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Barbero e le differenze strutturali delle donne: non è “biologia”, è patriarcato.

- 24/10/2021


Ogni settimana una minchiata (in tutti i sensi) diversa. E so che la mio opinione sarà ancor più impopolare, visto il fan-atismo delle persone nei confronti del professore.

La settimana scorsa abbiamo parlato delle scuse intrise di pinkwashing di Montemagno, dopo una sparata colossale sulle donne che decidono di spogliarsi online, in questa invece abbiamo Sir. Alessandro Barbero che invece riesce con la sua popolarità ad atterrarci, ostacolare la nostra lotta alla parità con le sue parole superficiali.

Capiamo perfettamente che un professore di storia non è poi così tanto preparato con le tematiche di genere e si, ognuno è libero di esprimere la propria opinione. Ma quando una persona come Barbero è coscente del suo livello di popolarità, dovrebbe saper bene quanto le sue parole possano pesare nell’opinione pubblica. Ricordiamoci che è un ottimo divulgatore, una persona che quindi sa che parole usare e in quale contesto.

Per principio non mi metto a parlare di Carlo Magno, se non sono esperta in materia, chiaramente, e vorrei tanto che anche gli storici facessero lo stesso sulle questioni di genere (come anche un insegnante di italiano, ad esempio, non si dovrebbe mettere a parlare di vaccini e così via). Ma purtroppo accade.

Ecco in breve cosa è successo.

In un’intervista alla Stampa, è stato chiesto a Barbero un opinione riguardo alla leadership femminile, ovvero: perché le donne fanno così tanta fatica a ricoprire cariche di potere? L’intervista era in occasione di una serie tre lezioni che ha tenuto a Torino in questi giorni, intitolate “Donne nella storia: il coraggio di rompere le regole”.

La sua risposta è stata, integralmente: “Di fronte all’enorme cambiamento di costume degli ultimi cinquant’anni, viene da chiedersi come mai non si sia più avanti in questa direzione. Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via dicendo, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. È possibile che, in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda. Non ci si deve scandalizzare per questa ipotesi, nella vita quotidiana si rimarcano spesso differenze fra i sessi. E c’è chi dice: “Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore”. Ecco, secondo me proprio per questa diversità fra i due generi.

In sintesi: le donne hanno una diversità strutturale e biologiche che le rendono poco incline a prendere il comando, essendo loro più emotive e gentili. Tutte doti non adatte per chi vuole essere un capo, a differenza della “Aggressività e spavalderia” che è “tipico” maschile.

Ritorniamo sempre al punto: qui si parla di stereotipi tossici sul binarismo di genere. La donna viene considerata il “gentil sesso”, mentre l’uomo è aggressivo. La donna bada i figli e l’uomo porta la pagnotta a casa e così via.

Ma è davvero questo il motivo per cui le donne non dovrebbero essere inclini al potere?

E se invece è il modo in cui viene strutturato il potere che calza a pennello all’uomo in quanto è sempre stato lui a tenere il potere nella società?

E se il potere avesse delle caratteristiche tipiche maschili, gerarchiche e patriarcali, rendendo quindi una donna fuori da ogni logica e dinamica di potere (e per fortuna, direi, a questo punto)? Credo che questa sia la strada da perseguire per iniziare a riflettere. Per iniziare una fuoriuscita dal circolo vizioso del patriarcato.

Molto spesso le persone cercano di smontare il femminismo dicendo che noi pensiamo che gli uomini e le donne siano uguali, ma è un istanza totalmente sbagliata: c’è una grandissima differenza tra parità e uguaglianza, e noi ci battiamo per la prima e non per la seconda.

La parità tra tutti i generi esistenti, che sono molto più di due, e molti più di tre. Nessun* è uguale all’altro.

Ogni persona ha dentro di se un bagaglio emozionale e di skills indipendente dal genere, e se una donna ha le caratteristiche tali da poter assumere il comando potrebbe anche farlo, ma in una società in cui il potere è piramidale e gerarchico. Una donna che raggiunge il potere rispecchierebbe comunque delle dinamiche patriarcali, appropriandosi di tutti i vantaggi di un privilegio che ha sudato per avere.

E quello non sarebbe femminismo, ma una concessione del privilegio a chi non è un maschio bianco e etero (MBE).

Un’altro punto che il professore non ha considerato, in quanto MBE e quindi non incline a certe faccende, è che la donna ha a che fare con un carico consistente di lavoro di cura sulle spalle che l’uomo di default non ha. Un lavoro extra non retribuito che troppo spesso viene messo nelle mani delle donne, sentendosi dunque in dovere di dover spendere il proprio tempo alla cura dei figli e dei genitori anziani, facendo venire meno energie per il lavoro.

Quindi il punto non è tanto avere più donne al potere, ma cambiare il concetto stesso o addirittura sradicarlo, rendendo la società maggiormente orizzontale ed equa.

E se c’è un Barbero di turno che continua a spiegarci perché non raggiungiamo il successo, prendendo anche consensi dall’opinione pubblica, di certo questo processo sarà sempre più rallentato.

Il mio unico consiglio: se non si è preparati per una materia si fa più bella figura nel tacere.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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