MOMMY, nelle intenzioni del giovane regista, è un atto necessario per riscattare la figura di sua madre.
Ed è un film cui sono molto affezionato che ci tenevo a proporvi in memoria di mia madre.
MOMMY è un film che tutti dovrebbero possedere
Diane è una madre single con problemi di autocontrollo, spesso sboccata, che vive alla giornata. Suo figlio Steve, affetto da deficit oppositivo provocatorio, entra ed esce da centri di recupero perché spesso incotrollabile e violento. Nella loro disordinata e precaria quotidianità si aggiunge poi la loro vicina di casa, Kyle, una donna balbuziente ma fortemente empatica.
Xavier Dolan, al suo quinto lungometraggio, raggiunge la perfezione, affinando la sua regia (ormai matura, nonostante abbia soltanto 25 anni) e la sua cifra stilistica che rendono unica e preziosa ogni sua opera.
Sceglie di girare in un formato inusuale, più stretto di un 4.3 .
La scelta non è fatta a caso, bensì obbliga la cinepresa – e quindi lo sguardo dello spettatore – a concentrarsi su di un solo personaggio per volta. Inoltre la claustrofobica inquadratura diventa metafora della condizione dell’essere umano: i personaggi sono prigionieri delle loro scelte e del loro stato sociale.
Le poche scene che vedono interagire due personaggi nella stessa ripresa sono per la maggiore momenti di forte tensione in cui vi è un diverbio o uno scontro fisico, dove l’uno tenta di prevaricare sull’altro.
In tal senso l’incomunicabilità e gli individualismi sono resi in tutta la loro prepotenza.
Elemento funzionale e co-protagonista assoluto di MOMMY è la musica, la colonna sonora, le parole delle canzoni. Intere scene sono riempite di canzoni (successi pop del momento, ma anche perle indimenticabili di musica leggera o classica del passato) che sono espressione di un non detto, di un non vissuto, dell’interiorità dei personaggi.
Ci sono tante scene che restano impresse per la loro bellezza e compiutezza, come fotografie o videoclip, tra tanta feroce verità.
Perché dietro tanta rabbia e difficoltà si aprono spiragli di infinita e incontenibile felicità, pindarici voli verso una serenità forse irragiungibile: lo schermo si apre davanti ai nostri occhi, come delle braccia che vengono ad accoglierci in un abbraccio che difficilmente dimenticheremo, in un insperato e fugace formato 16.9 .
E poi vi è un cast perfetto: oltre le “donne di Xavier” con cui il giovane regista ha lavorato spesso, le due bravissime Anne Dorval e Suzanne Clément ; a soprendere è l’irrefrenabile energia di un giovanissimo Antoine Olivier Pilon che riempie ogni scena della sua fisicità e delle sue grida e della sua anima irrequieta.
Dolan ci ha abituato a un cinema in cui la confezione perfetta cela tutte le imperfezioni dell’essere umano.
In MOMMY egli picchia duro e se si arriva a piangere (e credetemi che ci si arriva!) lo si fa con la stessa rabbia mista al cocente amore che un figlio prova verso sua madre; e di contro si piange per quell’amore irrazionale di una madre che sopporta e perdona e punisce e lenisce ogni “crimine” del suo amato ed eterno bambino.
Siamo ai margini del capolavoro, ma sicuramente Dolan ha colpito dritto al nostro cuore.
Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.
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