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I 20 anni di MATRIX: una rivoluzione nel cinema di fantascienza ancora attuale

- 28/04/2019


Devi lasciarti tutto dietro Neo. Paura, dubbio, scetticismo. Sgombra la tua mente.

Il rivoluzionario capolavoro fantascientifico delle sorelle Wachowski, all’epoca accreditati ancora come The Wachowski Brothers, usciva nelle sale di tutto il mondo esattamente venti anni fa. Ad oggi è uno dei pochi film relativamente recenti ad aver ottenuto l’ambito status di “cult”.

Per quale motivo un film anche abbastanza complesso come Matrix venne così osannato dal pubblico e dalla critica?

La spiegazione va ricercata da un lato nei suoi contenuti fortemente filosofici, anche se il cinema di fantascienza da Kubrick a Tarkovskij, si è sempre avvalso della filosofia per parlare di un possibile futuro, ma soprattutto nella sua innovativa regia che ha saputo coniugare intrattenimento ed impegno donando al film un taglio artistico mai sperimentato in un’opera fantascientifica, inaugurando il cosiddetto cyberpunk postmoderno.

Grazie alla sua forte iconografia, Matrix divenne immediatamente un fenomeno di costume inducendo i giovani informatici a considerare i protagonisti del film come dei veri propri punti di riferimento di stile: i lunghi cappotti neri, gli abiti eleganti di pelle, gli occhiali scuri, il look volutamente “dark”, fu una delle maggiori eredità culturali lanciate e lasciate dal film.

Trinity e Neo in una scena del film

L’inaspettato successo di Matrix fu confermato dai quattro Academy Awards nell’edizione del 2000 (miglior montaggio, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro, migliori effetti visivi), dominatore assoluto della serata insieme all’altro film cult del 1999, American Beauty.

Tra filosofia greca e filosofia ottocentesca: l’universo di Matrix

Matrix è ambientato in un futuro indefinito. Un programmatore di software, che svolge la doppia vita di hacker sotto lo pseudonimo di Neo, entra in contatto con un gruppo di ribelli guidati dal misterioso Morpheus che gli rivela di vivere in una realtà simulata da Matrix, un programma creato dalle macchine per tenere il genere umano all’oscuro del loro vero scopo, ovvero la produzione di energia per le macchine stesse. Morpheus crede che Neo sia un predestinato, ovvero colui che guiderà la rivolta del genere umano contro le macchine, così come previsto dall’Oracolo. Tuttavia il cammino di Neo per la sua affermazione sarà denso di pericoli, soprattutto a causa dell’Agente Smith, il più potente programma a protezione di Matrix.

Dall’analisi del film si evince subito come l’intero arco narrativo sia ripreso dal famoso Mito della caverna di Platone. I prigionieri immaginati dal filosofo greco nella caverna equivalgono al genere umano imprigionato in Matrix, come dice Morpheus, una “prigione senza sbarre”, che una volta liberato resta accecato dalla luce del sole. La luce rappresenta “la Verità”. A tal proposito si ricordi il dialogo tra Neo e Morpheus “Mi fanno male gli occhi”. “Perché non li hai mai usati”.

La connessione di Matrix con la filosofia greca è confermata dal “Temet nosce”, ovvero “Conosci te stesso”, scritto sulla porta della cucina dell’Oracolo, uno dei personaggi più misteriosi del film. L’iscrizione storicamente si trovava nel tempio di Apollo a Delfi, in Grecia, sede del più famoso Oracolo della storia antica.

Morpheus e Neo all’interno del programma Struttura

La speculazione filosofica sul mondo fittizio e il mondo reale su cui è basato ampiamente il film fu affrontata a suo tempo da Arthur Schopenhauer attraverso il concetto de Il velo di Maya. Secondo Schopenhauer gli uomini vivono in un mondo illusorio, esattamente come il genere umano in Matrix e il ruolo del filosofo è quello di squarciare Il velo di Maya per abbracciare il mondo reale, ovvero la strada percorsa da Neo, impraticabile secondo la visione kantiana.

