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“AVANZI” di Giuliano Colantonio (Robin) intervista e recensione.


Questa settimana vi proponiamo un libro coraggioso che destruttura totalmente qualunque cosa voi pensiate sulla letteratura. Inoltre abbiamo avuto l’opportunità di raggiungere Giuliano Colantonio: giovane autore abruzzese.

LA TRAMA

un uomo deforme
diviso in due dall’odio
come neve sulla sabbia
si mostra al mondo
in preda a convulsioni

“Avanzi” è una raccolta di racconti poetici. I racconti sono privi di punteggiatura e si delineano in versi. Il manoscritto è diviso in tre parti e ognuna di esse si compone del medesimo numero di racconti, e precisamente trentatré per parte. 
I racconti sono narrati in prima persona e colui che narra è una persona malata, disturbata, impossibilitata oramai a vivere all’interno della società contemporanea, tanto da chiudersi in una stanza e non uscire più, e racchiude la sua malattia all’interno delle sue visioni.
Le diverse parti del libro rappresentano le singole fasi del malessere del protagonista, quali atarassia, angoscia e odio.
La scrittura, anche se in maniera impercettibile, muta in base al diverso sentimento provato dal narratore, cercando di trasmetterlo al lettore più del contenuto delle singole parole.
Il filo conduttore che lega i racconti è l’esternazione del male di vivere del narratore. I racconti sono gli “avanzi” di un uomo che non si sente più un essere umano, sono le rimanenze di un organismo che è traghettato verso la fine, sono ciò che resta del narratore all’interno della malattia.
Il manoscritto non vuole dare risposte ai grandi dilemmi della vita, non cerca di dare soluzioni alle inquietudini dell’uomo e, molto probabilmente, non lascia spazio a domande. È soltanto la finestra sul mondo di una persona che vede il mondo esplodere.

LA RECENSIONE

Lo ammetto. Ho sempre fatto a cazzotti con la poesia. Ho sempre trovato artificioso confinare nel verso il pensiero.Non è questo il caso…

Quando ho iniziato a leggere “Avanzi – racconti di un giovane agorafobico-” di Giuliano Colantonio, ho avuto una sorta di folgorazione sulla via di Damasco. Nel complesso è un libro facile da divorare, ma costa molta fatica energetica metabolizzarlo. Colantonio riesce a giungere nelle pieghe più buie dell’animo umano. Riesce a rintracciare nelle parole del protagonista la perversa inclinazione umana , di cui tutti sono profondamente dotati, e fissarle nero su bianco. È la discesa in un girone dantesco dove coscienza e desiderio s’intrecciano e a fatica saziano Ludovico, il protagonista. Vi assicuro che è un libro dotato di un super potere: ci pone delle domande intime e profondissime che stentiamo noi stessi a farci e a dar risposta.“Avanzi” è uno specchio, uno specchio rotto dove possiamo riconoscerci in ogni frammento. Ogni frammento è una paranoia. Ogni frammento è una cicatrice. “Avanzi” sembra quasi il film “Spider” di Cronemberg dove si è spettatori del disastro della mente. Vi consiglio vivamente questa lettura senza paracadute.

“Avanzi” è un libro per esperti d’anima.

L’INTERVISTA

“Avanzi” è un esperimento coraggioso, anche per la tecnica letteraria scelta.Cosa ti ha spinto ha scrivere il tuo libro in poesia? 

” Hai ragione a definire “Avanzi” un esperimento coraggioso. Questa fu la percezione che ebbi anche io quando da autore passai, al termine del periodo di scrittura, durato un anno, a essere il primo lettore di “Avanzi”. Non so cosa mi abbia spinto a scrivere in poesia e non so se quello che scrivo sia poesia. A un certo punto, in un determinato istante, in un particolare momento della mia vita, ho accantonato tutto, mi sono ritrovato davanti a un foglio bianco e con una matita in mano, e senza troppo pensarci, ho cominciato a scrivere, tagliando in versi ciò che vedevo.”

 Il libro è tripartito in capitoli che fanno in modo che il lettore scenda nei “gironi danteschi”della mente del protagonista: Atarassia, Angoscia e Odio. Sembrano un po’ le moderne Moire di un animo in totale balia della sofferenza. Cosa ti ha spinto ha scrivere e descrivere gli angoli più oscuri dell’animo umano?

“È bellissima l’immagine dei capitoli di “Avanzi” come le moderne Moire, la personificazione degli stati d’animo di Ludovico, il protagonista. Atarassia, Angoscia e Odio sono i tre passaggi, i tre livelli della sofferenza umana, o almeno questo è quello che il mio sguardo ha percepito.

Nel primo livello troviamo il “dolce” sentire il nulla. Nel secondo livello c’è il dolore, il male di vivere profondo. Nel terzo, il risveglio che passa attraverso la forma di amore più forte che esista, l’Odio.

Alla domanda su cosa mi abbia spinto a scrivere di sofferenza, provo a rispondere così. Tutti coloro che scrivono prendono spunto dalla loro vita, dalle loro esperienze. Scrivono ciò che vedono, e i più bravi, scrivono ciò che vedranno.

Nel mio caso invece, così come è stato per Anna in Menzogna e Sortilegio di Elsa Morante, per Anna che personifica la disperazione che prova, la personifica in un’entità che si manifesta davanti a lei, e quindi, come fu per Anna, così è stato per me con Ludovico, il protagonista del libro. Ludovico si è manifestato nella mia vita e la percezione di esso e di tutto quello che nel libro è scritto è frutto di questa personificazione. Ho visto tutto quello che ho scritto.”

