1.704 views 11 min 0 Comment

Greg Louganis, un tuffo nel silenzio di un male che nessuno conosce

- 26/07/2021
greg louganis tuffo trampolino


Poche ore fa, il tuffatore britannico Tom Daley ha vinto la sua prima medaglia d’oro olimpica nella specialità piattaforma da 10 metri, in sincro con il collega Matty Lee. In conferenza stampa, Daley ha espresso tutta la sua soddisfazione per essere un campione olimpico dichiaratamente gay, aggiungendo di voler “ispirare” altre persone lgbt+ a realizzare tutti i loro sogni.

Oggi tutta la comunità arcobaleno può vantare mirabili esempi di audacia, determinazione e orgoglio in ambito sportivo – vedi anche la giocatrice di volley Paola Egonu, portabandiera olimpica e schiacciatrice più forte al mondo – grazie alla progressiva espansione dei diritti lgbt+ in occidente e non solo (tranne che in Italia) che sta appianando le differenze civili e sociali in tema di orientamento sessuale e identità di genere.

Non tutte le storie olimpiche degli ultimi quarant’anni, però, hanno visto gli atleti lgbt+ fregiarsi di una gloria libera e incondizionata. Talvolta, dietro ogni sforzo, dietro a ogni salto e a ogni scatto si sono nascosti segreti inconfessabili. Quello che vogliamo raccontarvi oggi è la storia di Greg Louganis.

Seul 1988, il trampolino e la paura di Greg Louganis

Torniamo indietro nel tempo come se fossimo in Grecia antica, di ben otto olimpiadi. Un’olimpiade è una misura di tempo di quattro anni, pertanto puntiamo la linea del tempo al 1988, ai giochi della XXIV olimpiade di Seul. Piscina Jamsil: sede delle gare degli sport acquatici.

Il numero uno in assoluto del salto nel blu, Greg Louganis, si appresta a realizzare il suo ennesimo tuffo per assicurarsi una finale più che certa. La potenza elastica dei suoi muscoli tesi fa vibrare il trampolino, gli occhi degli spettatori sono tutti su di lui e cercano il sussulto dell’emozione suprema. Greg percorre la tavola con la precisione di un ballerino, fino a fermarsi in punta. Chiude gli occhi, assume il controllo di tutto il suo corpo, alza il ginocchio, spicca il salto, ricade sul trampolino che gli restituisce lo slancio e lo proietta verso l’alto, in un volo che per un impercettibile istante vince la gravità.

Eppure, quel salto che fa spalancare gli occhi a tutti non è come avrebbe dovuto essere. Greg lo sa, lo ha capito. Si contrae, i pensieri attraversano velocissimi le autostrade della sua mente. Non c’è tempo per preoccuparsene, bisogna portare il tuffo a casa. La spinta non è sufficiente per distanziarsi dal trampolino. Il tuffo è una doppia capriola e mezzo capriola rovesciata con carpiatura, una delle bestie nere della disciplina.

Dopo la seconda capriola, Greg lascia le gambe raccolte e si distende per prepararsi all’ingresso in acqua. Riporta il collo in una posizione naturale per completare la verticale. E accade in quel momento. La nuca di Greg va a sbattere contro il bordo del tampolino. Un tonfo sordo, di quelli che presagiscono brutte notizie. Dagli spalti la folla sussulta di preoccupazione, poi l’ingresso in acqua scomposto e un silenzio irreale.

Quando riappare, Greg Louganis si tocca la testa. Ha eseguito migliaia di tuffi nella sua carriera, tra gare e allenamenti, ma episodi di questo tipo non capitano tutti i giorni. Che poi sia accaduto a lui, è la prova che la strada verso l’inferno è lastricata di sfortuna e di paura. Greg viene soccorso, la ferita sanguina, bisogna tamponare in fretta. In realtà il taglio, che ha lasciato in piscina una sfuggente virgola rossa, è meno grave di quanto non si pensi. È proprio il sangue a preoccupare Greg, che nessuno sa essere sieropositivo.

Non dire nulla” gli sussurra l’allenatore. Sono gli anni ’80, l’HIV fa cadere uomini gay come mosche. Immaginate uno sportivo durante i giochi olimpici che mette in guardia tutti dal suo sangue, con tutte le televisioni del mondo che immortalano l’infetto, la gloria olimpica che diventa un marchio d’infamia, il campione alla ricerca dell’oro che si trasforma in untore. No, meglio tacere. E poi le possibilità che un rivolo di sangue in una piscina ricolma di cloro possa infettare i suoi colleghi sono infinitesimali.

Greg il suo oro lo cercava con quei tuffi eccezionali con i quali sfidava l’immobilismo dell’acqua, e l’acqua stessa sembrava ritrarsi quando le sue mani ne fendevano la superficie. Voleva raddoppiare l’oro della piattaforma ottenuto qualche giorno prima, e bissare il successo di Los Angeles 1984 con un poker di medaglie d’oro che avrebbero spostato l’asticella del record olimpico ancora più in alto.

