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Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile: i babyminatori del Burkina Faso


Oggi è la Giornata Mondiale contro lo sfruttamento del Lavoro Minorile.

Per quanto possa sembrarci lontana come problematica, quasi evocativa di vecchi film neorealisti, ad oggi, 12 Giugno 2020, questa piaga investe decine di nazioni e milioni di bambini, anche piccolissimi, privati dei diritti umani in favore del sistema capitalistico globalizzato. Ed anche noi, consumatori ossessivo-compulsivi occidentali, ne siamo colpevoli inconsapevoli.

Il focus odierno riguarda la gravissima condizione dei bambini in Burkina Faso.

Il Burkina Faso è uno dei paesi più poveri al mondo, ma rappresenta un sito di particolare interesse per l’esportazione di oro.

Svizzera, Francia, USA e Cina, nella storia, hanno dimostrato enormi interessi per le risorse del sottosuolo di questa nazione.

Il Burkina Faso è nel cuore dell’Africa sub sahariana. Nella storia recente si sono susseguiti numerosi attentati e rapimenti per mano dei gruppi armati di Boko Haram provenienti dalle nazioni confinanti a nord. Negli stati del confine meridionale ,Togo e Ghana, sono presenti numerosi attori di traffici illegali, che saccheggiano le risorse del posto per importarle a basso costo nel mondo occidentale.

E pensare che negli anni ’80 fu il cuore delle rivoluzioni sociali africane. Il Che Guevara Africano, Thomas Sankara, immaginava un Africa post-coloniale come una terra dove poter sperimentare equità in luogo della sudditanza verso l’occidente. Emblematico fu l’incontro tra Sankara e Mitterrand, dove lo statista burkinambè dichiarò senza mezzi termini il vampirismo economico che la Francia Coloniale aveva perpetrato ai danni delle nazioni del Sahel. I rapporti si incrinarono a tal punto che la Francia ordì un colpo di stato nel 1987, finanziando ed armando il Comandante Compaoré, il quale rimase in carica fino al 2014.

Attualmente anche il Burkina ha come moneta corrente il celebre CFA. Il Franco Africano è di proprietà dello Stato Francese, che con un meccanismo finanziario complesso, tiene sotto il proprio giogo le ex colonie.

Lo sviluppo sociale e culturale del Burkina e degli altri stati del Shael appare ancora un autentico miraggio. Soprattutto da quando “la fame d’oro” ha investito le sorti della Nazione.

Già agli inizi degli anni ’90, numerose compagnie cercarono di estrarre il preziosissimo materiale. L’impresa era assai costosa. Quindi fu escogitata una modalità furbissima per poter estrarre dai numerosi affioramenti auriferi risparmiando ingenti somme.

La schiavità: pura e semplice.

Le statistiche fornite dalle autorità locali parlano di circa 250mila lavoratori che percepiscono un guadagno diretto dal lavoro di estrazione dell’oro nelle cave. Un numero cinque volte maggiore è investito in maniera indiretta nella scoperta di nuovi siti di estrazione, del tutto illegali, e nell’esportazione dell’oro.

Il dato sconcertante riguarda i bambini: su un campione di cinque siti minerari, la manodopera è composta dal 45% al 50% di minori tra gli 8 e i 18 anni, che non hanno mai frequentato il sistema scolastico e hanno l’unico interesse materiale di percepire uno stipendio.

Prima della corsa all’oro il Burkina Faso aveva una economia basata sull’agricoltura. L’avvento delle miniere clandestine e l’utilizzo delle falde acquifere hanno fatto in modo di velocizzare il processo di desertificazione aumentando il tasso di mercurio nei pozzi Burkinambé.

Il Diritto del Burkina Faso vieta ai minori di 16 di lavorare in miniera e ai minori di 18 anni l’esposizione a lavori pericolosi. La realtà è ben diversa e la divisione del lavoro richiede che siano proprio i bambini a lavorare con maggiore dinamicità in tutti i ruoli del settore: a loro viene ordinata la discesa nei sotterranei, anche fino a 170 metri di profondità, e dunque lo scavo e l’estrazione di minerali attraverso sostanze chimiche dannose, come cianuro e mercurio, e gli esplosivi. Inoltre, non vengono sottratti neanche al trasporto di sacchi di minerale da trattare con macchinari pesanti e pericolosi, e senza alcuna attrezzatura di sicurezza come caschi, scarpe anti-infortunistiche, maschere respiratorie e occhiali protettivi.

Se accade un incidente sul lavoro non è prevista alcuna assistenza sanitaria, né una franchigia in caso di morte. Però vengono elargiti gratuitamente a tutti i babyminatori alcool, cannabis e anfetamine, somministrati per contrastare attacchi di panico e determinare dall’infanzia il coraggio necessario per affrontare ogni giorno gli innumerevoli rischi del mestiere.

Numerosissimi report hanno denunciato nel tempo, la schiavitù dei bimbi burkinambé. L’occidente rimane del tutto indifferente in quanto la lobby dei beni di lusso fa guadagni facili e trasparenti, avendo messo in piedi una articolata rete di commercio clandestino.

Dal Burkina Faso, l’oro estratto grezzo, attraversa il Togo e raggiunge Lomè, capitale e importante porto. Non esiste alcun dazio per queste merci tra i due stati. Una volta giunti in Togo i carichi d’oro vengono venduti alle grandi compagnie di raffinazione. Prima fra tutte la Svizzera.

La Confederazione Elvetica non ha alcuna regolamentazione di tracciabilità sull’importazione di questa materia prima. È più facile risalire ai pascoli frequentati dal vitello di cui state degustando la carne. In Svizzera non è importante da dove arrivi l’oro….

Nel Canton Ticino vi si trovano le società che si occupano della rifinitura del 70% dell’oro in tutto il mondo, arrivato soprattutto da Congo, Mali, Perù e Togo. Il Togo, paese non classificato come produttore d’oro, gioca un ruolo fondamentale nell’importazione a basso costo delle risorse dal Burkina Faso. Praticamente è contrabbando. Sono state aperte diverse inchieste internazionali cadute tutte nel vuoto.

L’opinione pubblica occidentalenon è assolutamente “educata” a reagire in maniera vigorosa nei confronti di questo flaggello umanitario. Mi auguro che anche i movimenti appena costituiti in difesa delle persone “Black” possano includere nelle loro istanze anche la condizione di milioni di africani che, non solo debbono subire gli stereotipi bianchi, ma sono indotti a vivere in schiavitù proprio per “servire” i bisogni superflui occidentali.

Gli interessi economici valgono molto di più delle vite di migliaia di bambini costretti a lavorare in miniera e sono più importanti della devastazione ambientale di una intera regione.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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