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AD ASTRA – L’infinito spazio inconoscibile dentro di noi (recensione)

- 01/10/2019
AD ASTRA di James Gray


AD ASTRA è stato presentato quest’anno alla 76esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Un film denso, profondamente intimo, che si addentra nell’infinito spazio per guardare dentro ognuno di noi.

La Terra è minacciata da un campo elettrico che scarica la sua forza alla velocità della luce. L’origine di questa minaccia viene presto identificata e il Maggiore Roy McBride viene incaricato della missione.
Egli però non viene scelto a caso: la causa delle scariche elettriche pare provenire da Nettuno, più precisamente da una nave spaziale arenata tra i suoi satelliti. Quella nave era partita quasi 30 anni prima e al suo comando vi era Clifford McBride, padre di Roy creduto ormai morto da diversi anni.

AD ASTRA con Brad Pitt
Una delle sequenze più tese di AD ASTRA di James Gray

James Gray (The Yards, 2000 e Two Lovers, 2008) dirige un film di fantascienza che possiede tutti gli elementi del genere per raccontare ancora una volta del tragico destino che pare investire le persone.
Perché Gray ci tiene a ricordaci che non si può sfuggire al proprio passato e che i figli devono necessariamente espiare le colpe dei propri genitori.

AD ASTRA si apre nel buio più nero bucato da una luce che è speranza, simbolo di ritrovata lucidità, meta forse irraggiungibile, ma unica destinazione possibile perché non si venga inghiottiti dal nero che spesso ci assale.
E questo nero, così dannatamente tangibile, così personale, ci accompagna per tutta la durata del film giacché lo spazio è di fatto oscurità.

Il protagonista è un uomo decorato e ammirato per la sua carriera, ma dietro il suo controllo e la dedizione per il suo lavoro, si celano ferite mai sanate, un buco nero che inghiotte ogni cosa bella, un’ossessione che non permette di far entrare nessuno oltre un dato punto.

AD ASTRA, 2019
Una scena tratta da AD ASTRA sul suolo lunare

Questo tragico eroe deve affrontare un viaggio estenuante costellato di non poche difficoltà e non mancheranno parentesi in cui il regista si permetterà di flirtare anche con altri generi cinematografici come il western o il film d’azione (la lunga sequenza sulla Luna) e perfino il thriller/horror (l’episodio in cui la missione deve essere sospesa per rispondere a un SOS).

James Gray si dimostra capace di affrontare così ogni genere con le giuste inquadrature e i giusti tempi narrativi, ma sono solo espedienti che smuovono l’azione che invece per lo più statica, sospesa e guarda più alla riflessione e alla ricerca di risposte in quell’infinito spazio inconoscibile che è dentro l’essere umano.

A farsi carico di questo fardello è un maturo Brad Pitt, che delinea con sicurezza uno dei suoi ruoli più belli. La sua solidità e la sua sicurezza presentano piccole crepe lungo la narrazione che possiamo solo scorgere, lampi di luce che si accendono per evidenziare un possibile cortocircuito, un blackout che presto o tardi potrebbe venire a spegnere quella lucidità e razionalità.

Ma è in una sequenza che questa corazza viene buttata a terra. In quella scena toccante, quasi insostenibile, Brad Pitt – il primo piano sul suo volto segnato dal tempo, ma ancora di una bellezza quasi divina – mostra tutta la sua vulnerabilità, riesce a mostrarci un uomo che è d’improvviso un bambino indifeso, spaventato, solo.

Brad Pitt in AD ASTRA
Brad Pitt è protagonista e produttore di AD ASTRA di James Gray

L’agognato e temuto confronto col passato è un’altra delle sequenze più intense di AD ASTRA, dove però la materia cinematografica perde un attimo della sua solidità e quasi sembra precipitare o sfaldarsi in quel nero che ci vuole mostrare.
Gray, come il suo protagonista, si perde di tanto in tanto nella sua stessa ossessione (nelle sue riflessioni su di un’umanità alla deriva, cinica e ripetitiva), in quel desiderio che lo spinge a guardare oltre e abbracciare il senso di ogni cosa.

Nel confronto tra figlio e padre (un emaciato e tragico Tommy Lee Jones) c’è tutta l’emergenza di guardare al futuro, di perdonare i propri padri per non restare ancorati al rancore e a un passato che può soltanto frenarci; c’è un naturale e fisiologico bisogno di riscatto; c’è l’accettazione della perdita e il passaggio all’età adulta; c’è la ritrovata voglia di vivere davvero e di ritornare coi piedi per e sulla Terra per fare la cosa giusta e costruirsi un domani migliore.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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