Due anni fa i consiglieri comunali di Kraśnik, località a sud-est di Varsavia, hanno adottato una mozione con la quale si dichiarava la piccola città “LGBT free” per soddisfare la frangia più conservatrice e religiosa del proprio elettorato, che in area rurale è composta soprattutto da persone anziane.
La notizia della risoluzione ha fatto il giro del mondo, e oggi, dopo due anni, gli amministratori cittadini cominciano a fare i conti con le conseguenze impreviste di una decisione discriminatoria e lesiva per la dignità umana.
“Lo zimbello d’Europa”
La scelta di chiudere le porte della città alle persone LGBT sta costando caro a Kraśnik, che in due anni ha visto perdere milioni di euro in finanziamenti esteri e ha guadagnato la fama di “città omofoba“, tanto da spingere decine di giovani ad abbandonarla e molte città d’Europa a rompere il gemellaggio culturale con la località polacca: è il caso di Nogent-sur-Oise, città francese con la quale Kraśnik si era impegnata ad agevolare scambi culturali fra studenti.
“Siamo diventati lo zimbello dell’Europa” ha tuonato il sindaco Wojciech Wilk, ammettendo che aver dichiarato la città “LGBT-free zone” ha causato conseguenze negative sulla pelle dei cittadini residenti, che sono ben 35.000. E se gli scambi culturali sembrano bagattelle di poco conto, hanno certamente più peso i dieci milioni di euro che Wilk contava di ottenere dalla Norvegia per finanziare progetti di sviluppo; la stessa ministra degli esteri norvegese aveva dichiarato a settembre che non avrebbe concesso sovvenzioni SEE (fondi stanziati per ridurre le disparità sociali ed economiche all’interno dello Spazio Economico Europeo di cui la Polonia è tra i principali destinatari) alle città dichiaratesi “LGBT-free”.
Lo scorso novembre anche la vicepresidente della Commissione europea responsabile per coordinare le politiche sui valori e la trasparenza Věra Jourová ha avvertito l’UE potrebbe procedere al congelamento i fondi europei per queste zone autodichiaratesi LGBT-free per il mancato rispetto della Carta europea dei diritti fondamentali. Solo pochi mesi prima, la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen si era posta in maniera molto critica sulle zone LGBTQ-free, assicurando che “non trovano spazio nell’Unione“.
Amare conseguenze
Alla base del concetto di zona LGBT free c’è la volontà di “tenere fuori l’ideologia LGBT” dal comune, un termine usato dai conservatori per descrivere idee e stili di vita che considerano “minacciosi per la tradizione polacca e i valori cristiani”.
Quella che sembrava, però, una manovra per consolidare il proprio consenso popolare tra l’elettorato cattolico e di destra sulla pelle delle persone LGBT si sta rivelando un pericoloso boomerang per gli abitanti di Kraśnik, che nel frattempo hanno trovato i modi più fantasiosi per discriminare gli abitanti non conformi ai propri valori tradizionali.
Come racconta infatti Cezary Nieradko, uno studente di 22 anni che si definisce “l’unico gay dichiarato” di Kraśnik al New York Times, il suo farmacista locale ha rifiutato di riempire la sua ricetta per un farmaco per il cuore. Cezary è stato costretto a trasferirsi nella vicina città di Lublino, che definisce “più open minded“, anche per potersi curare senza problemi.
Sempre il NYT parla di Jan Albiniak, il consigliere di Krasnik che ha proposto la risoluzione. Albiniak ha detto di non avere nulla personalmente contro i gay, che ha descritto come “amici e colleghi”, ma che il suo obiettivo fosse di “voler contenere idee che disturbano il normale funzionamento della nostra società” e di aver stilato la mozione dopo aver visto un video online di attivisti per i diritti dell’aborto che protestavano contro alcuni credenti in Argentina. Sebbene ciò non avesse nulla a che fare con L.G.B.T. problemi o in Polonia, il signor Albiniak ha detto che il video mostrava “manifestazioni di comportamento demoniaco” che “dovevano essere fermate“.
Albiniak ha formalmente rifiutato di ritirare la risoluzione per non cedere al “ricatto da parte di stranieri che minacciano di trattenere i fondi”. “Se voto per l’abrogazione”, ha poi spiegato, “voto contro me stesso”.
Il sindaco: “La risoluzione va abrogata”
Ora l’obiettivo del sindaco Wilk è di fare marcia indietro sulla risoluzione: “La mia posizione è chiara: voglio che questa risoluzione venga abrogata“, ha detto, “perché è dannosa per la città e i suoi abitanti“. Ma il consiglio comunale di Krasnik, composto da 21 membri, dopo aver votato l’anno scorso contro l’abrogazione, ha recentemente respinto l’appello del sindaco per ripetere il voto.
In ballo ci sono preziosi fondi stranieri per finanziare autobus elettrici e programmi per i giovani, che sono “particolarmente importanti” perché la città, che chiude le porte non solo alle persone LGBT ma anche politiche di inclusione e tolleranza, sta perdendo il suo futuro.
Ciò però non sembra interessare a gente come Jan Chamara, un ex operaio edile di 73 anni, che ha ammesso al NYT che preferirebbe vivere “con una dieta di sole patate” piuttosto che cedere alla pressione economica dall’esterno per abrogare la risoluzione. “Non voglio i loro soldi”, ha detto il signor Chamara, che ha riferito di non aver mai visto persone gay a Krasnik, ma riteneva comunque che fossero necessarie precauzioni. “Sopravviveremo”.
Queste sono le conseguenze di mettere a repentaglio valori non negoziabili come la dignità umana.