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Quali implicazioni psicologiche per i disturbi alimentari in lockdown?

- 22/04/2020
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I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione si caratterizzano per comportamenti inerenti l’alimentazione che hanno come risultato un alterato consumo o assorbimento di cibo e che compromettono in modo significativo il funzionamento psicosociale o la salute fisica di chi ne è affetto.

Il costrutto di disturbo mentale è oggi particolarmente analizzato e delineato nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM – 5). Esso è inteso come un quadro caratterizzato da difficoltà cognitive, disregolazione emotiva o del comportamento, a cui è associata una significativa sofferenza e inabilità in ambito sociale, lavorativo e in altri importanti settori della vita.

Alla luce di ciò, il disturbo mentale si può delineare come una condizione non rapportabile alla cultura di appartenenza dell’individuo, quanto piuttosto alla sua biografia psicosociale, al disadattamento sociale, e alla sofferenza percepita da chi ne è coinvolto e dal suo entourage.

La diagnosi di Anoressia nervosa non richiede più l’assenza del ciclo mestruale. Per la Bulimia nervosa la frequenza media delle abbuffate e delle pratiche di compenso è stata ridotta da almeno due episodi e settimana a uno, per tre mesi consecutivi. E la stessa frequenza è richiesta per le abbuffate nel Disturbo di alimentazione incontrollata.

Le forme incomplete o sottosoglia, in cui non sono soddisfatti tutti i criteri sopraindicati, ricevono l’etichetta diagnostica di “altro disturbo della nutrizione o dell’alimentazione specificato”.

Abbuffate e disturbi alimentari

Il criterio diagnostico dell’abbuffata si caratterizza per il mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo maggiore rispetto a quella che mangerebbero le altre persone in circostanze simili e con la sensazione di perdita di controllo durante l’episodio; molto spesso ciò che induce all’abbuffata è un evento emotivo avverso, la restrizione calorica, la disinibizione da alcol o altre sostanze stupefacenti, la rottura di una regola alimentare.

La grande maggioranza delle persone che si abbuffano non ha un “disturbo alimentare”, quando tali abbuffate sono occasionali piuttosto che frequenti, non causano danni fisici e la qualità di vita delle persone non è compromessa.

Il nucleo psicopatologico ha la sua influenza maggiore sulle abitudini alimentari, poiché i soggetti con disturbo alimentare hanno una valutazione di sé centrata principalmente su peso, forma corporea e sulla propria capacità di controllarli. Ciò risulta dai sostenuti ed estremi tentativi di limitare l’ingestione del cibo (restrizione dietetica cognitiva), eccetto per il Disturbo da alimentazione incontrollata, sottoponendosi a ferree regole alimentari, finalizzate a limitare la quantità del cibo ingerito.

Queste regole riguardano il quando, il quanto e il cosa si deve mangiare; l’alimentazione diventa quindi inflessibile e limita fortemente la qualità di vita del soggetto e del suo entourage.

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I tratti di personalità comuni tra chi soffre di disturbi alimentari

Tra i tratti di personalità particolarmente comuni nei soggetti con disturbo alimentare troviamo il perfezionismo e la bassa autostima; le caratteristiche depressive sono particolarmente diffuse in chi si abbuffa, mentre i sintomi dell’ansia sembrano essere presenti nei soggetti con restrizione alimentare.

Nei pazienti sottopeso i sintomi ossessivi sono una conseguenza molto comune della restrizione alimentare, così come i comportamenti auto-lesionistici e, sempre più spesso, tra i giovanissimi, si assiste ad un uso concomitante di abuso di alcol e stimolanti.

I disturbi dell’alimentazione sono infatti disturbi psichiatrici con importanti manifestazioni psicopatologiche ed un’alta frequenza di complicanze mediche: è quindi necessaria una collaborazione tra diverse figure professionali che si occupino in modo integrato di questi diversi aspetti.

Per la cura dei disturbi dell’alimentazione è importante rivolgersi a centri specialistici che si occupano specificatamente di questi problemi.

L’approccio più efficace per il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è quello multidisciplinare e integrato.

Una corretta diagnosi differenziale permette di capire se si soffre di un vero e proprio disturbo dell’alimentazione e di ricevere indicazioni corrette sul trattamento da seguire attraverso tutte le valutazioni specialistiche necessarie (psicologiche, psichiatriche, internistiche e nutrizionali).

Disturbi alimentari e Covid-19

Nelle persone con disturbo alimentare e altre comorbilità psichiatriche (come Depressione clinica, Disturbi d’ansia, Disturbo ossessivo compulsivo, Disturbo da stress post-traumatico e Disturbo da abuso di sostanze) la ruminazione, la preoccupazione e l’ansia innescate dalla pandemia COVID-19 possono accentuare la gravità della condizione di comorbilità, che spesso interagisce negativamente con la psicopatologia del disturbo dell’alimentazione.

Inoltre le persone sottopeso con disturbo dell’alimentazione possono essere esposte a un maggior rischio di complicanze mediche associate a malnutrizione.

In un articolo pubblicato su Psychology Today da Riccardo Della Grave, Direttore scientifico di A.I.D.A.P., Associazione Italiana dei Disturbi dell’alimentazione e del peso, e Responsabile dell’Unità di Riabilitazione nutrizionale della Casa di cura Villa Garda, in provincia di Verona, si evince che le persone con Disturbo alimentare hanno un alto rischio di ricaduta o peggioramento della gravità del loro disturbo.

Alcuni dei meccanismi di causa-effetto individuati riguardano:

  • la limitata possibilità di praticare attività fisica può aumentare la paura dell’aumento di peso e della conseguente restrizione alimentare;
  • la coabitazione forzata con i familiari può accentuare le difficoltà interpersonali che possono contribuire al mantenimento della psicopatologia del disturbo dell’alimentazione;
  • l’ingente disponibilità di scorte alimentari può essere un fattore scatenante per gli episodi di abbuffata in chi soffre di Bulimia nervosa o di Disturbo da alimentazione incontrollata;
  • l’isolamento a casa può incrementare l’isolamento sociale, con un ulteriore aggravamento dei deficit interpersonali riscontrabili in questi pazienti, oltre che una maggiore esposizione all’utilizzo dei social media e di internet.

La relazione terapeutica rappresenta lo strumento elettivo in questa situazione di emergenza, come allenamento al coping, connessione con l’altro e veicolo di speranza individuale.

articolo a cura della Dott.ssa Corinna Campanelli
Psicologa, Psicoterapeuta esperta in Disturbi Alimentari
Centro ABC

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