro, quindi, crociati del “non si può dire più niente”, come dovrebbe funzionare
la nuova razionalità che lotta contro il politicamente corretto: esiste allora un limite? Oppure
non è che per essi vale tutto nel rivendicare il diritto ad irrompere nella sensibilità e nelle
fragilità altrui fino a quando, però, qualcun altro non defeca nel proprio orticello di analfabeta
sociale?