1.344 views 10 min 1 Comment

“Notre-Dame de Paris” di Victor Hugo #BL LIBRI


Questa settimana BL LIBRI si occuperà di un grande classico internazionale.

Gli avvenimenti di cronaca della scorsa settimana ci hanno fatto riflettere non poco e quindi, abbiamo ritenuto opportuno dedicare lo spazio di questa rubrica al libro che ha reso ancor più celebre e mitica la Cattedrale di Notre-Dame di Parigi.

Innumerevoli sono i libri che hanno come sfondo la cattedrale gotica, ancor di più sono le trasposizioni cinematografiche. Indubbiamente il fascino artistico del sito UNESCO sono note ai più: è un po’ come parlare di una persona familiare, qualcuno che tutti conoscono.

Negli scorsi giorni s’è parlato ampiamente di Notre-Dame come simbolo della cristianità, dell’occidente, della Francia tutta e dell’Europa Unita. Affermazioni valide che però profumano di nazionalismo e di ancien régime inserite in un contesto storico come il nostro in cui si ha nostalgia di vecchie orribili attitudini campaniliste di cui il cittadino moderno potrebbe farne a meno.

In virtù di tutto quello che si è letto nei post e si è blaterato ampiamente nei peggiori salotti della tv, a scanso d’equivoci, vi dimostreremo come il romanzo che porta il nome della celebre chiesa, invece, dirige gli umori del lettore verso un amabile intreccio narrativo che è inno alla diversità e al rispetto.

Correva l’anno 1831.

Aveva 29 anni il suo autore quando scrisse questo libro.

Victor Hugo.

Notre-Dame de Paris

I grandi eventi della storia hanno conseguenze imprevedibili”

da Notre-Dame de Paris

LA TRAMA

Il romanzo è diviso in undici libri. L’autore descrive minuziosamente molti fatti accaduti in una Parigi bassomedioevale. Luigi XI è il re di Francia.

Il tutto ha inizio con una carnevalesca festa definita appunto “Festa dei Folli”. Il popolo si ritrova a dover eleggere il papa dei folli. L’evento, dal sapor di baccanale mondano, si trasforma in una gogna per il meschino Quasimodo: il campanaro deforme della cattedrale.

Irriso ed umiliato il povero Quasimodo fortunatamente viene messo da parte in quanto nella piazza sottostante Notre-Dame, l’avvenente zingara Esmeralda ha iniziato il suo spettacolo di danza assieme alla sua capra.

Tutti bramano la bellissima gitana quindicenne. Uno fra tutti l’arcidiacono della cattedrale: Claude Frollo. Il reverendo allupato inoltre è il padre putativo del campanaro deforme.

Ma non è l’unico a volere le grazie della bella Esmeralda: Pierre Gringoire. Lo squattrinato librettista di opere teatrali noiose che, suo malgrado, osa entrare alla Corte dei Miracoli, un accampamento gitano pericolosissimo, dove viene catturato e condannato dalla comunità, ma liberato da Esmeralda con un matrimonio lampo.

Le vicende si contorcono alimentate dalla gelosia pazza del prelato Frollo che tenta di rapirla. Soltanto con l’intervento dello sciupafemmine Phoebus, Esmeralda si salva e si innamora perdutamente del suo salvatore.

Frollo torna all’attacco e pugnala alle spalle Phoebus. Non contento fa ricadere la colpa sulla giovane zingara che viene arresta e sotto tortura ammetterà crimini mai compiuti.

Mentre viene portata sul patibolo, nel momento in cui il corteo dell’esecuzione passa davanti alla cattedrale di Notre-Dame, Quasimodo, anch’egli innamorato perdutamente della gitana (per un semplice gesto di pietà che lei gli aveva mostrato solo poco tempo prima), si cala dalla balaustra della cattedrale e la porta in salvo all’interno dell’edificio, consapevole dell’impunità a cui avevano diritto tutti i condannati rifugiati tra le mura sacre delle chiese, diritto che nemmeno il parlamento poteva violare.

All’interno della Cattedrale Quasimodo ed Esmeralda si conoscono meglio ed il campanaro ha modo di far scoprire alla gitana gli angoli suggestivi di Notre-Dame.

L’idillio si consuma brevemente poiché la comunità gitana tenta di entrare nella cattedrale.