Nonostante la ferita alla testa, Greg riesce a qualificarsi per la finale. Il giorno dopo conquista la gloria iridata e iscrive il suo nome all’eternità olimpica ancora una volta, l’ultima. Con quattro ori e un argento olimpici, è uno dei tuffatori più grandi di sempre.

“Affiorando in superficie”

Le sfide che lo vedono volteggiare sullo specchio blu sono però meno impegnative di quella che si combatte nel suo privato. Mentre Greg sfida gli dei e si consegna alla fama eterna, infatti, scopre di essere sieropositivo. Comincia così ad assumere dosi massicce di antiretrovirali Azt. Comunica al mondo di avere l’HIV ai Gay Games di New York del 1994, quando ormai è lontano dalla scena agonistica. Scrive la sua biografia Breaking the surface (“Affiorando in superficie”) nel 1996. Sfogliandone le pagine, scopriamo che dietro la gloria olimpica si cela un passato tormentato, di violenza e dipendenza affettiva.

La copertina del libro

Adottato da una famiglia di origine greca a soli nove mesi, Greg si dedica sin da bambino alla ginnastica e alla danza, discipline che gli conferiscono una certa grazia e precisione nei movimenti. Il passaggio ai tuffi è tanto naturale quanto prodigioso. A 16 anni si fregia del suo primo argento olimpico a Montréal, nel 1976, poi è la volta dei titoli mondiali. Il boicottaggio statunitense alle Olimpiadi di Mosca nel 1980 posticipa la sua gloria ma solo di un’olimpiade. È nel 1984, dopo svariati titoli mondiali, che si impone finalmente ai giochi. E comincia la sua scalata al Monte Olimpo che troverà la sua vetta più alta a Seul, quattro anni dopo.

Dieci anni più tardi, sopravvissuto agli anni neri dell’AIDS, decide di mettere il mondo al corrente della sua incredibile storia di successi sportivi e travagli personali. In un’intervista al settimanale People per promuovere la sua autobiografia rivela di essere stato vittima di una relazione sadomasochista per sei anni col suo ex compagno “Jim” Babbit, il suo manager, dal 1983 al 1989; negli anni d’oro, in senso proprio e figurato, della sua carriera.

Lo aveva conosciuto tra un cocktail a casa di Andy Warhol e una comparsata nei gay bar della downtown più esclusivi. Greg, profilo greco e corpo scolpito dai prodigi sportivi, era uno dei ragazzi più ambiti, e Jim era geloso, furioso al solo pensiero di dividere il suo compagno con altri uomini. Nel 1983 la paranoia assume la forma della violenza. Jim minaccia Greg con un coltello da cucina, poi, ottenuta l’ubbidienza, lo stupra.

Greg non scappa. È un campione sospeso a filo sulla superficie dell’acqua, ma gli manca il coraggio di lasciare quel mostro con cui ha intrapreso una relazione tossica e pericolosa, portata avanti dalla manipolazione e dal senso di colpa. È Greg, addirittura, a scusarsi. La paura di restare solo lo atterrisce e lo immobilizza. Probabilmente Greg ha rivisto in Tom l’ombra di un padre autoritario e manesco che lo ha plasmato secondo la sua volontà di farne un campione indiscusso.

Nel 1989, Greg ottiene un ordine restrittivo nei confronti di Jim, che l’anno successivo muore per le complicazioni dovute all’AIDS. È la stessa malattia a salvare Greg da un amore tiranno e malato. Fortunatamente, sebbene l’HIV galoppasse anche nel suo corpo perfetto, la somministrazione di una terapia mirata riesce a salvargli la vita.

Nonostante un certo sdegno – il presidente del comitato organizzatore di Seoul, alla luce della divulgazione dello stato di salute di Greg, non esita a marchiare la sua partecipazione come “deplorevole” e “moralmente scorretta” – scoprire il vaso di Pandora non libera tutti i mali del mondo attorno a Louganis. Arriva a supportarlo anche il direttore del CIO François Carrard, il quale assicura che, in quelle condizioni, il pericolo di contagio è praticamente nullo anche per l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Greg Louganis oggi è un bellissimo sessantenne fresco di divorzio dal suo ex marito Johnny Chaillot, e conduce da attivista battaglie per i diritti delle persone LGBT con diagnosi legate a HIV/AIDS in California, dove vive adesso. Continua ad amare i tuffi con passione, seguendo il circuito Cliff Diving dalle grandi altezze. Il suo talento sarà immortale; la sua gloria, consegnata agli dei, lo rende oggi uno degli sportivi più valorosi di tutti i tempi.

<hr>Condividi:
- Published posts: 674

Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

Facebook
Instagram