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Il BARRY LYNDON di Stanley Kubrick: il cinema come documento storico

- 24/03/2019


Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato

STANLEY KUBRICK

Kubrick il folle, Kubrick il genio, Kubrick lo scomodo… chi non ha mai sentito parlare almeno una volta di uno dei suoi film!  L’Alex De Large di Arancia meccanica che stupra una donna cantando Singing in the rain, la parossistica crudeltà quasi comica del sergente Hartman in Full Metal Jacket, il silenzio spaziale di 2001 Odissea nello spazio riempito dalle note di Strauss,  il sono il lupo cattivo!” di Jack Nicholson in Shining sono diventate delle pietre miliari del cinema che testimoniano non solo l’immensa portata di Stanley Kubrick a creare delle icone cinematografiche senza eguali che il tempo non ha minimamente scalfito ma anche la sua capacità di ergersi, ancora oggi a vent’anni dalla sua scomparsa, come icona incontrastata del lavoro del regista cinematografico grazie alla sua proverbiale maniacalità spinta a limiti estremi (pare che il ciak su una scena di Shining sia stato battuto 147 volte).

Nonostante abbia avuto una carriera lunga quasi cinquant’anni,  Kubrick ha realizzato solo tredici film, di cui uno, Eyes Wide Shut, uscito postumo. Avendo attraversato gran parte dei generi cinematografici passando dal noir alla commedia, dall’horror al genere storico, dirigendo persino un peplum, Spartacus, nel 1960, i suoi film all’apparenza sembrano molto diversi tra di loro. Ma cosa li rende così omogenei e così riconoscibili al pubblico come “kubrickiani”? Innanzitutto il suo “sguardo” unico ed inimitabile, implacabile, freddo ed a tratti beffardo, come quello di Alex nella prima inquadratura di Arancia Meccanica e la sua ricerca filosofica sull’Uomo considerato dal regista “naturalmente violento”.

Il film che ho scelto è Barry Lyndon, in cui la poetica kubrickiana trova probabilmente la più alta applicazione nel suo film ritenuto più atipico. Scopriamone il motivo.

Redmond Barry e Lady Lyndon in una scena del film

Il secolo dei lumi secondo Stanley Kubrick

Barry Lyndon, tratto da Le memorie di Barry Lyndon di William Makepeace Thackeray, fu realizzato da Stanley Kubrick nel 1975 dopo anni di ricerche, in un lasso di tempo relativamente breve per il regista.

Esso narra di un giovane irlandese di bell’aspetto disposto a tutto pur di scalare l’alta società inglese arrivando persino a sposare una nobildonna. Tuttavia il suo destino si compirà non solo a causa dell’ipocrisia della nobiltà ma soprattutto per l’odio del figliastro, a lungo maltratto e allontanato dalla sua legittima casa.

Mentre Thackeray a suo tempo scelse di narrare le gesta del suo protagonista in prima persona, Kubrick scelse di affidarsi ad un narratore, cercando quel distacco emotivo al pari di un documento storico. L’opera, divisa nettamente in due parti (“Con quali mezzi Redmond Barry acquisì lo stile e il titolo di Barry Lyndon” e “Resosonto delle sventure e dei disastri che accaddero a Barry Lyndon”) per una durata totale di tre ore esatte, è narrata nella versione italiana dai toni ironici e talvolta satirici di Romolo Valli.

Nella prima parte del film Kubrick, ci illustra il Settecento attraverso le gesta Redmond Barry. Nonostante  sia un giovane di umili origini Barry sembra rispecchiare perfettamente il mito dell’illuminismo: ottimista, fermamente convinto delle proprie capacità di uomo ed intraprendente. Dopo aver affrontato in duello un capitano inglese, suo rivale in amore, riesce a farsi arruolare nell’esercito inglese durante la “Guerra dei sette anni” per poi disertare ed essere arruolato di nuovo nell’esercito prussiano per scontare le sue precedenti colpe. Diserterà di nuovo per seguire la via del libertinaggio con lo Chevalier de Balibari.

Ciò che emerge già nella prima parte è come le azioni di Barry siamo mosse dall’istinto e da pulsioni governate dal piacere, in questo senso non molto diverso dal protagonista di Arancia meccanica, che gli consentiranno l’ingresso in un mondo di cui non farà mai parte.

Nella seconda parte i bisogni di Barry di affermarsi finalmente come aristocratico si scontreranno con quelli del figliastro, vero erede del patrimonio dei Lyndon, che distruggerà le sue ambizioni dopo un duello. L’aristocrazia si dimenticherà presto di lui perché accettato solo ipocritamente. L’Uomo e la società, quindi, sono davvero governati dalla ragione?

