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Perché la Carrà è un icona Transfemminista?

- 07/07/2021


Purtroppo è già noto, e la notizia ha già fatto il giro del mondo proprio perché è di fatto una perdita è globale.

Raffaella Carrà, la showgirl italiana, ci ha lasciat ieri 5 Luglio 2021. Ha lasciat in un mondo in cui c’era ancora tanto bisogno di lei per tutto ciò che ci ha insegnato e tutto ciò che riusciva a promuovere con la sua energia e semplicità, nonostante un periodo storico molto complesso in cui il Partito Comunista Italiano lasciava spazio alla democrazia cristiana: il passato che lasciava spazio alla modernità.

Una celebre frase di Antonio Gramsci dice : “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri”. Nei momenti di grande cambiamento, è vero, possono nascere mostri. Oppure possono accadere meraviglie.

Perché la Carrà, ad oggi, è un icona Transfemminista?

Non ha voluto etichette, non ha cercato di essere qualcunə che non era, è stata una leggenda perché ha faticato e lottato per vivere la vita a modo suo. Forse, dire che Raffaella Carrà era una femminista, o meglio, una transfemminista, può sembrare blasfemo, ma secondo me è addirittura riduttivo. Raffaella Carrà è stata sé stessa e tanto basta. Una donna libera di autodeterminarsi. Un esempio, un’icona.

Molti giornali l’hanno già definita già come un icona gay (un modo poco corretto per dire “icona LGBTQI”) in quanto più e più volte ha difeso omosessualità, normalizzandola in un periodo in cui non era ancora così comune parlarne apertamente e in pubblico. Inoltre, la sua straordinaria modernità, i costumi, le movenze, la scelta delle canzoni ha fatto associare il suo nome e le sue canzoni alle lotte della comunità LGBT+

Basta anche pensare anche alla canzone “Luca” in cui si è parlato di omosessualità in maniera più o meno aperta, iniziando a rompere pian piano quel muro di omertà che aleggiava in Italia negli anni 70.

Ma come ben sappiamo la lotta di liberazione della comunità LGBTQI+ è in stretto contatto con il Transfemminismo e credo sia giusto ricordarla anche per tutto quello che è riuscita a fare per la liberazione (anche sessuale) della donna di per se.

E’ vero: in quel periodo le donne erano alle manifestazioni in piazza a far valere i propri diritti, erano nelle fabbriche, a combattere per l’aborto legale e sicuro, forse non avevano molto tempo per guardare la TV e la radio. Ma la Carrà non usava la sua arte per chi certe consapevolezze le aveva già, bensì per chi era restia nell’accettare la libertà delle donne in generale. E’ riuscita ad entrare nelle case dell’italiano medio (e della famiglia media) scardinando con le sue canzoni i pregiudizi. E lo ha fatto con una dolcissima spontaneità e brillantezza che però ha fatto la differenza.

Molti giornalisti considerano la Carrà come un’artista non ideologica e non conflittuale, ma allora come è riuscita ad insegnarci la libertà? Ecco cosa, da Millennial, mi ha insegnato la Carrà.

Non è una tragedia essere lasciate.

Anche se può sembrare una questione abbastanza frivola se si pensa agli anni 70 (e un po’ anche oggi) in effetti non lo è. Vivendo in una società in cui la donna è in funzione dell’uomo l’essere scaricate da uno di loro era considerata una tragedia: una donna non voluta dall’uomo ha sempre qualcosa che non va. Ad oggi il suo “e se ti lascia lo sai che si fa? Trovi un altro più bello che problemi non ha” è un incoraggiamento per lo più emotivo a superare la rottura, ma allora significava che le donne avevano il potere di scegliere della propria vita sessuale ed amorosa. Nei suoi brani Raffaella Carrà cantava una sessualità libera, autodeterminata, in cui una donna lasciata da un uomo può rifarsi una vita ed essere felice. E amare chi vuole, incondizionatamente, perché “l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu!”.

E’ ok se una donna fa la prima mossa con un uomo.

Ad oggi può sembrare quasi ovvio, ma dobbiamo sempre considerare il periodo storico in cui ha affermato con “[il tuca tuca] l’ho inventato io, per poterti dire che mi piaci, mi piaci, mi pià” che noi donne possiamo tranquillamente fare la prima mossa con un uomo senza per questo essere considerate una poco di buono (che, a mio avviso, non c’è nulla di male) o strane (idem come sopra), uscendo da quella banale dinamica dell’uomo predatore e della donna preda, che è, in effetti, uno degli effetti collaterali della società patriarcale. E siamo noi donne che possiamo scegliere come vivere la nostra vita. Una grande evoluzione che ad oggi non è ancora stata normalizzata del tutto.

Una donna può avere più di un amante.

Come accennato sopra, è purtroppo conosciuta (e la viviamo sulla nostra pelle) la dinamica dell’uomo cacciatore e della donna preda, in quanto la donna deve seguirne lo stereotipo di femmina calma, pacata, accogliente che deve rispettare i ruoli di genere anche all’interno sistema di corteggiamento e di coppia. Ma anche più in generale, della questione che si debba avere un solo uomo (o donna o no-binary) per tutta la vita, dimenticando il punto fondamentale delle relazioni affettive: l’amore e il rispetto verso il prossimo. Se si è tutt* d’accordo, che problema c’è? E quindi: “Tanti auguri, a chi tanti amanti ha, tanti auguri, in campagna e in città”

Puoi avere una vita meravigliosa anche senza marito e figl*.

La Carrà ha avuto una vita meravigliosa, fatta di successi inarrestabili fatti anche da attivismo e lotta per i diritti di tutt*. Una vita senza figli, con un compagno che l’ha accompagnata fino alla morte e con cui non ha mai convogliato a nozze. Ed era comunque una donna completa, felice, libera.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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