Mala tempora currunt sed peiora parantur.
Potremmo riassumere così la fase politica italiana attuale in tema di diritti civili, praticamente in stallo dall’inizio della legislatura.
Con un esecutivo fortemente conservatore è stato inevitabile veder riemergere le rimostranze di associazioni e gruppi a sostegno della famiglia naturale (definizione impropria, ma per intenderci quella basata sul matrimonio tra uomo e donna) la cui esistenza, in assenza di altre istanze meritevoli, è legittimata esclusivamente dalla continua e inopportuna antitesi verso ogni costrutto familiare assimilabile alla dimensione lgbt.
È di ieri la notizia della campagna promossa dalle associazioni Pro Vita Onlus e Generazione famiglia contro le famiglie arcobaleno, che prevede anche il lancio dell’hashtag #stoputeroinaffitto.
#stoputeroinaffitto
Il manifesto, una mefistofelica affissione in cui trionfano tonalità cupe di grigio ed espressioni turpi, mostra due uomini dallo stile piuttosto metrosexual spingere un carrello della spesa nel quale vi è un bambino che piange disperato.
Il vero elemento choc è rappresentato dal codice a barre che bolla il bimbo come se fosse un bene di consumo in vendita sugli scaffali del supermercato, mentre i due uomini non gli rivolgono lo sguardo ma fissano un punto imprecisato nel vuoto.
A corollario di questa scenetta alla Oliver Twist 2.0 c’è la dicitura (tanto banale quanto superflua) “Due uomini non fanno una madre” #stoputeroinaffitto.
La campagna è stata promossa soprattutto in quattro città d’Italia: Roma, Torino, Milano e Napoli.
Il riferimento a queste città non è casuale: “è una risposta decisa a tutti quei giudici e sindaci che, violando la legge e il supremo interesse del bambino, hanno disposto la trascrizione o l’iscrizione di atti di nascita di bambini come figli di “due madri” o “di due padri“.” afferma il comunicato dell’Associazione Pro Vita, che aggiunge: “A novembre toccherà alla Cassazione pronunciarsi proprio su una trascrizione avvenuta a Trento in favore di una coppia di uomini che aveva fatto ricorso all’utero in affitto in Canada.“.
Le reazioni
Non si è fatta attendere la risposta della sindaca di Torino Chiara Appendino, che per prima in Italia ha sostenuto la trascrizione dei bambini nati nelle famiglie arcobaleno come figli di due genitori dello stesso sesso. La prima cittadina di Torino ha twittato a stretto giro, in risposta a Generazione Famiglia garantendo, di fatto, di proseguire sulla strada della trascrizione.
Ma due persone che si amano fanno una #famiglia.
Continuerò le trascrizioni e non smetterò di dare la possibilità a questo amore di realizzarsi.
Un abbraccio @ManifPourTousIt https://t.co/jdt0u9M9N0— Chiara Appendino (@c_appendino) October 15, 2018
Non è mancato ovviamente il sostegno alla comunità lgbt della senatrice Monica Cirinnà, firmataria della legge che ha istituito le unioni civili in Italia dopo un estenuante dibattito parlamentare nel maggio 2016.
“Ancora manifesti contro diritti delle persone” ha tuonato la Cirinnà su twitter “Lo sa Virginia Raggi che esiste il codice etico di #RomaCapitale? Li faccia rimuovere subito e faccia una telefonata a Chiara Appendino per farsi spiegare cosa deve fare un sindaco contro le discriminazioni“.
Il riferimento al codice etico della Cirinnà si riferisce all’articolo 12bis del del Prip 2014 varato dalla giunta Marino, che recita: “È vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso, dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, delle abilità fisiche e psichiche“.
Di codice etico di Roma Capitale parla anche il capogruppo PD del Comune di Roma Giulio Pelonzi, che in una nota ha attaccato gli autori della campagna choc “I provocatori e offensivi manifesti dell’associazione Pro-vita violano il codice etico di Roma capitale e lanciano un messaggio chiaramente di stampo omofobo. Ancora una volta a Roma sono stati affissi manifesti che ledono i diritti delle persone e prendono di mira le famiglie arcobaleno. La sindaca Raggi ne disponga la rimozione e prenda le distanze da chi promuove messaggi equivoci e oscurantisti”.
A supporto della campagna si sono schierati, tra gli altri, Massimo Gandolfini, presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli“, che ha definito l’utero in affitto come “pratica incivile“, e il filosofo Diego Fusaro, che ha parlato di “disumanizzazione del nascituro“.
“Stop Utero in affitto”? Una giustificazione alla propria omofobia.
A due anni e mezzo dall’introduzione della legge sulle unioni civili, nostro malgrado, ci si ritrova a dover sottolineare l’ovvio.
