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Perché la statua della Spigolatrice di Sapri è sessista.

- 03/10/2021


Sono sincera. Non pensavo di doverne parlare anche io, anche perché la statua è stata elargita giorni fa ma il dibattito è ancora acceso. Parlo della statua della Spigolatrice di Sapri.

Ebbene si, anche io. Ho evitato di scrivere sui social di getto, per trovare le parole adatte al fine spiegare al meglio perché in quel pezzo di metallo c’è qualcosa che non va, senza risultare bigotta e sessuofoba (al contrario!).

Però ecco, ci sono culi e culi, statue e statue. Ho sentito persone paragonare quella statua al Michelangelo, che noi femministe vogliamo impedire alle donne di essere sexy (oh ragà, prima ci dite che siamo delle zo***le con le tette sempre in mostra e che ci andiamo a cercare gli stupri e ora ci dite che siamo allergiche alle scopate. Mettetevi d’accordo, insomma).

Allenata alla forca mediatica, ecco il mio pensiero totalmente impopolare su quella statua, cercando di spiegare perché è l’ennesimo campanello d’allarme.

Basterebbe dirvi che dopo 24 ore dall’inaugurazione della statua è nata la pagina facebook “Pugnette a profusione sulla Spigolatrice di Sapri“ e che un signore è andato già li a farsi una foto mentre le palpa il culo. Ma spieghiamolo meglio.

Wikipedia time: chi è la Spigolatrice di Sapri?

La spigolatrice di Sapri è una poesia di Luigi Mercantini ispirata alla fallita spedizione di Sapri di Carlo Pisacane (1857) che aveva lo scopo di innescare una rivoluzione antiborbonica nel Regno delle Due Sicilie.

Si tratta, insieme all’Inno di Garibaldi, di uno dei componimenti a cui la fama di Mercantini come cantore del Risorgimento è indissolubilmente legata.

Mercantini adotta il punto di vista innocente di una lavoratrice dei campi, addetta alla spigolatura del grano, che si trova per caso ad assistere allo sbarco, incontra Pisacane e se ne invaghisce; la donna parteggia per i trecento e li segue in combattimento, ma finisce per assistere impotente al loro massacro da parte delle truppe borboniche.

Particolarmente conosciuto e citato — talora anche in forma parodiata o ironica — è il ritornello «Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti».

La spigolatrice di Sapri è considerata non solo una delle migliori testimonianze della poesia patriottica dell’epoca, ma anche una testimonianza femminile molto forte del metà 800, forse una delle pochissime della storia italiana.

Una bella storia, cara alla città di Sapri che, infatti, ha deciso di dedicare alla fanciulla una nuova statua (ne esiste un’altra del 1994 visibile solo via mare, ndr) da collocare sul lungomare. Eppure qualcosa è andato storto: da giorni sui social i commenti sulla statua si sprecano. La donna rappresentata indossa un vestito molto aderente, ben diverso dai camicioni portati dalle contadine della metà dell’Ottocento, il sedere, poi, è particolarmente evidenziato tanto da risultare l’elemento che più degli altri salta all’occhio.

Sono molte le donne – tra cui Monica Cirinnà, Laura Boldrini e l’ex senatrice di Forza Italia Manuela Repetti – che protestano: la nuova statua della Spigolatrice viene accusata di sessualizzare senza motivo il corpo femminile.

Perché è stata rappresentata in modo sbagliato?

“Questa statua della Spigolatrice nulla dice dell’autodeterminazione di colei che scelse di non andare a lavoro per schierarsi contro l’oppressore borbonico” ha commentato la senatrice PD Monica Cirinnà.

Ovviamente tra i commenti c’è chi invece apprezza la statua: c’è chi fa notare, come dicevo prima, che esistono migliaia di statue greche in cui si mostrano corpi nudi, c’è chi consiglia di “fare le femministe serie” e pensare alle cose importanti, e chi sostiene che la malizia sia solo in chi vuole pensar male.

Poi ci sono i soliti, che reputano le femministe delle “racchie che nessuno si scoperebbero”, quindi siamo invidiose delle sue forme rompendo dunque le scatole sui social (Il famoso “cazzo magico” di Giulia Blasi. Come se il cazzo fosse una bacchetta magica che ti fa smettere di avere opinioni, e come se il maschio medio avesse davvero la capacità di obnubilare ogni posizione politica dissenziente con la sola imposizione della sua nerchia, ragazzi, io non voglio dire, ma vi state un tantinello sopravvalutando).

Come dicevo prima, la Spigolatrice viene ricordata non tanto per il suo lavoro dei campi, ma per quello che rappresenta per la storia del nostro paese: una donna che abbandona i campi per unirsi alla lotta e per seguire la persona che ama, e che vede morire ben 300 persone in battaglia. E’ un personaggio importante, una testimonianza. Quindi perché non viene raffigurata con degli abiti verosimili per una contadina e dell’epoca?

Il problema di quella statua è culturale in quanto alimenta la narrazione della donna come oggetto sessuale e sessualizzato e alimenta l’imposizione di un canone estetico ben preciso. Ed è ben diverso della donna che decide di mostrarsi, perché la differenza tra il primo e il secondo caso è il consenso nel farlo.