Una scena del film

Nelle tre ore di pellicola si evince come gli ideali dell’illuminismo siano in fin dei conti irrealizzabili, in quanto sia la libertà che l’uguaglianza saranno sempre subordinati alla natura violenta ed egoista dell’uomo. Tutti i personaggi di Barry Lyndon in qualche modo sono egoisti: lo è Barry nella sua spasmodica voglia di affermarsi ma soprattutto lo è tutta l’alta società inglese del Settecento sempre pronta a chiudersi in sé stessa e ad escludere qualsiasi forma di novità nonostante gli ideali di progresso così in voga all’epoca.

Per Kubrick l’uguaglianza tra le classi è rinvenibile soltanto nella sventura, ad esempio quando Barry e Lady Lyndon perdono per un incidente il figlio nato dalla loro unione, oppure quando Lady Lyndon è costretta a mantenere a vita con un assegno Barry pur non vivendo più nella sua casa, quasi come un monito al resto della sua vita. Ad avvalorare questa tesi l’epilogo posto dal regista alla fine del film: “Fu durante il regno di Giorgio III che i suddetti personaggi vissero e disputarono. Buoni o cattivi, belli o brutti, ricchi o poveri, ora sono tutti uguali.”

Arte pittorica, musica classica e obiettivi “spaziali”: un’esperienza cinematografica senza precedenti

Ci sono diverse grandi pellicole ambientate nel Settecento, come l’Amadeus di Milos Forman o Il Casanova di Federico Fellini, ma nessuna ha la portata storica ed artistica di Barry Lyndon. L’idea di Kubrick era quella di portare sul grande schermo lo spirito di un secolo intero, partendo dalla sua storia, la sua grandiosità, passando per i suoi umori e finendo per parlare inevitabilmente delle sue contraddizioni all’alba della Rivoluzione francese. Il film si conclude simbolicamente nel 1789.

Poiché lo scopo del regista fu quello di creare un’opera quanto più possibile aderente alla realtà del XVIII secolo, riuscì a mettere a punto col direttore della fotografia John Alcott uno stile fotografico basato unicamente sulla luce naturale. Tale innovazione fu applicato eccezionalmente anche per gli interni illuminati solo a candela, con l’ausilio di obiettivi Zeiss Planar 50mm con un’apertura di diaframma pari a f/0.7 progettati dalla NASA per le riprese spaziali. Lo studio dell’immagine e del colore deriva dalla diretta osservazione dei dipinti dei più importanti artisti dell’epoca, in particolar modo Constable, Zoffany e Hogarth. Le eccezionali innovazioni fotografiche fruttarono a John Alcott un Oscar per la miglior fotografia nel 1976.

Altri due Oscar furono consegnati allo scenografo Ken Adam e alla costumista Milena Canonero, allora ventinovenne. Come avvenne per la fotografia, anche le scene e i costumi furono studiati alla perfezione prendendo come spunto non solo i dipinti ma anche stampe e modelli originali d’epoca.

In particolare Milena Canonero, già collaboratrice di Kubrick per i futuristici abiti di Arancia meccanica ispirati in larga parte al mondo della pop art, in una recente intervista ricorda come l’idea di costume in Kubrick dovesse necessariamente convergere verso tutti quegli elementi che componevano il film come ad esempio la lentezza dei movimenti di macchina, lo stile distaccato e descrittivo della narrazione e la continua presenza della musica che riempie quasi tutti i “dipinti” kubrickiani e non quindi una mera riproduzione dell’abito messo sulla scena.

In ultimo  va ricordata la musica, anch’essa premiata con l’Oscar come miglior colonna sonora adattata, in cui spiccano compositori come Händel, Mozart, Paisiello, Bach nonché musica popolare irlandese. Particolarmente funzionale il contrappunto schubertiano durante la scena del bacio tra Barry e Lady Lyndon che si sostituisce al tono distaccato del narratore privando la sequenza di qualsiasi parvenza romantica.

Nonostante Barry Lyndon sia oggi considerato il vertice del cinema kubrickiano insieme a 2001 Odissea nello spazio, esso è stato sempre offuscato da altri suoi titoli, pagando probabilmente la deflagrazione innescata quattro anni prima dallo scandalo di Arancia meccanica. Le regole del mondo patinato in cui si muove Redmond Barry, respingente e pieno di ipocrisia, non sono così diverse rispetto a quello in cui vive Alex De Large ,soggiogato dalla politica e dalla sua stessa famiglia o a quello infernale in cui vivono i ragazzi di Full Metal Jacket, trasformati in assassini “legalizzati” dal sistema.

La critica di Kubrick  resta sempre la stessa, diretta a quelle istituzioni bacchettone, a partire dalla famiglia, fino a coinvolgere intere classi sociali, le quali agiscono seguendo lo stesso impulso violento degli uomini.

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