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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena -Giorno 29-


Ventinovesimo giorno di quarantena.

Il picco sembra essere arrivato, ma è direttamente proporzionale al picco di idiozia di chi nuovamente ha deciso di tornare nella madre patria. Colonne di automobili dirette in Sicilia indicano la sproporzione di incoscienza di molti. Vedere le immagini di quelle auto in correlazione alle code continue dei mezzi militari a Bergamo mi fanno dubitare sulla bontà dell’umanità.

Forse c’è un errore continuo nella narrazione del rischio. I media dovrebbero riflettere su questo. L’effetto “bambino africano con la pancia gonfia” ha saturato la consapevolezza del rischio: si è arrivati al punto di assuefazione del problema.

Bisognerebbe rivedere i palinsesti tv e i metodi di comunicazione in generale. Per la prima volta stiamo assistendo ad un evento epocale come questa “emergenza coronavirus”, capaci tutti di interconnetterci e di comunicare con chiunque nel globo. Pullulano piattaforme, app e programmi di video- conferenza. Insomma “distanti ma vicini”.

E la situazione sta sfuggendo di mano….

ecco l’eccessiva reperibilità, soprattutto in video-call ha ulteriormente assottigliato quella linea di privatezza che sarebbe il caso di preservare come i Panda in cina.

Ad esempio oggi, appena dopo pranzo, mi arriva una video chiamata.

Personalmente non ero in grado di rispondere. Vuoi per pudicizia, vuoi perchè ero intento e concentrato nella lettura di un libro.

Dopo cinque minuti, di nuovo.

Decido a questo punto di rispondere.

Chiamerò questa persona Agenore per tutelarla dal pubblico ludibrio. Si tratta di un mio amico molto più grande di me e collega: una volpe grigia della pedagogia e, fino a prima della chiamata, autorevole esempio.

Parte la video chiamata. Ero sul divano con il mio manuale e i miei appunti.

Agenore: “Minchia, ma quanto tempo ci metti per rispondere…”

Stavo leggendo..”

Improvvisamente appare il suo volto e uno sfondo translucido. L’immagine si mette a fuoco e riconosco le piastrelle del bagno.

Anni di stima vengono implodono immediatamente: mi stava videochiamando ed in contemporanea era seduto sul water ed era indubbia la contemporaneità tra chiamata al sottoscritto e le fisiologiche abitudini del colon.

La quarantena ci sta facendo proprio male. Confinati tra le mura di casa stiamo dimenticando quali siano i confini sociali, quei limiti invalicabili fino a due mesi fa, quei limiti che Agenore come molti hanno asfaltato dovendo gestire malamente il tempo e l’opportunità di reperire l’altro che si trova nelle medesime condizioni di quarantena.

Non ho idea di come cambierà la nostra società. Zygmunt Bauman sosteneva che siamo la società liquida. Ancora altri giorni di quarantena e diventeremo società liquame….

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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