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Il Vino nel mondo dell’Arte, una raffigurazione che ha attraversato i secoli

- 22/04/2021
arte e vino


Il bronzo è lo specchio del volto, il vino quello della mente.

Eschilo (525 a.C. – 456 a.C.)

L’arte e il vino (e per estensione le bevande alcooliche derivate da fermentazione come ad esempio il sakè) hanno davvero molte cose in comune, due vite non semplicemente parallele ma che si intrecciano strettamente l’una con l’altra. Accompagnano l’umanità da migliaia di anni ed entrambe si sono trasformate col passare dei secoli.

Il campo di indagine sulle bevande inebrianti nell’arco temporale delle varie culture è davvero immenso, si va dai cerimoniali iniziatici precolombiani, dove bevande alcoliche mescolate a sostanze psicoattive venivano assunte bevendo da coppe o per via rettale tramite clisteri, a quanto abbia caratterizzato culturalmente la storia statunitense il periodo del Proibizionismo, quando bere, ma anche un certo tipo di musica, di ballo e di forme d’arte, avvenivano e si sviluppavano clandestinamente.

Impossibile quindi trattare tutte le sfaccettature di questo argomento, mi limiterò alle connessioni più vicine alla nostra storia culturale che gravita intorno al Mediterraneo.

Se oggi vediamo il paesaggio rigato di filari di viti allevate a Cordone Speronato, in passato le forme di allevamento della vite erano varie e diverse, si andava dalla coltivazione intorno ad un palo degli antichi Romani , alla “vite maritata” cioè fatta crescere su un piccolo albero, degli Etruschi, come avviene normalmente quando la vite si trova allo stato selvatico. In area mediterranea le primissime testimonianze risalgono all’antico Egitto: i primi reperti a parlare sono semi di vitis vinifera databili al 2900 a.C., del periodo predinastico Naqada III, conservati al Museo dell’Orto Botanico di Berlino. Bevanda molto più costosa della birra (anch’essa prodotta dagli Egizi prima di altri), il vino derivava da uve allevate in pergolati che davano forma e bellezza ai giardini delle classi più agiate.

Le raffiguazioni artistiche legate al ciclo della vite e del vino sono una fonte importantissima per conoscere la cultura di epoche e culture remote.

vino antico egitto
pergola di vite nell’antico Egitto, decorazione nella Tomba di Nakht

Arte e vino nell’età antica

Vediamo gli elementi primari: la vite ha origini caucasiche; il vino è un liquido; la coppa è in assoluto la forma primordiale, l’archetipo, perché riproduce la forma delle due mani unite per bere. parola da cui deriva anche calice (càlice s. m. dal latino calyx -y̆cis, greco κάλυξ -υκος : coppa) A questi elementi oggettivi si aggiunge subito un’altro fattore: il vino è stato fin dall’inizio molto di più che una semplice bevanda, assumendo risvolti simbolici e religiosi, spesso ambivalenti, sia con significati positivi legati alla virtù liberatoria sia con significati moralizzatori legati agli effetti negativi dovuti agli eccessi. Questo doppio filo conduttore rimane costante dalla notte dei tempi ad oggi, intrecciandosi con tutte le forme d’arte.

Ruolo fondamentale è quello di Dioniso/ Bacco per i romani. Questa divinità (strettamente legata alla nascita del teatro) proveniente dalla Tracia, viaggiatore, dall’Armenia porta la vite all’uomo e insegna a coltivarla.

Nelle raffigurazioni ceramiche più antiche è forse l’unica divinità ad essere dipinta non di profilo ma frontalmente, con la barba incolta e lo sguardo fisso su chi guarda. Dioniso è Animalesco e divino, Dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza che porta alla liberazione dei sensi e al ricongiungimento con la parte istintuale che scorre inarrestabile in tutti gli esseri viventi. Nella visione antica Dioniso è presente nell’uomo come parte originaria e insopprimibile, ma che se non viene elaborata correttamente porta alla distruzione.

Anche il mito della doppia nascita di Dioniso rappresenta la dualità, la trasformazione. Figlio di Zeus e della mortale Semele, quando questa chiese al suo amante di rivelarle il suo reale aspetto ne rimase incenerita, Zeus estrasse quindi il feto dal ventre della madre e se lo cucì dentro una coscia, da cui, dopo tre mesi, Dioniso nacque una seconda volta.

I temi del viaggio, della trasformazione e della rinascita sono strettamente legati al vino e al culto Dionisiaco. In antico i Misteri Dionisiaci venivano celebrati in riti orgiastici durante i quali l’ebbrezza data dal vino ricongiungeva gli iniziati con la divinità e il momento di abbandono orgasmico era un’esperienza di morte e rinascita. Tracce di questi legami si sono tramandate nella cristianità dove, attraverso la transustanziazione, dal calice si beve sangue divino.

La rappresentazione del Vino nell’arte in età medievale e moderna

Il legame col ciclo vitale della natura rimane anche in epoca medievale e si arricchisce di vari significati allegorici. Tralci di vite e pigne d’uva decorano portali romanici, chiostri e libri miniati, sviluppandosi in numerose raffigurazioni del ciclo delle stagioni. Fioriscono in Europa i cicli di affreschi dedicati ai dodici mesi, dove spesso Ottobre, come nella raffigurazione nel Castello di Trento, ci mostra il cilo della vendemmia e della vinificazione.

