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GLI ANNI AMARI _ Luci e Ombre di Mario Mieli (recensione)

- 15/09/2020
GLI ANNI AMARI di Andrea Adriatico (2019)


GLI ANNI AMARI ha un grande merito: quello di riporre l’attenzione su di una figura, quella di Mario Mieli, che non può e non deve essere dimenticata dalle nuove generazioni.

Primi anni ’70. Dai banchi del liceo milanese si alza con coraggio e spregiudicatezza la voce di un giovane Mario Mieli che da lì in avanti avanzerà battendosi per i diritti dei “diversi”. Dai movimenti londinesi, passando per le prime piccole ma determinate manifestazioni italiane, dalle pubblicazioni sul FUORI fino a quella più importante di “Elementi di Critica Omosessuale”, Mario Mieli affronta con coraggio i fantasmi del suo tempo e del suo privato, tra le luci della notorietà e le ombre della malattia mentale.

Alla base di quest’opera filmica c’è il desiderio o – come la definisce lo stesso regista – una necessità di voler ridare valore alla figura di Mario Mieli (per saperne di più vi invito a leggere questo articolo), sopratutto se si guarda oggi ai recenti fatti di cronaca che evidenziano un malessere e un’ignoranza tossiche e letali.
Guardare alla figura di questo grande pensatore e scrittore e performer e poeta e attivista è certamente stimolante, ma presenta non poche insidie.

La pellicola, prodotta da Cinemare con Rai Cinema e in collaborazione con Pavarotti International 23, ha tutti i limiti delle biopic e in un certo senso di certe agiografie che tendono a mitizzare fatti e persone.

Andrea Adriatico non è nuovo a certe tematiche, anzi, fin dai suoi primi lavori pone al centro la tematica omosessuale, guardando alla realtà italiana di ieri e di oggi. Scritto assieme a Grazia Versani e Stefano Casi, questo GLI ANNI AMARI riesce sì a guardare a un’epoca di grandi cambiamenti culturali e sociali, tra utopie e implosioni di un pensiero che guarda a un futuro di uguaglianze e rispetto e libertà sessuali, ma non riesce a centrare pienamente il suo bersaglio.

Forse il film manca di quella libertà cinematografica e di quel coraggio necessari perché venisse restituita totale dignità e tridimensionalità alla figura di Mario Mieli. Di fatto la sua è stata ed è ancora oggi una figura scomoda, controversa, la cui stessa famiglia ha cercato di (far) dimenticare perché la sua eredità (le sue opere e il suo pensiero) venisse sepolta per sempre.

Nel film c’è un continuo scambio e scontro tra pubblico e privato, tra l’Io interno di Mario Mieli e la sua eccentricità esibita, il suo vestirsi da signora per rompere tabù e convenzioni del suo (nostro) tempo, tra la chiusa Italia e l’apertura della realtà londinese.

Se il regista riesce a conferire le giuste note dolenti al quadro familiare di Mario Mieli, delineando o suggerendo quanto basta perché si possa comprendere l’amore/odio che legava nel sangue queste persone “estranee”; è interessante soffermarsi sulla figura della madre Liderica (interpretata da una brava Sandra Ceccarelli) che nei limiti imposti dal suo ruolo di moglie e di donna di una famiglia borghese, guardava al figlio con celata ammirazione e preoccupazione, ma che nei silenzi e nelle esplosioni di collera, ha cercato sempre di comprendere, accettare, assimilare qualcosa di tremendamente amaro, ma non ha potuto (o voluto) andare oltre un certo limite.

Nicola Di Benedetto è Mario Mieli in GLI ANNI AMARI (2019)

C’è poi lui, il giovane Nicola Di Benedetto, attore ancora acerbo ma cui va riconosciuto il grande impegno che ha messo nel dare fisicità e anima a un personaggio tanto complesso come quello di Mario Mieli.
Nella prima parte si denota una certa difficoltà da parte di Di Benedetto nel saper vestire l’esuberanza del Mieli; nel saper trattenere i sentimenti contrastanti di un anima combattuta; nel saper recitare una naturale teatralità. Ma ci sono momenti in cui Nicola Di Benedetto (sopratutto nella seconda parte) prende coraggio e si spoglia (non solo letteralmente) di ogni artificio recitativo e si mostra nella sua sensibilità di uomo (e di donna), riesce a gettare la maschera e offrirci sfumature e attimi di vera e toccante drammaticità.

In definitiva GLI ANNI AMARI di Adriatico è certamente un punto di partenza, un solleticare la curiosità delle nuove generazioni perché guardino alle opere di un grande pensatore del passato, Mario Mieli. E di questo ne va riconosciuto il merito. Se dovessimo guardare al lavoro fatto è invece appena sufficiente giacché ha sì dei momenti davvero toccanti e ricchi di vitalità (buona parte dei numeri musicali ad esempio o la sensibilità con cui si guarda agli ultimi momenti di vita di Mieli), ma in tanti altri il tessuto filmico va a sfilacciarsi o perde del suo colore, disseminato di troppe parole o imperdonabili buchi di sceneggiatura.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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