Come riportato da tutte le principali testate nazionali, la Presidente della Calabria Jole Santelli, già deputata di lungo corso di Forza Italia e prima governatrice in una regione del sud Italia, è morta nella notte nella sua abitazione a causa di una malattia che da tempo la affliggeva. La Santelli, vincitrice delle elezioni nella tornata elettorale del 26 gennaio scorso, si era insediata il 16 febbraio.
A raccogliere le redini della regione, seppure per il disbrigo degli affari correnti fino alle prossime elezioni (che si terranno tra 60 giorni), sarà Antonino – Nino – Spirlì, esponente del Carroccio nato a Taurianova (RC) che solo poche settimane fa si è fatto notare, con imbarazzo, durante la tre giorni di dibattiti organizzati dalla Lega e da Matteo Salvini a Catania.
La convention di Catania
“Ci stanno cancellando le parole di bocca“: esordisce così Spirlì nel suo intervento, spesso interrotto da applausi e incitamenti, in cui contesta “l’era della grande menzogna e delle lobby che ti dicono come devi parlare“.
“Per poter dire negro io, che parlo calabrese, dico ‘u nigru. In calabrese ‘u nigru è u nigru e non può essere detto in altro modo. Nessuno può venirmi a dire che io, come minoranza calabrese, non possa utilizzare il termine che meglio riconosco“. In tema di “politically correct” il discorso è poi virato, ovviamente, sulle persone omosessuali. “Così come nessuno pu venirmi a dire “non puoi dire che sei ricchione perché sei omofobo”. Io lo dico e guai a chi mi vuole impedire di dire ricchione“.
La conclusione, poi, lascia davvero basiti. “Dirò negro e frocio fino alla fine dei miei giorni. Che fanno, mi tagliano la lingua? Non credo che possano arrivare a tanto” scherza infine Spirlì, chiudendo il discorso brandendo un rosario regalatogli da alcune suore.
Quello che colpisce, oltre al triste sproloquio, è che Spirlì sia omosessuale dichiarato, come dimostra il suo blog su ilgiornale.it “I pensieri di una vecchia checca“, da cui è stato tratto il libro “Diario di una vecchia checca” per Minerva Editore.
Spirlì, con un passato prima da berlusconiano e poi vicino a FdI, è orgogliosamente anti-gay pride, e rifiuta categoricamente di essere etichettato come gay: “Chiamatemi meglio ricchione e frocio“.
Chi è Antonino Spirlì
Definito “intellettuale di destra“, Nino Spirlì, 58 anni, ama parlare di sé come un “omosessuale a tempo perso e cattolico praticante“. Sul suo blog “I pensieri di una vecchia checca” rincara la dose aggiungendo “Sono omosessuale, quanto sono calabrese, robusto, cinquantenne, barbuto, autore, presbite, astigmatico, onnivoro, e un milione e mezzo di altre cose“.
Spirlì, giornalista e srittore, appare tra i fondatori di Cultura Identità, progetto di stampo sovranista avente come scopo “la difesa, la promozione e la diffusione dell’Identità italiana, valorizzando il patrimonio culturale e artistico“. La vera gavetta, tuttavia, l’ha fatta in teatro e in televisione, dove ha militato per anni tra gli autori della nota trasmissione Forum.
La solita retorica goliardica
Non è inconsueto che alcuni esponenti gay di destra, soprattutto di una certa età, parlino della comunità LGBT+ come “la lobby del politically correct” che rifiuta il ricorso ad un certo “gergo popolare” per parlare di sé.
Al di là delle intenzioni, nel migliore dei casi frutto di una goliardia “vintage” decisamente fuori tempo massimo, parole come “froc*o” e “ricchi*ne” sono quanto mai irricevibili in un contesto storico in cui, faticosamente, le persone LGBT+ combattono per ottenere maggiori diritti e strumenti utili per la lotta alla discriminazione, soprattutto da soggetti che ricoprono cariche pubbliche in un paese che, da sempre, rigetta una discussione autentica, ponderata, seria e costruttiva in difesa delle minoranze.