Col rinascimento si inzia mettere nuovamente al centro della narrazione artistica l’Uomo. I riferimenti all’antichità romana, mai sopiti del tutto, prendono un fortissimo slancio, Il giovane Bacco di Michelangelo testimonia non solo un attento studio della scultura antica, ma è anche un dichiararsi diretto erede della cultura e dell’autorevolezza classica. C’era la consapevolezza di un tempo nuovo, di una maniera moderna che celebrava il contemporaneo.

Clamoroso esempio di questa mentalità nuova sono Le nozze di Cana dipinte da Paolo Veronese. L’immensa tela di quasi 10 metri per 7 più che un miracolo mostra tutta la gioia di vivere dei personaggi e lo sfarzo dei presenti in cui sono raffigurati potenti del tempo come Eleonora d’Asburgo, Francesco I di Francia, Solimano il Magnifico ecc. Gesù, se pur al centro della scena, appare isolato in una bolla estatica di cui il convivio non si prende cura.

arte e vino
Le Nozze di Cana, di Paolo Caliari detto il Veronese (1563), custodito al Louvre di Parigi.

Nel ‘600 esplode in europa, e specialmente nei paesi fiamminghi, la pittura di natura morta o “fermata”. Sebbene anche in questo caso si tratti di un tema millenario con magnifici esempi conservati a Pompei o nella mosaicistica romana, è con Caravaggio e i suoi successori che inizia a svilupparsi un interesse sempre maggiore verso questo genere.

In una prima fase i pittori Fiamminghi celebravano la ricchezza delle tavole dei mercanti olandesi, che con le loro navi raggiungevano le lontane indie. Nell’esempio di De Heem si notano calici di finissima fattura e cibi come agrumi, ciliegie ed uva, assolutamente esotici per le brumose pianure dei Paesi Bassi. In una seconda fase la Natura Morta assunse anche una valenza moralizzatrice verso l’attaccamento ai beni terreni, con quadri in cui si mostrava la deperibilità dei cibi.

Arte e vino in età contemporanea

Più tardi il fulcro dell’arte si sposta in Francia, dove l’impressionismo è rivoluzionario non solo per la gestione del colore e della luce, ma anche per i temi su cui posa in suo sguardo. L’arte comincia ad abbandonare le filosofie neoplatoniche e le moralità religiose, cercando una rappresentazione della realtà così com’è.

Il celeberrimo Bar de Le Folies-Bergère ci mostra entrambe le facce della medaglia: il bancone offre la gioia di vivere, lo specchio riflette i lampadari di cristallo e il locale affolato di Signori con a Tuba lucida e Signore coi guanti. Ma lo sguardo teneramente malinconico della ragazza ci rivela la sua rassegnazione, sa che quelle bottiglie di Champagne non saranno mai destinate a lei.

Edouard Manet- il bar de Le Folies Bergère di Edouard Manet (1881/82, National gallery di Londra)

Le avanguardie del primo 900 sono un momento magico nella storia dell’Arte, che si libera e corre esplorando mille direzioni. L’osservazione della realtà non si ferma e il cubismo indaga gli oggetti quotidiani abbattendo il tabù della prospettiva e cercando la simultaneità dei punti di vista. È come se una bottiglia e un bicchiere fossero di volta in volta disegnati su dei veli trasparenti, prima da davanti, poi da sopra, poi da sotto, da destra e da sinistra, poi questi veli fossero sovrapposti l’uno sull’altro sulla tela. tutto è davanti ai nostri occhi, contemporaneamente, annullando il Tempo.

Se la forma delle antiche anfore vinarie romane era pensata per poter essere facilmente impilabili nelle stive delle navi, La vite e il vino continuano ancora oggi a stimolare artisti e a suggerire forme, in un divenire continuo, siamo consapevoli sempre più che il vino non è solo un alimento, ma un pilastro della nostra cultura.

Ringrazio la Cantina Guado al Melo di Bolgheri ed in particolare Annalisa Motta che vi ha creato e cura incessantemente un ricchissimo museo del vino, da visitare assolutamente. Grazie per avermi fornito alcune immagini e preziose informazioni. Interessante è la restaurata Vigna di Leonardo da Vinci a Milano, anch’essa visitabile. Leonardo, si è scoperto, beveva una Malvasia di Candia come quella ancora oggi coltivata sui colli piacentini. I vini passiti erano molto apprezzati all’epoca e, per la capacità di conservarsi più a lungo, commerciati in tutto il mediterraneo.

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Sono nato a Firenze il freddo 8 Febbraio del ’63. Sono di quelli battezzati in Battistero, ma più che l’acqua, temo abbiano influito su di me i fantasmagorici mosaici sopra la mia testa. Per tenermi buono da bambino bisognava darmi un foglio e una matita. Dopo gli studi d’arte e un po’ di università ho fatto per 20 anni il ceramista e il designer. Ora Pittore, Designer, mi occupo anche di Eventi Culturali e di Arti Inclusive. Sono stato definito un Visionario e l’ho trovato un complimento bellissimo. La mia creatività è spinta dalle mie imperfezioni e da quegli inciampi che la vita ci riserva, ma che mi hanno permesso di avere uno sguardo più accogliente e attento. Sono qui perché credo che l’Arte offra a tutti noi uno spicchio di felicità possibile.

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