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IL MONDO DEVE SAPERE di Michela Murgia (10 Days of Human Rights)


 

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e della Donna vi é anche un articolo che, piú o meno, tutte le costituzioni del mondo hanno declinato. Ad esempio in Italia é l’articolo 1… Sí, cari lettori di BL MAGAZINE, oggi il mio consiglio bibliografico riguarda proprio il lavoro. Dato che personalmente credo sia un diritto fondamentale e, dato che il libro che recensirò ha ispirato un film importantissimo: “Tutta la vita davanti” di Virzì, assieme ad Italo Sanna, della rubrica BL CINEMA, vi declineremo, a modo nostro, il famigerato articolo 23.

IL MONDO DEVE SAPERE di MICHELA MURGIA

Articolo 23

1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

LA TRAMA.

Camilla é una giovane neolaureata che ha bisogno di un lavoro. Trova una occupazione presso la Kirby, noto marchio di aspirapolveri, come centralinista outbound.

“Ho aperto la porta del piano terra e mi ha assalito, dal secondo piano, un suono assimilabile a un martello pneumatico dentro una scatola di latta. Deh, oggi non si telefona, ho pensato. Perchè con i muratori di fianco, chi mai mi sentirà? Non erano i muratori. Era il Kirby.”

La sua vita da telefonista si colora di tinte fosche. Ha uno spazio angusto in cui lavorare. Le sue colleghe sono talmente devote al mistico Kirby che ogni fallimento ed il rifiuto da parte delle oppresse casalinghe al telefono, viene vissuto come un tradimento di bibliche proporzioni. A costellare la vita da centralinista di Camilla, la sua responsabile: la piú infervorata di tutte, che si guadagna il nomignolo di Hermann.
Tra corsi motivazionali e rappresentanti ossessivo-compulsivi, Camilla ha il solo pensiero di arrivare a fine mese. La sciagurata Co.Co.Pro. tra i deliri delle colleghe e i rifiuti delle potenziali clienti ci disegna un mondo lavorativo raccapricciante.

“Sorrido e fingo di assentire, ma dentro di me penso che il precariato in questa situazione è la sola cosa che mi dia speranza. L’idea di fare la telefonista alla Kirby in maniera stabile è una prospettiva da reparto psichiatrico. L’unico lato positivo di questa situazione è che – appunto – è instabile, transitoria. Mi daranno il premio Nobel per il precariato.

Per poi levarmelo dopo due mesi.”

LA RECENSIONE.

OK. Lo ammetto: ho un debole viscerale per Michela Murgia. Questo é il primo libro che ho letto dell’autrice sarda (fortunatamente, per mia gioia, continua a scrivere libri spesso), ma credo descriva benissimo il mondo del lavoro a cui molti giovani laureati e non, trovano un rifugio piú o meno sicuro. Anche la persona che sta scrivendo, in passato, ha avuto modo di lavorare in un call center. Ho venduto di tutto ad ignare persone anziane, seguendo il copione imposto dalle varie aziende di teleselling… Per guadagnare a fine mese quasi 400€.

Ecco, la Murgia non é verosimile in questo romanzo. Racconta con raziocinio ed esilarante crudezza una realtà che lei ha vissuto sulla propria pelle. Infatti questo libro nasce dal suo blog personale dell’epoca. Michela Murgia ha venduto aspirapolveri realmente. L’impianto del romanzo é assolutamente un connubio perfetto tra la narrazione classica e la comunicazione che molti blogger hanno. Stilisticamente é una coiné dialektos di due modi diametralmente opposti di scrivere. Ed il risultato é piú che eccellente. Infatti il libro non l’ho letto solo una volta… Ogni tanto lo rileggo con gusto e con “amarcord“.
La Murgia scrive con un nuraghe tra le dita e una seadas nello stomaco. Il suo essere sarda rende la tragedia lavorativa di Camilla qualcosa su cui si può anche ridere. Ma é un “riso amaro“. Infatti descrive, non solo lo sfruttamento lavorativo di una generazione, ma anche il lavaggio del cervello che questo lavoro comporta. La Murgia dichiarò che ” per molti i contratti a progetto sono un’ancora di salvezza, perché sai che lo schifo di lavoro che fai prima o poi finirà, ma é anche la politica sottile e manipolatrice di un’intera struttura lavorativa”.
L’assenza di dignità e soprattutto la mancanza di poter progettare il proprio quotidiano e la propria autosufficienza é la riflessione che crea la lettura di questo libro. La nobiltà che dovrebbe creare il lavoro non é piú proverbiale, ma diventa parte accessoria della vita: il lavoro non nobilita piú, anzi, umilia e fa regredire l’autostima. Il mondo deve sapere, letto ora, ci potrà donare maggiore consapevolezza sulle varie riforme che negli ultimi anni sono state approvate in tutti gli stati occidentali. La chiamano flessibilità, ma piú che la flessibilità del bambú, in un racconto buddista, sembra la flessibilità cameratista del giovane militare al C.A.R. che, ignaro di quello che accadrà, si china a raccogliere la saponetta nelle docce comuni della caserma.

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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