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Bearity Fair: In Cina ti censuro senza muro


Quanto siamo dipendenti da internet?

Quanto ci ha influenzato individualmente e collettivamente? Se dovessimo mettere su una bilancia i pro e i contro di questo veicolo, quale lato penderebbe di più?

Probabilmente sono alcune delle domande che la la Repubblica Popolare Cinese, attraverso il Partito Comunista, si è posta.

Ed è una domanda che anche io mi pongo regolarmente, sforzandomi ancora di più comprendere quanto sia ingiustificabile un Governo che si arroga il diritto di filtrare le notizie proveniente dal resto del mondo, edulcorando le App social ed epurando via etere identità scomode, come gli omosessuali e chiunque appartenga al mondo glbt.

Sono almeno 10 anni che la Cina lavora per “debellare” la fastidiosa contaminazione della cultura occidentale, ritenendola dannosa per il Regime, e giustificandola con una necessità di rendere più sicura la società , apertendo proprio dal mondo digitale.

Sono state clonate le Piattaforme che tutti noi conosciamo quali : Facebook , Twitter, Google, You Tube trasformandole in  Qzone, Weibo, Baidu, Youku.

Raffronto tra social network e piattaforme tra Cina e resto del mondo. Tratto da adamcogan.com

In pratica esse svolgono la stessa funzione delle originali e la necessità di avere contatti sociali viene esaudita, ma i server vengono gestiti direttamente in loco, quindi la gestione dei dati non solo è più immediata ma anche più diretta, non dovendoli chiedere all’Estero.

C’è stato un momento in cui si riusciva ad aggirare il problema utilizzando dei VPN (Virtual Private Network) ovvero dei ponti digitali che attraverso un software permettevano di navigare connettendosi a punti di accesso sparsi per il mondo, ma le autorità hanno deciso di dare un ulteriore giro di vite inasprendo le pene per chiunque intendesse:

 …utilizzare Internet per creare, replicare, recuperare, o trasmettere informazioni che incitino la resistenza alla Costituzione RPC, leggi o regolamenti amministrativi; promuovere il rovesciamento del governo o sistema socialista; minare l’unificazione nazionale; distorcere la verità, diffondere voci, o distrugge l’ordine sociale; o fornire materiale sessualmente suggestivo o incoraggiare il gioco d’azzardo, violenza, o omicidio. Agli utenti è vietato impegnarsi in attività che danneggiano la sicurezza delle reti informatiche e di utilizzare le reti o modificare le risorse di rete senza approvazione preventiva.

Un ragazzo, per citare un esempio, è stato condannato a nove mesi di carcere per aver fatto “propaganda gay” sul twitter cinese. La pena poteva arrivare fino a tre anni!

Un esempio della censura? Se ricerchiamo con Google “Tienanmen”, immediato è il rimando alla protesta di massa, denominata incidente del 4 giugno in Cina, con l’immagine dell’uomo davanti ai carri armati in primo piano, mentre se si digita la stessa parola su Baidu, con la ricerca in lingua cinese, non troveremo nulla riguardante la ribellione a favore della democrazia, né tanto meno l’immagine sopracitata; la ricerca in inglese mostrerà dei siti occidentali, una photogallery della BBC.

Ciò che verrà menzionato con Baidu saranno semplicemente riferimenti di natura architettonica e turistica della grande piazza.

Se mi soffermo a pensare che anche grazie al Web, a Facebook, durante la Primavera Araba, la gente riuscì a mostrare, fuori da quel contesto, ciò che spesso veniva oscurato, le violenze e le brutture di un regime, e se insieme valutiamo che proprio quella gente riuscì a sollevarsi creando una rete di contatti, andrà da sé che la comunicazione via etere, se ben utilizzata , se non manipolata e filtrata, può essere un grande risorsa.

Proprio per questo un nutrito gruppo di persone ha creduto fosse necessario ribellarsi a chi voleva controllare la loro vita e far tacere le loro voci.

Su Weibo, il Twitter cinese, è arrivata una pioggia di hashtag al grido di :#SonoGay e #SonoIllegale, si parla di milioni di rimandi.

Attivisti Gay in Cina (fonte: The Economist)

Questa iniziativa di fatto ha ottenuto un retromarcia istituzionale, riuscendo a far eliminare, dal contesto di una legge contro la pornografia, l’accomunanza con l’omosessualità.

Un’ illazione che sul piano della realtà non trova nessun appoggio, soprattutto dopo che , purtroppo solo nel 2001, <questa pratica decadente importata dall’Occidente>, è stata eliminata dalla lista delle malattie mentali.

Leggere di queste lotte, ascoltare le storie di chi si batte per aver riconosciuta la propria dignità, ci deve far fissare bene in mente che la libertà di esprimerci nell’ambito di ciò che attiene strettamente la nostra sfera personale, di ciò che non intacca la libera prosecuzione della vita altrui, non è passibile di rivisitazione da parte di terzi.

Nessuno dovrebbe decidere entro quali confini possa muoversi l’altro; un concetto valido che mi piacerebbe incontrare in ogni forma di relazione , oltre che in ogni forma di governo politico. Bisogna lottare per gli altri, consapevoli che ogni libertà regalata a qualcuno e una libertà che doniamo a noi stessi.

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Nato a Enna il 27/06/1977, ho studiato Scienze del Servizio Sociale alla facoltà di Scienze Politiche, non conseguendo la laurea. Ho lavorato come educatore presso strutture di neuropsichiatria infantile, e ad oggi  lavoro in ambito ferroviario. Amo dipingere,creare con diversi materiali, leggere i movimenti sociali. vivo nella splendida Bologna da 15 anni.

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