Vi presentiamo i libri finalisti del del Premio Opera Prima John Fante che verrà assegnato durante la 17^ edizione del Festival John Fante – Il Dio di mio padre – al via da oggi a Torricella Peligna in provincia di Chieti.
LA TRAMA
Uno stradone di un chilometro divide Civitavecchia a metà. Da una parte Santa Fermina, con le sue villette a due piani e le vie coi nomi dei fiori; dall’altra Campo dell’Oro, i casermoni popolari e i fumi degli impianti industriali che corrodono l’anima delle persone. Di là, un futuro prospero, le bollette in regola, le vacanze al mare; di qua, le famiglie arrancano e i figli, abbandonati a loro stessi, sognano una fuga impossibile. È quello che fa anche Anna, che ha studiato duramente e messo i soldi da parte per potersene andare via, lontano, all’università. Poche settimane ancora e finalmente salirà su un treno, pronta a costruirsi una vita diversa. Tutto sembra andare in frantumi quando Anna vede Simone, il suo fratellino di quattordici anni, in sella a un motorino, con un martello in mano, insieme alla feroce banda criminale che controllala zona. I Sorci, li chiamano, e nei loro affari è bene non immischiarsi mai. Anna vorrebbe salvarlo, ma sa che concerta gente è impossibile trattare. Si scende a patti, semmai, fino alle estreme conseguenze. Con l’autenticità di chi in un posto così ci è nato e cresciuto, Valeria Gargiullo demolisce la retorica che spesso accompagna il racconto delle periferie, e lo fa con la consapevolezza che il Male non è soltanto un nemico, ma anche un compagno quotidiano e una pericolosa tentazione.
LA RECENSIONE
Probabilmente è il libro più fantiano in concorso: almeno per tematiche e tormenti. Gargiullo ci immerge in una realtà di provincia al limite dell’esasperazione della periferia. L’amore fraterno è il cardine della storia: la voglia e la determinazione di Anna nel risollevare le sorti del quattordicenne Simone sono un’eco fortissimo di questa nostra epoca iperconnessa che lascia ai margini gli ultimi. Il libro è scritto molto bene. Lo stile di Gargiullo è abbastanza asciutto e puntuale. Come esordio appare molto convincente. Un po’ meno convincente, invece, è il presunto e immutabile destino degli abitanti di Campo dell’Oro descritto come un luogo ai limiti del vivibile e assolutamente senza speranze. Sicuramente, però, Valeria Gargiullo fotografa il qui ed ora di una realtà vissuta con le inquietudini atomiche di una adolescente. La finzione narrativa funziona bene e la trama tiene incollato il lettore fino all’ultima pagina.
“Con il tempo si perdono gli odori, i suoni, perfino il modo in cui si guardano le cose. Il tempo si prende tutto e non lascia spazio a niente. Ci sono solo i ricordi, e certi sono affilati come lame. ” (p. 153)
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