In Italia non vi è alcuna legge che permetta il ricorso alla pratica della gestazione per altri (d’ora in poi gpa) o “surrogazione di maternità“, impropriamente ribattezzata “utero in affitto“, sia per le coppie eterosessuali che omosessuali.
È paradossale che il ricorso alla gpa all’estero per le coppie italiane, stando al sovradimensionato dibattito attorno al tema, sembri una prerogativa esclusiva delle coppie gay. Niente di più falso. Secondo le statistiche su recenti, 7 coppie su 10 che in Italia ricorrono alla surrogazione di maternità sono eterosessuali.
Questo per una serie di ragioni: la gpa è una procedura di per sé molto costosa che può realizzarsi in diverse forme (commerciale o altruistica), ma tra le nazioni europee in cui è permessa sono previste particolari condizioni per il suo accesso, che ne limitano il ricorso ai soli cittadini dello stato in questione e/o a coppie sposate eterosessuali, pertanto ad un numero ristretto di soggetti.
Solo una minima parte di chi ricorre alla gpa in Italia è gay. A conti fatti, poche centinaia di casi l’anno.
Verrebbe da chiedersi perché le Associazioni Pro Vita, nella stigmatizzazione – pur lecita, in ottemperanza del diritto di manifestazione del proprio pensiero – della pratica della gpa mostrino esclusivamente il punto di vista di due uomini nell’atto di “acquisto” di un neonato come se fossero al supermercato, mentre nulla viene detto sulle migliaia di coppie sposate, eterosessuali, che ogni anno si recano negli Stati Uniti, in Canada o in Ucraina per ricorrere alla maternità surrogata.
La questione affonda le radici su due assiomi fondamentali: il primo è trovare un modo per giustificare la propria omofobia, intesa come timore che l’omosessualità possa essere riconosciuta come una variante ininfluente della condizione umana, e il secondo è che l’idea di un dibattito con al centro il desiderio di una madre sterile ed eterosessuale di avere un figlio, oltre a non interessare nessuno, sarebbe di per sé dannosa per la comunicazione pubblicitaria degli enti a favore della famiglia naturale.
Mostrare due uomini impettiti nell’esaltazione suprema del loro egoismo, mentre spingono un carrello con un bambino strappato dalla propria mamma è certamente efficace per alimentare un substrato di malcontento, intolleranza e diffidenza verso gli omosessuali, e instillare nei pensieri dell’osservatore ingenuo l’idea che omosessualità sia una perversione che ribalta le leggi della natura ed alimenta la violenza psicologica verso i bambini.
Associazioni come Pro Vita e Generazione Famiglia, per non parlare di partiti politici il cui seguito è composto da fondamentalisti religiosi dalla visione antistorica della libertà individuale, trovano la loro unica ragion d’essere nella diffamazione ideologica dei propri nemici eletti: gli omosessuali.
Al di là delle banalità che puntualmente ci ritroviamo ad ascoltare nei cosiddetti deliri “straightsplaining“, che così definiscono le affermazioni di soggetti eterosessuali atte a illustrare, raccomandare, “spiegare”, o “insegnare” agli omosessuali la maniera più giusta di vivere la propria vita o manifestare i propri diritti, temiamo che presto o tardi possa farsi strada, nei piani alti della politica italiana, una campagna mirata a delegittimare i diritti finora acquisiti dalla comunità lgbt, oltre ovviamente ad arrestare il dibattito parlamentare sugli obiettivi ancora da raggiungere (su tutti: legge contro l’omofobia e stepchild adoption).
Suonano inadeguate e insufficienti le parole del sottosegretario con delega alle pari opportunità Vincenzo Spadafora (m5s), che oggi al Corriere della Sera assicura di “tenere alta l’attenzione su questi temi e di non arretrare sui diritti acquisiti“.
Il sottosegretario ha anche parlato di “sensibilità culturali molto diverse, a cominciare dai diritti” all’interno della maggioranza, di non tradire l’elettorato e né tanto meno “alimentare un clima di discriminazione verso chi è considerato diverso, immigrati, persone di colore, omosessuali” e infine di “non poter non vedere che esistono le famiglie arcobaleno“.
Rassicurazioni pallide e di circostanza, per un governo che finora continua ha messo in stand by un processo di evoluzione civica cominciato con la Legge Cirinnà e oggi più che mai necessita di essere ripristinato perché tutti i cittadini possano godere dei medesimi diritti e delle medesime tutele.
La settimana prossima, la nostra inchiesta sull’omogenitorialità tornerà a parlarvi dello scenario internazionale e di come cambiano le normative sulla maternità surrogata nel mondo.