Senza precauzioni e senza informazioni a riguardo sul tuo libro, l’ho letto in maniera fluida lasciando che ogni singolo verso appartenesse al pensiero della voce narrante. Io l’ho immaginato così: un flusso di coscienza crudo d’un malessere profondo che rosicchia l’anima. Qual è, se esiste, un ordine “logico” del tuo romanzo?

“Sì, esiste. È consigliata una lettura lineare, dall’inizio alla fine, dalla prima all’ultima pagina del testo. Ho immaginato “Avanzi”, ed è così che lo vedo, come una lunga poesia, e i “racconti” sono i singoli “versi” che la compongono. Le parole sono legate tra loro, i racconti sono legati tra loro, la prima pagina è legata all’ultima. La lettura lineare porta il lettore nella mente del narratore, il testo appare omogeneo, e forse anche maggiormente comprensibile. Tuttavia, sono convinto che non è possibile legare totalmente la scrittura a schemi di regole rigidi. L’esperienza più bella da lettore è quella di aprire a caso un libro di poesia e leggere, entrare nel mondo del poeta senza rigidità di forma. Ma “Avanzi” racconta la distorsione del mondo vista con lo sguardo di un agorafobico, e l’ossessività della struttura è parte integrante del contenuto del testo. Lo schema rigido è quello che tiene il protagonista chiuso all’interno di una stanza.”

Solo alla fine del tuo libro mi sono reso conto che era orfano di punteggiatura. le pause le ho trovate nei sospiri immaginati. Come mai hai deciso di bandire la punteggiatura?

“L’assenza di punteggiatura è stata una scelta voluta, una scommessa. Ho voluto mettere al centro la parola. Ho cercato di incastrare le singole lettere e le singole parole, in modo da rendere fluida la lettura. Ho cercato di “tranciare” le frasi, così formando il verso, e creando le pause, in modo da non dare affanno al lettore. L’obiettivo era dare l’illusione di una punteggiatura, in realtà inesistente. Spero di esserci riuscito.”

Lampanti sono i rimandi a scene funeste che sono patrimonio comune (o almeno dovrebbero esserlo). Nel capitolo “Odio” m’è rimasto indelebile il brano “Cesare” , ho gradito “Svastica” e sono rimasto affascinato da “Cocaina“. Quali sono le fondamenta di “Avanzi”? i tuoi “avanzi” sono il resto di che cosa?

“I racconti poetici in “Avanzi” sono le rimanenze di un organismo che, all’interno di una stanza chiusa, osserva il mondo. Sono le immagini che vengono proiettati agli occhi del protagonista, e tali immagini, passando dagli occhi, escono dal corpo del narratore come se fossero scorie di se stesso e vengono declinati in versi e scritti su carta. Quali sono i miei “avanzi”? Ti rispondo richiamando uno dei libri più belli che siano mai stati scritti, Cecità di José Saramago, poeta e scrittore portoghese, Premio Nobel per la letteratura, un genio. In Cecità, l’umanità è colpita da una malattia che rende ciechi, una particolare forma di “cecità” che rende impossibile vedere oltre un bianco “candido”, come un velo sul viso. All’inizio del libro, i primi colpiti da questa misteriosa epidemia vengono rinchiusi in quarantena in un manicomio. Lo Stato fornisce loro del cibo, tutti i giorni. Tre pasti al giorno. Vi è, tuttavia, una richiesta da parte dello Stato in cambio del cibo. I ciechi devono distruggere tutto il cibo che non riescono a consumare. Affinché l’epidemia non si diffonda all’esterno del manicomio, i ciechi devono distruggere i loro “avanzi”, tutti i giorni. Ecco. Anche io percepisco un velo sul mio viso, e forse non sono il solo. I miei “avanzi”, forse, sono ciò che resta di me, oltre il velo.

 Si dice che ogni autore abbia una istintiva, grande motivazione che muove la penna sul foglio. Giuliano, perchè hai deciso di scrivere?

“Non so perché io abbia deciso di iniziare a scrivere. So solo che la scrittura è stata il mio salvagente. Ero immerso in una vita già decisa per me, viaggiava lungo una corrente, come in un fiume in piena. Per la prima volta nella mia vita ho avuto la percezione di poter fare una scelta, ho scelto di scrivere, mi sono abbandonato a un’esigenza che sentivo venisse fuori dal mio corpo, lungo le mani fino al foglio bianco. Non so quando durerà, un anno, un mese, un giorno ancora. Ma ora, per me, la scrittura è vita.”

Ma adesso parlaci un po’ di te: fai scoprire ai lettori chi tu sia…

“Mi hai messo in difficoltà. Io sono la cosa meno interessante di me stesso. Sono un giovane, come tanti, appassionato di libri, musica e cinema. Mi sono laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Teramo e poi abilitato alla professione di avvocato. Passo le giornate cercando i buchi necessari per ascoltare musica e leggere. Non vado in chiesa, ma credo nell’esistenza di un Dio. Non ho una fede politica, ma penso che la partecipazione al bene comune sia necessaria. Sono un bianco in un mondo di bianchi. Ho avuto molti privilegi, molte sconfitte, molto amore, e sentito molto dolore, ma non sono stato il primo e sicuramente non sarò l’ultimo. E come i tanti giovani di oggi, aspetto. Aspetto di vedere cosa sarà della mia vita.”

XVII. COME VOI

Come voi ho un volto

ho occhi

orecchie

bocca

braccia

gambe

mani

e come voi ho un intestino

ho polmoni

cervello

cuore

e come voi ho sentimenti

ho amore

odio

felicità

gioia

sofferenza

tristezza

e come voi ho famiglia

amici

e come voi ho fame

e sete

e come voi ho un dio

e come voi non ho un dio

ho un’anima

Diverso da voi ho solo il colore della pelle




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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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