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ECONOMIA ECOLOGICA di Mercedes Bresso (Jaca) | Intervista e Recensione


(Torino) Parlare di transizione ecologica e di Green Deal è diventato argomento assai innovativo. Farlo adesso è sicuramente un’operazione mainstream. Farlo già dagli anni ’70 del secolo scorso è stata avanguardia pura. Infatti abbiamo incontrato ed intervistato chi, da protagonista, ha portato le tematiche ambientaliste nella discussione nazionale (e non solo): Mercedes Bresso, eurodeputata (subentrata a Pierfrancesco Majorino), già Presidente di Regione Piemonte ed anche Presidente del comitato Europeo per le Regioni.

Al Salone Internazionale del Libro di Torino ha presentato la riedizione del suo saggio Economia Ecologica pubblicato da Jaca Book.

SINOSSI


Economia ecologica è diventato un piccolo classico della riflessione sul rapporto fra economia e ambiente. Viene ora riproposto in una versione riveduta e arricchita, in un momento caratterizzato dall’impegno delle istituzioni europee e di molti giovani sulla transizione ecologica. L’autrice ha aggiunto una nuova introduzione sul percorso che l’economia ha compiuto, dagli anni ‘70 ad oggi, nello studio del rapporto fra le società umane e l’ambiente. Nella nuova postfazione, Bresso apre delle piste per un futuro caratterizzato da un paradigma che intrecci sapere economico e sapere ecologico.

Mercedes Bresso ha insegnato Economia dell’ambiente al Politecnico di Torino e in altre Università. È autrice di numerosi testi scientifici, tra cui Pensiero economico e ambiente e Per un’economia ecologica. Ha anche pubblicato romanzi di fanta-ecologia con la sorella Paola: Missione last flower, Anno luce zero e, con Claude Raffestin, I duecentocinquantamila stadi di Eratostene al tempo del virus.

INTERVISTA

Onorevole Bresso, ci parli della sua riedizione ragionata di Economia Ecologica e della genesi di questo suo saggio…
Scrissi prima un tomo universitario che si chiamava “Per un economia ecologica” e che è 500 pagine… una roba così. Poi Jaca Book mi propose di creare un piccolo pamphlet su questo tema da inserire in una collana, una sorta di piccola enciclopedia e mi chiesero di fare
quello sull’economia ecologica. Accettai e venne fuori un libricino di 70 pagine perché
c’era proprio un limite editoriale… Poi, come è successo alla 500, quando ho proposto di ripubblicarlo,
ho chiesto “devo fare una revisione, devo aggiornare, tante cose nuove che sono successe devo
allargare un po’
“, poi ho aggiunto una prefazione, una postfazione e quindi alla fine è venuto più o meno il doppio. Ha fatto come la 500 che ha preso il viagra e si è…. (Ridiamo)

Dal ’97 ad oggi in 26 anni come è cambiato il sentimento comune riguardo a questo binomio che lei comunque già in maniera avanguardistica aveva trattato?
Allora, forse voi che siete giovani non vi ricordate, c’è stato un periodo subito prima di quando ho scritto il libro, nel ’92 quando ci fu la prima conferenza mondiale a Rio de Janeiro…. ma ancor prima, nel ’72, a Stoccolma, poi vent’anni dopo a Rio, allora i tempi erano un po’ più allungati, a Rio ci
fu il primo grande meeting sull’ambiente che portò un rapporto che si chiamava “Il futuro di
noi tutti
” che era quello che ha creato il concetto di sviluppo sostenibile definendolo, per
altro, in modo rigoroso e preciso. Lanciò una serie di convenzioni che alcuni stati firmarono, altri
no, ad esempio gli Stati Uniti… Queste convenzioni riguardavano l’aria, gli
oceani, la biodiversità… una serie di impegni concreti per affrontare il tema che era già chiarissimo all’epoca.
Quindi Rio fu il primo momento in cui presi questi temi e mi adoperai affinché venissero declinati anche nell’allora provincia di Torino che dirigevo come Presidente. Decine di comuni realizzarono la loro agenda 21 che era l’agenda per il ventunesimo secolo. Erano una serie di azioni amministrative per affrontare tutte le questioni ambientali. Poi c’è stata una
caduta, le crisi, anche le crisi economiche una caduta di interesse e poi per fortuna… siamo tornati a parlarne.
Intende la crisi del 2008?
Sì la prima del 2008 ma anche diciamo è andata così. C’è stata una seconda Rio
nel 2012 a cui io andai allora come presidente del comitato delle regioni. La prima volta
andai con Ruffolo come ambientalista, io presiedevo un’associazione che si chiamava
“Economia e salute” che si occupava soprattutto degli aspetti dell’ambiente negli ambienti di lavoro che erano molto gravi soprattutto allora. Pensate ad esempio al comparto verniciature: i lavoratori non avevano che non avevano le cabine né dispositivi di protezione adeguati: respiravano, seppur con la maschera, i vapori delle vernici che bruciavano i polmoni letteralmente… Oltre alla protezione dei lavoratori mi sono occupata anche del trattamento dei fumi, delle acque, dei rifiuti e quindi tutto questo andò avanti per un po’ e poi nella prima decina degli anni 2000 c’è stato un calo di attenzione e di interesse probabilmente a causa della crisi economica. Racconto sempre che quando uno non arriva alla fine del mese non si preoccupa della fine del mondo, quindi i momenti di difficoltà creano dei vuoti nei temi ambientali. Dicevo dunque che nella seconda conferenza tenuta a Rio nel 2012 che però non ha avuto la potenza evocativa dell’altro, in realtà non è venuto fuori un granché onestamente. C’è stato di nuovo un rilancio degli impegni, ma sono state poi soprattutto le varie COP a portare all’attenzione il grande tema. Mi riferisco alla COP21 di Parigi, nella quale sono stati firmati una serie di impegni… non da tutti… Trump firmò… poi Biden rimediò: si trattava di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Neutralità climatica significa che la quantità di emissioni di co2 e la quantità di captazione di co2 si pareggiano e quindi non c’è un accumulo in atmosfera di co2.