La figura di eroica di Neo può essere accostata anche ad un Superuomo di nietzschiana memoria ma ciò che prevale della filosofia contemporanea è sicuramente la visione marxista come l’annientamento e appiattimento culturale e umano operato dalle macchine, lo sfruttamento del corpi e il tema della ribellione.

Un’opera cinematografica all’insegna dell’innovazione tecnica

Oltre ai temi del film ciò che affascinò gli spettatori di ogni età furono le innovazioni registiche che ridefinirono gli standard dell’intrattenimento cinematografico rendendo Matrix una delle pellicole di genere più imitate negli anni a venire.

Cattura ancora oggi la fantasia di tutti il cosiddetto Bullet time, letteralmente tempo della pallottola, che permette allo spettatore di osservare una scena al rallenty mentre l’inquadratura fa perno sul soggetto mostrato a velocità normale. Il Bullet time in realtà fu sviluppato a partire da una vecchia tecnica fotografica ed è possibile posizionando un numero variabile di macchine fotografiche intorno al soggetto ripreso le quali scattano simultaneamente una foto di ciò che viene ripreso da diverse angolazioni. L’esempio più celebre del Bullet time è la scena in cui Neo schiva i proiettili in cima ad un grattacielo.

https://www.youtube.com/watch?v=3c8Dl2c1whM
Il Bullet Time in Matrix

La fotografia rievoca non solo il mondo dell’informatica della fine degli anni 80/90 ma anche una certa idea di velenosità di questo universo capace di trasformare l’uomo in un automa. In particolare vanno distinti due momenti del film: quando i nostri protagonisti si trovano all’interno di Matrix e quando si trovano all’interno del mondo reale.

Nel mondo reale la fotografia non si discosta molto dai cliché dei film di fantascienza, oscillando tra toni ferrosi e cupi. Nel mondo simulato tutto si tinge di un verdognolo malsano che pervade ogni cosa, persino i visi dei personaggi, un verde che sembra uscire direttamente da quei monitor a fosforo verde della IBM, simboli della rivoluzione informatica degli anni Ottanta e che hanno accompagnato l’immaginario collettivo fino alla fine degli anni Novanta.

L’atmosfera verde del mondo fittizio sembra appestare ogni cosa, come se tutto fosse avvelenato da elementi impercettibili agli uomini che continuano la loro vita annichiliti da qualcosa che non comprendono neppure.

Nella storia degli effetti digitali Matrix fu un punto di non ritorno.

Nonostante già opere di grande successo come Jurassic Park e Titanic avessero già mostrato come sia possibile simulare la realtà grazie alle nuove tecnologie offerte dalla rivoluzione digitale, è con Matrix che tutto ciò che può essere solo immaginato diventa possibile. Grazie ad un’ampia documentazione messa a punto dalla produzione durante la lavorazione del film, tutte le maestranze del mondo del cinema hanno potuto constatate per la prima volta le immense potenzialità dagli effetti CGI mediante lo sfruttamento della tecnica del green screen, ovvero l’interazione degli attori su un fondale verde che funge alla realizzazione dell’ambiente digitale in cui i protagonisti si misurano.

Neo e Morpheus con l’agente Smith

Nonostante i suoi vent’anni il fascino di Matrix continua a sorprendere, sebbene i due sequel prodotti nel 2003 non abbiano incontrato (giustamente) i favori della critica. Pur tra alti e bassi ad oggi le sorelle Wachowski continuano ad essere probabilmente le uniche a riformare nel profondo i canoni del cinema di fantascienza arrivando rinnovare persino loro stesse con la serie TV Sense 8, in cui la fantasia tipica del genere si mescola ad una profonda riflessione sul mondo contemporaneo, abbandonando quegli ultimi stereotipi visivi che tuttavia ancora sono rinvenibili in opere di fantascienza originali e di successo degli ultimi, come l’Inception di Christopher Nolan.

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