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I DUE PAPI _ Il Bene e il Male della Chiesa (recensione)

- 31/01/2020
I DUE PAPI film Netflix


I DUE PAPI, prodotto e distribuito da NETFLIX guarda dal buco della serratura per rivelare gli uomini che hanno vestito una delle cariche più importanti a livello mondiale. Tra (molta) finzione e (poca) realtà.

L’elezione di Joseph Ratzinger nel 2005.
Otto anni dopo il suo abbandono del papato e la successiva elezione di Bergoglio. Nel mezzo l’intimo scontro tra due personalità che guardano allo stesso Dio, ma dall’animo e dalle idee contrastanti e quasi inconciliabili.

La rinuncia del Papa nel febbraio del 2013 è stato un evento che ha fatto tremare la Chiesa dalle sue fondamenta. Questo ha dato il via a tutta una serie di supposizioni e domande e teorie complottistiche che ancora oggi non sono state del tutto sopite.

Il regista Fernando Meirelles e lo sceneggiatore Anthony McCarten (sue le sceneggiature anche de “LA TEORIA DEL TUTTO” e “L’ORA PIÙ BUIA“) partono da queste premesse per guardare al cuore e alle ragioni di due uomini tanto distanti che sono stati vestiti di un ruolo più grande di loro.

I DUE PAPI film Netflix
Un convincente Jonathan Pryce in I DUE PAPI

Tuttavia, fin dalla prima sequenza, il regista Meirelles pare intenzionato a guardare all’umanità del suo pontefice continentale, al suo essere uomo e cittadino del mondo. Egli diventa simbolo di un paese (il Sudamerica) le cui profonde ferite sono celate dal desiderio di leggerezza, legate a passioni terrene come il calcio o il ballo.

Jorge Mario, prima ancora di diventare Francesco I, ci viene mostrato nel suo essere comune tra tanti, ma volto a un impegno forse più grande di lui, di cui ne avverte il peso; un uomo umile e divertito, facile allo scherno, curioso, ma comunque deciso e forte delle proprie idee.
Jonathan Pryce, attore gallese (visto di recente anche in “L’UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE” di Terry Gilliam) sembra a proprio agio nel vestire i toni scanzonati che celato sensi di colpa e perplessità sul suo futuro pontificato.

Un arcigno Anthony Hopkins in I DUE PAPI

Quello che non funziona però de I DUE PAPI è la caratterizzazione del papa uscente, Benedetto XVI, interpretato con statica bravura da Anthony Hopkins.
La sceneggiatura pare voglia mostrarcelo fin da subito come un personaggio e uomo negativo, avido di un potere che poi non sarà capace di gestire, alludendo quasi che egli abbia ignorato o nascosto l’onta dei casi di pedofilia che sono stati denunciati prima e durante il suo pontificato.

Per quanto si possa accettare una certa licenza poetica e si possa fantasticare che i due uomini possano aver avuto un dialogo/confronto/scontro a più riprese, dove l’uno si confessava all’altro e viceversa, è quasi irritante come si debba necessariamente etichettare l’uno cattivo perché l’altro risulti essere necessariamente buono.

Molto più interessante è guardare all’eterno dilemma di un’istituzione come la Chiesa, incapace di vivere il presente, rafferma in una serie di codici che se da una parte ne conservano la sua sacralità dall’altra la allontanano e la rendono quasi aliena alla società di oggi, multiculturale e multisessuale.


Nel complesso il film risente di un certo andamento didascalico (sopratutto quando ci viene raccontato il passato di Papa Francesco I) e discontinuo, che nel montaggio e nella scelta ardita e divertita di inserire brani musicali come una “Dancing Queen” degli ABBA strizza l’occhio al cinema di Sorrentino.

Incapace di sollevarsi nell’alto dei cieli cinematografici, dove prendono posto i veri capolavori, I DUE PAPI è destinato a perdersi tra tanti film relegati nel purgatorio della televisione.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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