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L’ARTE TEATRALE DI ENRICO SORTINO

- 08/11/2024


Attore e Conduttore.

Frequenta giovanissimo l’Accademia di Arti Drammatiche del “Teatro Stabile Umberto Spadaro” di Catania.

Continua gli studi teatrali e musicali presso l’Accademia “Corrado Pani” di Roma, diretta da Claudio Insegno e Pino Insegno.

Dal 2006 Tv, teatro, musical, conduzione, spot, cinema, serie Tv e modello.

Tanti ruoli drammatici nel tuo percorso di attore, ma   ti sei mai cimentato con il comico??

Si tantissime volte e mi sembra sempre di giocare! Far ridere è una cosa serissima, perché lavori con corde emotive differenti.

Sai, solitamente, ingenuamente, il teatro viene scisso in comico o drammatico: potrei aprire un intero capitolo su questo, ma non credo sia la sede adatta.

Penso che nella vita di ogni individuo, il dolore può lasciare segni indelebili dentro l’animo e, di solito, il dramma rivissuto attraverso gli occhi di un personaggio permette con più facilità allo spettatore di identificarsi ed empatizzare: ecco le lacrime, il nodo allo stomaco.

Quando il pubblico ride tuttavia – per quanto anche il riso sia una reazione di nervosismo o paura – questo non avviene, almeno all’inizio, attraverso una reazione di immedesimazione ma di sola osservazione: usualmente ci fa ridere qualcosa che mette in ridicolo qualcuno oppure qualcosa che ci permette di rivederci nella disgrazia dell’altro (dopo un lungo percorso di ‘sdrammatizzazione’ dell’io).

Joele Anastasi attore e amico, di tante esperienze teatrali, come vi siete conosciuti? E quale è la sintonia che vi lega dal punto di vista lavorativo.

Con Joele esiste un ‘amore’ lungo quasi 18 anni ormai.

Del ‘come ci siamo conosciuti’ mi viene da dire che è stato il destino a farci incontrare, perché eravamo due universi lontani che difficilmente si sarebbero potuti incontrare; eppure, è andata così, e dopo tutto questo tempo siamo ancora qui a supportarci.

Il nostro è stato un incontro personale che presto si è consolidato anche artisticamente, un connubio che ha dato nascita alla nostra compagnia “Vuccirìa teatro”, creata assieme a Federica Carruba Toscano.

La sua energia e passione per il mondo dell’arte e per il teatro si sono allineate perfettamente con la mia visione, e da lì è nato un rapporto che si è rafforzato nel corso degli anni. Lavorare con Joele è stimolante perché condividiamo una profonda (e piuttosto burrascosa) intesa creativa.

 “Nemo propheta in patria” è una locuzione in lingua latina, che a volte si usa, che significa: “Nessuno è profeta nella propria patria”.  Vale anche per te Catania?

Nell’affermazione c’è sicuramente un fondo di verità, perché spesso nelle città natali può apparire più difficile essere riconosciuti per il proprio valore, almeno all’inizio. Le radici locali possono portare a una visione che tiene l’opinione comune ancorata al passato e spesso si fa fatica a vedere ‘gli amici di sempre’ sotto una luce diversa, come professionisti che si evolvono.

Non posso negare che Catania mi ha dato moltissimo.

All’età di 15 anni lavoravo in teatro, a soli 18 anni ho superato le selezioni dell’accademia di arti drammatiche del Teatro Stabile Umberto Spadaro, a 19 anni lavoravo già come conduttore televisivo.

Ho creato l’Accademia Internazionale del Musical, che quest’anno compie 18 anni, che da Catania è arrivata fino a Londra, con sette sedi sparse per tutta Italia da nord a sud, divenendo una delle migliori accademie di formazione artistica del territorio.

Poi, come sai, sono andato a vivere a Roma per necessità lavorative ma custodisco sempre caro il mio essere isolano e la Sicilia, Catania per l’appunto, mi ha dato molto, anzi mi correggo: me lo sono preso!

Il personaggio più difficile che hai affrontato sia nel prepararlo che recitarlo

Non esistono personaggi difficili, ma forti, violenti. Più di noi.

La difficoltà risiede nel non voler accogliere qualcosa ‘fuori da noi’, dentro di noi.

Lasciare spazio è la mia parola d’ordine.

‘Interpretare’ un personaggio, ‘preparare’ un ruolo, ‘recitarlo’… sono affermazioni che si scontrano con il mio modo (personalissimo) di vedere il processo creativo.

So che non è semplice da spiegare e da comprendere; tuttavia, voglio dire che nell’incontro con un personaggio ciò che faccio è ‘togliermi di mezzo’.

Per ‘togliermi di mezzo’ intendo un processo di annullamento dell’ego, dell’io che ci muove, che ci giudica; annullare quella forza mistica che ci spinge a voler apparire al meglio dell’immagine che vorremmo gli altri vedessero in noi, la stessa che ci trasforma in ciò che non siamo ma che vorremmo essere, solo per piacere di più agli altri.

Quando mi tolgo di mezzo, arriva il personaggio. Lui si lascia indirizzare dal regista, lui vive, lui si agita. Io sono fuori.

