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BLACK PHONE _ L’orrore della nostra quotidianità (recensione)

- 05/07/2022
BLACK PHONE (2022) recensione film di Scott Derrickson


La Blumhouse ci presenta BLACK PHONE (2022), un thriller dalle sfumature sovrannaturali ben costruito, capace di tenere alta la tensione fino alla fine, impreziosito da un grande cast. Imperdibile!

Trama _ America, anni ’70. Finney deve subire e sfuggire i continui attacchi da parte di alcuni suoi compagni di scuola, ma anche da parte di un padre alcolizzato le cui azioni gravano sulla sua vita e su quella della sorellina Gwen. Intanto nella cittadina serpeggia la paura nelle strade: da mesi un serial killer, detto il “Il rapace”, rapisce giovani ragazzi. Lo stesso Finney finirà tra le mani dell’ambiguo rapitore e la sorella Gwen attingerà al suo dono (ereditato dalla madre defunta), la capacità di attingere al mondo dei sogni per raccogliere indizi sull’identità del killer e sul luogo dove chiude le sue vittime, in una corsa senza tempo per salvare la vita di suo fratello.

Il trailer italiano del nuovto thriller/horror di Scott Derrickson con un inquietante Ethan Hawke

Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Joe Hill, figlio del celebre Stephen King, questo BLACK PHONE deve la sua riuscita all’esperta regia di Scott Derrickson che i più avranno apprezzato per i suoi precedenti lavori come L’ESORCISMO DI EMILY ROSE (2005), lo spaventoso SINISTER (2012) e l’incursione nel mondo Marvel col primo film dedicato a DOCTOR STRANGE (2016).

Le influenze kinghiane sono innegabili, per quanto Joe Hill tenti di trovare una propria cifra stilistica (da sue precedenti opere è stata tratta anche la serie Netflix LOCKE & KEY), ma è anche vero che questo giovane autore sappia il fatto suo e che riesca a costruire una tensione emotiva e narrativa più che palpabili.

Dal materiale cartaceo Derrickson costruisce un film ad alta tensione, che fin dalle prime immagini immerge lo spettatore in una quotidianità fatta di insidie e mostri che si celano dietro ogni angolo. Nessun luogo pare essere sicuro: dalle aule e i corridoi della scuola, passando per le strade, fino alle mura domestiche.

BLACK PHONE (2022) di Scott Derrickson con Ethan Hawke.
Nella foto: Mason Thames (Finney) e Madeleine McGraw (Gwen), protagonisti del thriller BLACK PHONE (2022)

La violenza esibita (in maniera quasi sistematica, prolungata e feroce) sembra voler denunciare un sistema scolastico e familiare e quindi sociale, del tutto fallimentare, dove i mostri sono i nostri padri, i nostri compagni di scuola, noi stessi.

Paradossalmente lo scantinato dove verrà imprigionato il giovane protagonista (un promettente e bravissimo Mason Thames) sembra essere il luogo più sicuro. Il pericolo è al di là di quella porta che il killer lascerà volutamente aperta più volte, perché il ragazzo sia tentato a disobbedire e quindi tentare la fuga.

Se l’elemento sovrannaturale (il telefono del titolo con cui il protagonista riesce a parlare con le vittime che lo hanno preceduto) fa da motore alla presa di coscienza del giovane Finney; questo non inficia, ma neppure aggiunge quasi nulla a una storia dell’orrore che era già promettente di per sé.
Non fosse stato che lo squillare del telefono viene sentito anche dallo stesso killer, l’espediente narrativo sovrannaturale poteva essere utilizzato come metafora di una maturazione del giovane prigioniero e della sua affermazione come artefice del proprio destino che non subisce più passivamente gli eventi.

Buona parte della riuscita di questo BLACK PHONE sta proprio nella caratterizzazione dei suoi personaggi principali, quindi non solo del giovane Finney, ma anche della sorellina Gwen: la prova attoriale della giovanissima Madeleine McGraw è da applausi, capace di sostenere non poche scene davvero complesse a livello emozionale.

BLACK PHONE con Ethan Hawke
Nella foto un irriconoscibile e ambiguo Ethan Hawke nei panni de IL RAPACE nel film BLACK PHONE (2022)

Menzione speciale poi per la performance di Ethan Hawke nei panni del temibile e ambiguo Rapace. Del suo passato e delle ragioni che lo portino a compiere questi rapimenti non ci viene detto niente, la sua figura ci resta come avvolta da un mistero che accresce il nostro orrore. Il suo volto ci viene quasi sempre celato da una strana maschera scomponibile che il killer decide di cambiare via via che il suo desiderio di punire il ragazzino cresce dentro di lui: la parte inferiore della maschera dapprima non presenta il disegno della bocca che poi verrà sostituito da un ghigno clownesco e deformato per poi passare a un muso che evidenziano il risentimento e la rabbia repressa del nostro aggressore.

La sua recitazione è quindi soprattutto fisica, a tratti teatrale, quasi clownesca (per certi versi ho visto richiami al JOKER di Phoenix, 2019), ma anche animalesca, felina, da predatore che attende pazientemente un passo falso della sua preda. Certamente uno dei villain più interessanti visti di recente nel panorama horror.

BLACK PHONE è una macchina ad orologeria che funziona perfettamente nella sua durata e dissemina terrore e paura con cura e una buona calibratura. Quando eccede (nella violenza esibita di cui parlavamo sopra) lo fa come denuncia di un qualcosa che riguarda noi tutti, invitandoci a riflettere come sia facile passare da vittime a carnefici e come la rabbia e l’ignoranza siano mostri presenti nella nostra quotidianità, che non possiamo ignorare o assecondare.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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