Il gesto degli zingari viene recepito dai parigini e dal re come un atto di ribellione e si susseguono attimi di guerrillia urbana. Nel tafferuglio il viscido Frollo cattura di nuovo Esmeralda, tentando, di nuovo, di costringerla ad amarlo. All’ennesimo rifiuto l’arcidiacono la sbatte in un antro oscuro per peccatori ove la prigioniera conosce una donna che volontariamente si era rinchiusa. La donna in realtà era la madre biologica che quindici anni prima aveva subito il rapimento della figlioletta da parte degli zingari che la scambiarono con un neonato deforme. Il quadro è completo, ma aimèle guardie ammazzano la madre, impiccano Esmeralda in piazza e mentre avviene l’uccisione pubblica della bella Esmeralda, su una guglia della cattedrale Frollo viene spinto giù da Quasimodo.

Il romanzo si conclude tragicamente con Quasimodo riverso sul cadavere di Esmeralda. Si lascia morire per raggiungerla nell’oltretomba. La scena, denominata significativamente Il matrimonio di Quasimodo, viene così descritta:

«[…] si trovarono fra tutte quelle carcasse orrende due scheletri di cui uno teneva l’altro stranamente abbracciato. Uno dei due scheletri, che era di donna, aveva ancora qualche brandello di veste di una stoffa che era stata bianca, e gli si vedeva intorno al collo una collanina di semi di azedarach con un sacchettino di seta, ornato di pietre verdi, aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così scarso valore che il boia probabilmente non aveva saputo che farsene. L’altro, che teneva il primo strettamente abbracciato, era uno scheletro d’uomo. Si notò che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole, e una gamba più corta dell’altra. Non presentava d’altronde alcuna frattura vertebrale alla nuca, ed era evidente che non era stato impiccato. L’uomo al quale era appartenuto quello scheletro era dunque venuto in quel luogo, e lì era morto. Quando si volle staccarlo dallo scheletro che stringeva, andò in polvere.»

LA RECENSIONE

Ricordo la mia riluttanza, nei primi anni 2000, quando la mia docente di letteratura ci propinò questo sproporzionato mattone della letteratura francese. Ricordo assai più chiaramente lo stupore positivo di quando lo ultimai. Notre Dame de Paris è un capolavoro indiscusso che convince anche i più pigri lettori. La trama ha un che di colossal cinematografico: un intreccio d’eventi avvincentissimo che affama il lettore nelle sue pagine.

Hugo ha scritto uno dei romanzi che ha dentro delle tematiche ancora valide: lo stigma nei confronti della popolazione Rom, gli abusi di potere e, soprattutto, la paura del diverso e delle diversità.

Inoltre nessun personaggio esce dal libro con chiare e distintive polarità buono/cattivo. Anche l’odiatissimo Frollo in realtà è stato l’unico ad accettare il deforme Quasimodo ed essere la sua “famiglia” ; la bella Esmeralda, per quanto raggirata senza dubbio alcuno, in realtà si innamora dell’uomo sbagliato, l’arciere Phoebous, che la vuole usare come un giocattolo e lei ci sta!

Paradigma di questa ambivalenza è il suo scenario: la cattedrale di Notre-Dame.

Il romanzo e la chiesa aprono a riflessioni sul carattere umano di come ogni persona possa macchiarsi di odio con molta facilità.

Nel 1831 la popolazione tutta detestava non solo la cattedrale ma tutte le chiese gotiche poiché erano il simbolo dell’oscurantismo e della superstizione. Il contesto culturale di Hugo imponeva la secolarizzazione e l’abbandono degli edifici religiosi: l’illuminismo aveva pervaso la cultura francese. All’epoca della pubblicazione la chiesa “simbolo” era un rudere inabitato in forte declino. Fu proprio l’esordio letterario stupefacente di Victor Hugo a riabilitare Notre-Dame e a convincere i francesi a restaurarla.

È vero anche che, da quella restaurazione ad ora, pochi sono stati gli interventi di conservazione.

A chi pensa che Notre-Dame sia il simbolo di una unità opprimente ed omologante, alla luce di quello che è il romanzo omonimo e della natura architettonica della cattedrale stessa penso, sì, che la cattedrale sia uno dei simboli d’Europa, ma perchè lo stile gotico ha rappresentato la novità europea del medioevo, che era di solo predominio romano. Coinvolgendo per la prima volta, le maestranze e le popolazioni periferiche del Sacro Romano Impero, quei liberi uomini e quelle libere donne che fino a quel momento erano cittadini di serie b, finalmente hanno potuto dare impulso all’umanità e alla cultura Europea.

“Per ognuno di noi, esiste un certo parallelismo tra intelligenza, costumi e carattere, parallelismo che si sviluppa in modo continuato e non si spezza se non di fronte alla grandi perturbazioni della vita.”

Victor Hugo
<hr>Condividi:
- Published posts: 520

Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

Twitter
Facebook