Nella tua bacheca, diversi premi, senza togliere merito ad altri riconoscimenti quale è il più emozionante?

Sicuramente il premio “Miglior Attore” al Fringe Festival Italia del 2013.

Inaspettato. Eravamo 400 compagnie teatrali con più di 1500 attori. Non avrei mai pensato di ricevere quel premio. Ma non lo avevo minimamente contemplato.

Quella volta ho pensato: ‘ah, forse ho fatto un buon lavoro!’

Una frase o qualche gesto non per forza scaramantico ma che usi come incoraggiamento, prima di una performance

Non sono una persona scaramantica, non ho riti particolari, amuleti o porta fortuna.

Sai cosa faccio prima di entrare in scena? Respiro. O meglio, espiro e avvio il processo di possessione: la mia anima esce e si riposa, l’anima del personaggio entra ed agisce.

Tv, teatro, musical, spot, cinema, serie Tv e modello, in che veste ti trovi più a tuo agio?

Sai in generale l’arte è comunicazione (verbale e non verbale). Io ho sempre cercato di ascoltare me stesso in rapporto al mio lavoro e all’esigenza che mi ha spinto ad intraprendere questa strada: che non è il futile asserimento ‘voglio diventare famoso’.

La scelta e le motivazioni che mi hanno portato a questo percorso sono ben più profonde e umane, tanto fragili ma contemporaneamente tenaci.

Le varie forme di linguaggio, tra la conduzione, la tv, il teatro, il musical, il cinema, sono come strade, traverse, contrade, binari che permettono di esprimermi attraverso la parola ma soprattutto attraverso l’uso del corpo, al fine di scoprire, riscoprire, sorprendermi dentro il vasto orizzonte delle emozioni, per creare nuove possibilità di evoluzione nel linguaggio stesso.

La Scuola di Arte Drammatica di Catania “Umberto Spadaro” ha dato tanto al teatro. Essendo anche io di Catania abbiamo alcuni amici in comune, Massimo Giustolisi e Giuseppe Bisicchia vi sentite, c’è una interazione?  Un messaggio a loro…

Si, assolutamente! Io nutro moltissima stima in loro.

Come me, loro hanno creato una realtà di formazione di alto livello senza mai pestare i piedi a nessuno, hanno un’identità specifica e sono rimasti fedeli ai loro progetti.

Pensa che quando qualcuno mi chiede di voler intraprendere un percorso di formazione in recitazione io li indirizzo subito da loro.

Inoltre, sono bravissimi attori e Giuseppe è un regista che stimo tanto, mi spiace solo non aver mai lavorato assieme, ci siamo sfiorati un paio di volte ma alla fine non abbiamo mai avuto questa occasione; so che capiterà!

Il messaggio che vorrei mandargli è: vediamoci!

Enrico a casa? Se apro il tuo armadio, cosa trovo e di che colore

Enrico a casa? Quale? Lo dico ridendo: mi sento come quei marinai che vedono casa in ogni porto.

Ho costruito la mia vita girando il mondo con la valigia dietro. Mi sento a casa in ogni luogo.

Eppure, qualche mese l’anno torno nella mia casetta e trovo pace.

Sono molto ordinato, forse per compensare il delirio della mia vita, e mi piace trovare il comfort nello spazio che abito.

Non so cucinare ma so fare il tiramisù.

Il mio armadio era molto ordinato quando ero più piccolo, tessuti abbinati, colori e sfumature in sequenza; spazio alle stagioni.

Oggi è un po’ confuso. Le stagioni si sono mescolate, le scarpe hanno invaso due armadi, i giubbotti tre. Ogni tre mesi raccolgo delle buste dei vestiti che non uso più e li regalo a chi ne ha bisogno.

Vedrai tanto bianco nei miei armadi. Amo vestire di chiaro.

Un tuo regista e attore di riferimento.

Uno dei miei riferimenti è stato Luca Guadagnino.

Ho sempre apprezzato la sua abilità nel creare atmosfere ricche e sensuali, insieme alla sua capacità di esplorare le relazioni umane in modo profondo e autentico. Guadagnino riesce a mescolare emozione e bellezza visiva, e rende ogni suo film un’esperienza immersiva.

Per fare un esempio, i suoi lavori, come Call me by your name, dimostrano una padronanza nel trattare temi complessi come il desiderio, l’identità e la trasformazione. Questo mi ha ispirato a esplorare la vulnerabilità dei personaggi e a cercare di rappresentare emozioni autentiche e sfumate nel mio lavoro sia come attore che come regista.

Inoltre, credo lui abbia una straordinaria capacità di dirigere gli attori, permettendo loro di esprimere il loro potenziale in modi unici e sorprendenti. La sua attenzione ai dettagli e il suo approccio sensibile alla narrazione sottolineano quanto l’arte sia anche un processo di ascolto e di scoperta, e questo è un principio che cerco di applicare nella mia pratica come attore e regista.

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Vivo a Roma ma originario della Sicilia. Attivista nel volontariato sociale, mi occupo di pittura, fotografia, scrittura e arte pop: alcune mie opere sono state esposte in diverse gallerie e mostre nazionali.

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