Terzo ed ultimo capitolo della saga “Rugbisti Anonimi” dedicato a 10 days of human right, fuori dalla programmazione ufficiale delle 10 giornate ma non per questo meno importante degli altri!
Per chi stamattina non avesse ancora assunto la propria dose quotidiana di giurisprudenza, riepiloghiamo il concetto di stato di diritto: è quell’accessorio che abbiamo di serie per il solo fatto di essere umani. Un bonus omaggio che, dal 10 dicembre 1948 (data della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo) è stato inserito d’ufficio nel welcome pack dei nascituri, insieme al latte in polvere, l’ansia di campare e le nevrosi ossessivo-compulsive. Il fatto che poi nel corso della vita ci si possa innamorare, non cambia le cose. Lo stato di diritto resta. Applausi.
10 dicembre 2011, anniversario della dichiarazione. Hillary Clinton parla al convegno delle Nazioni Unite. Dedica il suo discorso alla comunità LGBT. Come se ce ne fosse bisogno. Come se amare qualcuno, perché è di questo che si parla, intacchi lo status quo. Sulla carta no. A parità di cromosomi, sì.
Houston, abbiamo ancora un problema. Viviamo ancora in equilibrio tra la curiosa indifferenza ed i vecchi stereotipi. Guardare, ma non cambiare. È ancora necessario che qualcuno ci faccia riflettere. Che ci mostri che l’amore è una faccenda privata, di coppia, qualunque coppia. Che fuori dal letto siamo tutti uguali e che mescolarci tra noi, non nuoce gravemente alla salute. Abbiamo di fatto bisogno di lasciarci ispirare.
Dopo il rugby Fast and Furious giocato su ruote [Potere leggerlo qui] ed il remake di “Quella sporca ultima meta” nel 41bis di Frosinone [qui il link], colpo di scena! La palla ovale finisce nel campo delle differenze di orientamento sessuale, dove la partita che si gioca è quella tra omosessuali ed etero. Ma poiché sport che fai, regole che trovi, nel rugby si gioca CON gli avversari e non CONTRO. E allora? Allora tana LIBERA tutti!
Ispirazione n°6: LIBERA RUGBY ROMA. La prima squadra INCLUSIVA di Rugby.
“Il rugby che rende liberi Vol.3” è il rugby arcobaleno. Colori primari, come i diritti. Vivaci, come bandiere. Energici, come piazze che ballano. Un gruppo di atleti, omosessuali e non, che condividono lo stesso sport, si allenano sullo stesso campo, vestono la stessa maglia. Dichiaratamente. Sono il manifesto della società che dovremmo essere. Inclusiva, paritaria, rispettosa.
INTERVISTA a SIMONE BONANNI e NICOLO’ ZITO, PRESIDENTE DELLA SQUADRA
Come nasce libera rugby?
Non per caso. Era arrivato il momento di abbattere quel muro invisibile ma invalicabile presente nelle squadre sportive in cui giocano anche gli omosessuali.
Non era più facile metter su una squadra tutta omosex?
Per cosa? Divergere ancora di più?
Riformulo. È stato difficile creare una squadra mista?
Abbastanza. Partiamo già da una base complessa. Nonostante si rientri tutti sotto un’unica etichetta, il mondo gay è molto disgregato. Tanti gruppi che tendono a fare vita autonoma. C’è la cultura ursina per esempio, o la realtà transgender, per dirne alcune. Aggiungici anche gli etero ed hai un bel mix.
Quanto ci avete messo a creare una squadra?
Siamo nati nel 2013 ed oggi a distanza di anni, possiamo dire di praticare INCLUSIVITA’ liberamente.
Liberi di nome e di fatto dunque.
Yes.
Perché il rugby?
Il fondatore era un rugbyman, quindi l’avventura è iniziata così. Però poi è diventata la nostra testa d’ariete. La nostra icona provocatoria.
Rugbista macho contro Gay raffinato?
Esatto, questo stereotipo che nel 2020 ancora va in giro. Come se il testosterone fosse appannaggio solo dei giusti.
Com’è composta Libera Rugby?
LIBERA è una squadra. Che al suo interno ci siano atleti che hanno fatto coming out, ancora indecisi o etero è del tutto ininfluente. La scommessa dell’inclusività si vince solo così, con la riservatezza.
Allora cos’è Libera Rugby?
LIBERA è l’entità dominante. Essenza di questo sport. Ma per noi è anche un punto di arrivo e di partenza.
Cioè?
Chi è già dichiarato, vede in LIBERA il proprio gruppo di appartenenza. Chi è all’inizio del percorso si affianca a noi per curiosità o per bisogno. Poi resta per il supporto che riceve, la protezione, la comprensione.
E chi non ha percorsi da fare? Gli etero?
Con loro il percorso c’è. È quello della condivisione. Il più sfidante se vogliamo: aprire la comunità verso l’esterno e l’esterno verso comunità. LIBERA crea occasioni di amicizia tra persone che in condizioni diverse non si sarebbero nemmeno salutate. L’orientamento sessuale è ancora un motivo di chiusura. LIBERA va oltre certi schemi.
Non c’è neanche un po’ di imbarazzo iniziale?
L’approccio tra gay ed etero è sempre un po’ guardingo. Reciprocamente, però. Poi si entra in campo e lì lo scudo deve venir meno per forza.
Zero tempo per pensare immagino!
Esatto. Azioni rapidissime, scatti affannosi, sforzi massivi. Il compagno che ti placca non è diverso. È solo il compagno che ti placca. Così come quello che ti salva dalla mischia, quello che ti passa la palla, quello che ti ringhia durante lo scontro o quello che ti abbraccia se si fa meta. Punto. La fatica cancella il pregiudizio ed il sudore lava via la vergogna. È con questo spirito che si entra negli spogliatoi. Come una squadra.
Neanche una battuta?
Ah quelle quante ne vuoi. Hai in mente il cameratismo delle squadre etero? Qui è raddoppiato. Biunivoco tra l’altro. Trasversale e democratico. Ridicolo. Erotico manco per sbaglio.
E se ci sono atleti transgender?
Terzo bagno. Qual è il problema? Nessuno. Il rispetto è l’unica cosa di cui ci importa davvero. Ironia, allegria, simpatia ma mai invadenza. Mai.
Ultima domanda. Cosa mettono i ragazzi di libera rugby nella palla ovale? Per cosa scendono in campo?
Uguaglianza. Scendiamo in campo contro la reticenza. Nonostante il clamore mediatico riscosso dalla comunità LGBT, essere gay significa ancora essere diverso. Nonostante le battaglie, la strada resta in salita. Noi affianchiamo il movimento con la nostra sfida sportiva, mettiamo tutti in gioco. Muovere i muscoli per far muovere le idee. Come nelle lotte ma senza violenza. Come nei cortei ma senza disturbare, come nelle più belle pagine di storia che vorremmo vivere.
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N.B. pillole di bellezza [I baci più belli del mondo]