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Mario Paciolla e le dimissioni del ministro della difesa colombiano Botero

- 07/09/2020


Mario Paciolla aveva trentatré anni, era un volontario delle Nazioni Unite per cui si occupava di supervisionare l’attuazione dell’accordo di pace tra le Forze Armate Rivoluzionare della Colombia (FARC) e il governo colombiano.

Mario non si è suicidato

Erano le 19.40 italiane del 15 luglio quando un avvocato colombiano chiama la sua famiglia in Italia: «Vostro figlio è stato trovato senza vita. Crediamo si sia suicidato», ma qualcosa non torna.

La madre Anna Motta racconta «mio figlio era terrorizzato: negli ultimi sei giorni non faceva che mostrare la sua preoccupazione e inquietudine per qualcosa che aveva visto, capito, intuito.» Il suo contratto sarebbe dovuto terminare a fine agosto ma Mario aveva comprato un biglietto per il 20 luglio per tornare a casa, biglietto aereo che non ha mai potuto utilizzare.

Parenti e amici dall’Italia si mobilitano, chiedono di poter sapere la verità, rifiutando l’ipotesi del suicidio. In Colombia la giornalista, attivista per i diritti umani ed amica di Mario, Claudia Julieta Duque intraprende un’inchiesta per comprendere quanto accaduto realmente, dato che era a conoscenza del clima di paura in cui viveva il volontario.

Lo striscione posto sulla facciata del Comune di Napoli per chiedere giustizia per Mario Paciolla, il volontario Onu napoletano morto in Colombia, 18 luglio 2020. ANSA / CIRO FUSCO

Nell’ultimo articolo pubblicato sul quotidiano colombiano El Espectador, la giornalista investigativa trova una possibile risposta al perché dell’assassinio di Paciolla: aveva partecipato in prima persona nella costruzione del report che ha portato alle dimissioni del ministro della Difesa Guillermo Botero.

Il rapporto Onu e le dimissioni di Botero

Il report denunciava quanto avvenuto il 29 agosto 2019, a San Vincente del Caguán, quando i caccia delle Forze Aeree colombiane bombardarono l’accampamento di Rogelio Bolivár Cordova, comandante delle cellule dissidenti della Farc – gruppi che non hanno accettato il disarmo sancito dagli Accordi di pace del 2016.

Nel campo si trovavano molti minorenni reclutati contro la loro volontà e di cui la loro morte era stata inizialmente tenuta segreta. Essendo stata classificata come un’operazione beta, era stata autorizzata dalle più alte autorità del governo colombiano e definita dal presidente della repubblica Ivan Duque Marquez «meticolosa» e «impeccabile».

Passano i mesi e all’inizio del novembre 2019 il senatore Roy Barreras chiede spiegazione sull’accaduto al ministro della difesa in carica costretto a dimettersi nonostante il suo ministero fosse abituato all’impunità. L’evento cruciale porta a un’ondata di proteste – ancora in corso – e allo sciopero nazionale contro il governo a cui hanno aderito molte sigle sindacali, organizzazioni studentesche, ambientaliste, femministe, Lgbtqi e indigene. Per settimane è stato schierato l’esercito nelle città ed istituito un coprifuoco.

Sudamerica, scontri e proteste anche in Colombia. FOTO | Sky TG24

Chi ha parlato?

Claudia Julieta Duque - Giornalistitalia
La giornalista Claudia Julieta Duque

La denuncia di Barreras che ha scoperchiato questo vaso di pandora è stata possibile grazie a un report riguardante le vittime minorenni redatto proprio dalla missione di cui faceva parte anche Mario Paciolla.

Le informazioni erano riservate e, secondo la giornalista, sono state rese pubbliche a causa di una lotta di potere interna alle Nazioni Unite, azione che ha messo a rischio la vita di numerosi osservatori.

Nella ricostruzione sempre più dettagliata della Duque si individuano anche tre personaggi importanti nella comprensione degli eventi: il direttore dell’area di Verificazione della Missione Onu in Colombia, Raúl Rosende, colui che avrebbe diffuso le notizie senza l’approvazione di Carlos Rúiz Massieu, capo della Missione perchè sembrerebbe vicino all’attuale governo. Il consulente e capitano della Marina, in pensione, Ómar Cortés Reyes, anch’egli individuato come soggetto che ha diffuso dati e il responsabile della sicurezza della Missione di Verifica a San Vincente del Caguán, Christian Thompson, in contatto con Mario Paciolla e primo ad arrivare sulla scena del crimine, poi manomessa.

Ci sono ancora domande a cui rispondere ma la vicenda narrata dalla giornalista spiegherebbe anche la richiesta di trasferimento del volontario inoltrata nel gennaio 2020. Come ha raccontato la madre, Mario non tollerava missioni non giuste.

Fonti: Il Manifesto, Il Post, Repubblica.

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