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Un piegaciglia per raggirare la censura cinese su TikTok: la ragazza che racconta degli uiguri

- 05/12/2019
cina tiktok musulmani


Ogni persona ha diritto alla libertà di cambiare religione, come pure di manifestare la propria religione o convinzione sola o in comune, in pubblico o in privato, con l’insegnamento, le pratiche, il culto e la celebrazione dei riti.

Articolo 18 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. 

Articolo 19  della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo

Un semplice video tutorial che prima o poi tutti nella vita abbiamo cercato, visto e ascoltato. Un semplice video che invece di insegnarti a piegare le ciglia, ti racconta cosa succede in Cina. Nello specifico cosa succede in Cina ad una minoranza musulmana perseguitata dal regime di Pechino, gli uiguri.

Una ragazza americana di religione islamica di 17 anni sceglie TikTok per parlare e raccontare tutta la verità. Feroza Aziz.

Una combattente che sfida il canale mediatico e la censura cinese per denunciare e sollevare l’attenzione su una situazione sconosciuta ai più. Una condizione di sofferenza nella regione autonoma dello Xinjiang (nord ovest del paese) dove gli uiguri sono rinchiusi nelle carceri o peggio nei campi di prigionia. Un comando di “nessuna pietà” lanciato dal presidente Xi Jinping nel 2014 nei confronti di questo piccolo spicchio della popolazione cinese.

Detenzione illegale, atti intimidatori e violenze che non riescono in alcun modo ad arrivare alle orecchie del mondo poiché bloccati dalla censura del regime di Pechino. L’accesso ai giganti del mondo mediatico (Facebbok, Twitter, Youtube, Google) è vietato ai cittadini cinesi che a loro disposizione hanno, creato dal regime comunista, i propri social Network come TikTok

Proprio attraverso questo canale che permette di creare video Feroza Aziz, di origini afghane, ha protestato contro la repressione dei musulmani uiguri.

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Una condizione di controlli quotidiani da parte della polizia, di riconoscimenti facciali, intercettazioni telefoniche. Campi di “educazione” che esistono dal 2014 dove vengono rinchiuse minoranze di etnia musulmana oltre agli uiguri per la cancellazione questa identità. Dittatura contro il terrorismo, le infiltrazioni e il separatismo da abbattere con ampi di reclusione.

Dagli anni ’90, a seguito della disgregazione dell’Unione Sovietica e il crollo delle Torri Gemelle nel 2001, il governo di Pechino ha intensificato la repressione con una campagna contro la minoranza uigura come una lotta al terrorismo.

Il video su TikTok

Il Video contenente la denuncia, pubblicato un settimana fa, in pochi giorni ha ottenuto milioni di visualizzazioni e oltre 500 mila like, prima di essere oscurato pochi giorni dopo la messa online. La compagnia cinese che gestisce la piattaforma social si è scusata con Feroza Aziz dicendo che si è trattato di un errore di moderazione e anche Eric Han, capo della sicurezza a TikTok Usa, ha assicurato che il video è stato rimosso solo per 50 minuti a causa di un errore del “moderatore” ed è stato ripubblicato appena “un nostro moderatore senior si è accorto dell’errore”. Ma dietro a questa motivazione si celano il proibizionismo di espressione e la violazione all’articolo 19 dei Diritti Umani.

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Gli Uiguri nelle strutture di rieducazione in Cina

Libertà di pensiero, un diritto inviolabile

Satira, denunce, accuse, attacchi e ingiurie sono all’ordine del giorno e oramai attraverso qualsiasi canale mediatico, cartaceo, pubblico. Nessuna censura. Nessun limite. Ognuno ha il diritto di esprimere cosa pensa e renderlo fruibile a tutti. Un metodo oramai per il 20esimo secolo quotidiano, ma non per loro. Non per i Cinesi. Non per Feroza Aziz che per rendere nota una situazione di degrado umano e di sofferenza deve nascondersi dietro ad un piegaciglia. Un video tra i tanti che troviamo scrollando il nostro social preferito ma che in realtà nasce per comunicare raggirando uno status violento di censura e di controllo che impedisce alla verità di arrivare agli occhi e alle orecchie di tutti.

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