
Redattore per un giorno a poche ore dall’ inizio dell’ #ESC, Giovanni Patti, uno dei massimi esperti della manifestazione.

Giovanni Patti, classe ’75, nato fortuitamente a Bologna da genitori siciliani, vissuto la maggior parte della sua infanzia tra Algeria e Mozambico per spostamenti di lavoro della famiglia. Tornato in Italia all’età di 14 anni, si diploma al liceo classico e successivamente si laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne, con specializzazione in portoghese ed una tesi sulla storia del musical e del teatro di rivista, trasferendosi 2 anni in Portogallo per specializzarsi nella lingua. La vita lo porta a lavorare in ambito di consulenza del lavoro, ambito nel quale riesce a costruire una sua fiorente carriera, ma il suo amore rimangono il teatro, i viaggi e le lingue straniere, tre ambiti che spesso si intrecciato tra di loro.
Era il 2005 ed ero inPortogallo a scrivere la mia tesi di Laurea, vivevo con un musicista e diversi appassionati di musica ed improvvisamente un fine settimana ebbi l’impressione che tutto il mondo intorno si paralizzasse. Non si parlava di altro che di Eurovision Song Contest. L’Italia in quegli anni non partecipava ed io non avevo ben chiaro di cosa si trattasse, tranne qualche vago ricordo dei vincitori di Sanremo che ad un certo punto andavano all’estero a cantare. Un po’ per la mia indole curiosa, un po’ per la voglia di integrarmi, cominciai a chiedere cosa fosse e all’improvviso mi si aprì un mondo, dal quale sono stato travolto e fagocitato.
Quell’anno si svolgeva a Kiev, in Ucraina, l’anno prima aveva vinto una sorta di Xena principessa guerriera di nome Ruslana, con un brano che ti si incastrava in testa, Wild Dances. “Ok” – pensai – “carina questa cosa, forse un po’ baracconata, vediamo cosa combinano quest’anno…”. Vinse la Grecia, con un brano altrettanto orecchiabile, ma dallo stile completamente diverso. Beh, mi piace la musica, e questo spettacolo mi permette di ascoltare cose (certo a volte di dubbio gusto) di cui però non avrei mai occasione di fruire in maniera diversa.

Comincio a studiare l’evento, ad incuriosirmi e scopro un mondo. Noi abbiamo Sanremo, ma ci sono altri festival in giro per il mondo: O festival da Canção in Portogallo, il Festivali i Këngës in Albania, il Melodifestivalen in Svezia, e poi ancora, Danimarca, Norvegia…. Un mondo di musica sconosciuto ma affascinante, con artisti variegati, che si esprimono nella loro lingua o in lingue straniere. E poi arriva il 2006 e vince la Finlandia, con i Lordi, un gruppo vestito da demoni che presentano un brano heavy metal dal titolo Hard Rock Halleluja.
Da quel momento l’Eurovision mi ha conquistato definitivamente. Nulla è mai scontato, quasi tutto è concesso, ogni Nazione esprime il proprio essere, il proprio gusto e non solo nella musica, ma anche nel costume e nella lingua. In quegli anni lo seguivo quasi di nascosto, in Italia ne parlava solo Raffaella Carrà, auspicando un nostro rientro in gara (bisognerà aspettare il 2011 per il nostro ritorno sul palco, nonostante fossimo uno dei paesi fondatori dell’evento), la maggior parte della gente ignora l’esistenza di questa grande festa musicale e anche quando l’Italia torna se ne parla poco. Intanto internet diventa sempre più presente nelle nostre vite e permette di fare tante cose, di seguire più facilmente i festival sparsi per il mondo e ogni volta è una sorpresa: scoprire musica interessante dalla Georgia, dall’Armenia, vedere la vittoria dell’Azerbaijan e l’evento di Baku, una città sorprendente che riesco a scoprire tramite le immagini televisive (era il 2012, l’Italia partecipava con Nina Zilli).


Qualcosa comincia a muoversi anche in Italia ed io comincio a parlarne, a coinvolgere le persone che conosco perché, nel frattempo, l’Eurovision mi è entrato dentro, fa parte di me. Per chi, come me (che ho vissuto gran parte della mia infanzia in Paesi remoti) si sente cittadino del mondo, o per chi è semplicemente curioso, l’Eurovision è la possibilità di aprirsi a tutto quello che ci circonda e che non sia necessariamente preconfezionato dalla moda o da ciò che ci viene culturalmente imposto. Ma soprattutto è un momento di amore veicolato da qualcosa che le persone hanno in comune, un linguaggio universale che va oltre le barriere linguistiche, la musica. Mi si riempie il cuore di gioia nel vedere l’immagine di tutte quelle persone nelle arene, in piedi, uno di fianco all’altro, con le bandiere dei propri paesi dipinte sul volto, ma abbracciati gli uni gli altri, solo con la voglia di far festa, cantando le canzoni non solo del proprio Paese, ma tutte le canzoni, perché in quel momento le si ama tutte, si ha solo voglia di vivere il momento, di esprimere la gioia dello stare insieme e del potersi confrontare nel modo più sano e bello, esprimendo il valore della fratellanza che permea i giorni dell’evento. Purtroppo, spesso viene politicizzato, frainteso, ma io ancora oggi continuo a viverlo per quello che dovrebbe essere e per cui è stato ideato nel lontano 1956: “unione e condivisione”.


Da diversi anni ormai organizzo una serata per la finale, affitto una sala, invito amici e conoscenti, cucino per tutti e preparo un manuale dell’evento. Con calma passo i mesi precedenti a scrivere le schede delle nazioni, a tradurre i brani, a cercare curiosità scoprendo ogni anno qualcosa di nuovo e di affascinante sui Paesi che partecipano. Con gli anni sono riuscito a coinvolgere sempre più persone; vedere qualcuno che apre il mio manuale per usarlo modello karaoke, o perché vuole capire cosa dica un determinato brano è una soddisfazione impagabile. Sentirmi chiamare da qualcuno l’anno successivo per sapere se organizzo ancora l’evento, o ricevere la richiesta di poter invitare altre persone mi dice che in qualche modo sto riuscendo a trasmettere questa mia passione. Mi dispiace solo poi sentirne parlare in modo approssimativo in televisione, con tanta ignoranza a riguardo, ma è proprio per questo che mi viene ancora più voglia di farlo conoscere e di diffonderne il messaggio positivo.
Col tempo ho poi scoperto l’esistenza di un fan club ufficiale, OGAE (Organizzazione Generale degli Amanti dell’Eurovision), che ad oggi conta più di 40 sezioni nel mondo, tra cui una chiamata “Resto del mondo”, e non si esagera quando si dice “del mondo”, le serate dell’evento riescono a convogliare contemporaneamente l’attenzione non solo dell’intera Europa, e dell’Australia (in gara dal 2015, ma la cui emittente televisiva trasmette l’evento già dal 1983) ma anche degli Stati Uniti, del Canada, dell’Argentina, del Cile…

E l’iscrizione al club è riuscita a regalarmi altre esperienze, non solo di condivisione con persone sparse per l’Italia con la mia stessa passione, ma anche di incontri fattivi, grazie ai meeting nei quali a volte si riescono a conoscere anche gli artisti che hanno partecipato alle varie edizioni, i quali a loro volta regalano tanto perché percepiscono l’entusiasmo dei fan dell’evento. Per tutto quello che ho detto e per molto altro l’Eurovision è diventato per me un momento di grande festa, festa di musica e di amore, un momento che ogni anno attendo e preparo con cura per farlo a mia volta amare.
Grazie Eurovision Song Contest.