Questo è il grande tema che abbiamo di fronte e nella revisione al mio libro sono partita dai temi di base:
sono meglio le tasse ambientali o le norme ambientali? o come si possono combinare
entrambe? Un industria che nasce in un posto, crea lavoro, crea ricchezza, ma butta fuori emissioni inquinanti. Allora come si trattano questi temi? Come si incorporano l’ecologia e l’economia? Qui c’erano tutti gli elementi essenziali per la comprensione della relazione economia ed ecologia che è fondamentale perché se l’economia non regge non si può fare niente, questa è la realtà! Se l’economia trova invece
gli strumenti adatti per realizzare i miglioramenti ambientali, se ce la fa, si possono
realizzare le cose. Oggi l’ultima parte è dedicata a capire quest’ultima fase nella quale
stiamo sterzando fortemente verso la questione climatica che oggi ci appare, speriamo sia
vero che non ce ne siano altre che stiamo trascurando, quella più urgente perché di qui al
2050 fa tremare i polsi.


A proposito di questo, avrei una domanda relativa alle nuove generazioni, partendo da Greta Thumberg e agli attivisti in Italia di Ultima Generazione, per inciso quelli che fanno delle azioni con la vernice lavabile. Lei come vede la preoccupazione che hanno i giovani sulle tematiche ambientali?
Fanno molto bene. I giovani non da sempre si sono occupati di ambiente. A periodi alterni risorge questa tematica tra la popolazione più giovane. Il rischio è che poi quando vanno a lavorare, mettono su famiglia non se ne occupino più. È molto positivo che i giovani nel 2023 se ne occupino, serve però che se ne
occupino anche gli adulti perché tanto sono gli adulti hanno il potere di fare: perchè questo è il momento di fare!
È bene che i giovani spingano ma è anche bene che non dimentichino che occorre pazienza e
costanza in queste cose, non si risolvono i problemi facendo un click. Pensiamo: un tir dura 30
anni, un pullman ne dura 15-20, ma anche le auto durano 30 anni a volte 40-50, un treno
dura… ci sono ancora i treni dell’800… quindi l’idea che si possa sostituire tutto rapidamente
è molto aleatoria, molto difficile da accettare e quindi occorre che i giovani, che giustamente
sono impazienti, sappiano anche che bisogna tener duro: non c’è una soluzione tutta e
subito. La soluzione si trova avendo chiaro cosa bisogna fare ed è importante capire come ci
si arriva al minor costo possibile, nella maniera più semplice possibile.
Devono anche capire che questo significa, non la decrescita, ma certamente più soldi
in investimenti e quindi meno in consumi. Fatto cento il reddito se io investo in più per la
transizione ecologica avrò un mondo migliore, più pulito, avrò gli alberi magari riuscirò
anche a sopravvivere perché non sappiano neanche se riusciremo…perché se cambiamo la
composizione dell’aria non respireremo più. Quindi avrò questi vantaggi ma dovrò avere
una vita più sobria perché una parte più grande non solo del reddito collettivo ma anche del
mio dovrà andare in investimenti.
Domanda a bruciapelo perché mi sembra che abbia risposto in maniera efficace
anche penso per i ragazzi… lei come commenta, in due parole, l’inasprimento delle pene
che il ministro Piantedosi ha proposto al governo, poi per decreto sono arrivate, proprio ai
ragazzi di Ultima Generazione che protestavano?

Questo mi sembra un errore, non servono pene è chiaro che è una piccola moda
che finirà da sola, non è un’idea troppo geniale. Mi pareva più geniale quella di Greta perché
era così strana che lei si sedesse così tranquilla con i suoi libri e dicesse io non vado a scuola
nessun venerdì perché devo sollecitare e occuparmi dell’ambiente. Era così strana e
silenziosa che ha fatto il giro del mondo. Questa azione qui fa al massimo il giro d’Italia irritando la
gente quindi cadrà da sola.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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