E’ una nudità diversa dalle statue antiche, e non credo che si possa fare un paragone: inutile spiegare che allora lo scopo era proprio celebrare il corpo umano nella sua perfezione e quelle statue rispondono ai canoni estetici dell’epoca risorgimentale. Però lo scultore ha preso lo stile ma non il canone.

Ha creato una statua di taglia 36 seminuda rispettando dei canoni di bellezza moderni, un canone che nel 2021 le donne stanno cercando di decostruire e reinventare perché tossico. Il problema, sia chiaro, non è il corpo nudo di una donna di per sé, in quanto è una delle tantissime battaglie femministe odierne. Il problema è l’uso che si fa di quella nudità, ben lontano dalla liberazione e dall’autodeterminazione.

Per chi dice invece che dobbiamo pensare alle cose serie, sappiate che possiamo tranquillamente occuoarci di più temi contemporaneamente, spendendoci lo stesso tempo, passione e impegno. Il benaltrismo non fa parte dell’ideologia intersezionale. Sorry.

Le donne sono rappresentate in posa sexy, e gli uomini in alta uniforme.

Visto che è molto difficile allenarsi alla complessità di riflessione, proviamo a fare un ragionamento più semplice.

Quando si parla di personaggi storici, e la Spigolatrice in questo caso lo è, perché gli eroi sono in uniforme, reale vestiario di chi va in guerra, mentre una donna contadina non è vestita con una tenuta da contadina? Già questo fa capire il gap di genere che vi è, e che si nasconde dietro alla statua in questione.

E’ vero: alcuni uomini sono stati storicamente rappresentati in un modo che oggi riconosciamo come sexy. Ma come detto prima, è inutile spiegare ancora che allora lo scopo era proprio celebrare il corpo umano nella sua perfezione, ed essendo una società di trazione patriarcale era chiaro che gli uomini volessero essere rappresentati con i loro classici canoni di bellezza maschili e virili.

Quel canone poi è cambiato, diversificato, ed ha portato l’arte (e la scultura) a rappresentare l’uomo di potere e la donna come corpo, e finché sarà così ci sarà sempre qualcosa che non va. Spetta a noi voler cambiare le cose o meno.

La risposta dell’artista (e la nostra contro-risposta).

L’artista che ha creato la statua, Emanuele Stifano, si è giustificato. “Quando realizzo una scultura”, ha detto, “tendo sempre a coprire il meno possibile il corpo umano, a prescindere dal sesso. Nel caso della Spigolatrice, poiché andava posizionata sul lungomare, ho ‘approfittato’ della brezza marina che la investe per dare movimento alla lunga gonna, e mettere così in evidenza il corpo. Questo per sottolineare una anatomia che non doveva essere un’istantanea fedele di una contadina dell’800, bensì rappresentare un ideale di donna, evocarne la fierezza, il risveglio di una coscienza, il tutto in un attimo di grande pathos”.

A questa affermazione dell’artista, rispondo con il principio del critico d’arte John Berger nel suo saggio Ways of Seeing, l’arte visiva occidentale, che si basa proprio sul principio in cui “L’uomo agisce e la donna appare“.

Quell’ideale di donna che lui ha rappresentato è stato influenzato dal canone di bellezza imposti dallo sguardo maschile, quindi secondo i loro parametri perdendo così tutto il valore simbolico della statua. Perché l’attenzione cade sul corpo della donna ma non di quello che ha fatto.

E’ lo sguardo maschile che osserva e riproduce il mondo dal suo punto di vista, ovvero il concetto di “male gaze” introdotto dalla critica cinematografica femminista Laura Mulvey nel 1973: prospettiva con cui, ormai, siamo abituate a guardare anche noi stesse e le altre donne tanto è presente da secoli a livello culturale e mediatico.

Il problema, però, è che schemi del genere vengano riprodotti ancora nel 2021 per una statua cittadina, senza alcuna analisi del punto di vista scelto e del messaggio che l’opera finisce per veicolare. 

In conclusione…

Voglio concludere facendo un focus femminista sul corpo.

Ci hanno criticate perché può sembrare che il nostro dissenso della statua sia un controsenso sulla liberazione dei nostri corpi e per la liberazione sessuale. Ma bisogna fare un passo ulteriore: il problema non è la sessualizzazione del corpo femminile di per se. Molte donne si autodeterminano mostrandosi nude e lavorando come sex worker e il femminismo supporta totalmente queste scelte.

La sessualizzazione di un corpo diventa un problema quando non parte da noi stess* ma da altr*, come in questo caso dallo scultore. Se una donna decidesse di andare in giro al mare vestita come la statua, non avremmo avuto da ridire, perché è stata una scelta di quella donna.

Qui parliamo di oggettificazione, ed è evidentissimo in questa statua, perché si è rappresentato una donna da parte di un uomo, approvata da una giunta di uomini con il corpo idoneo al canone imposto dallo sguardo maschile.

E se ci pensate, quella statua è la femmina perfetta. Una donna a cui non bisogna chiedere il consenso, ferma e zitta, magra ma con le forme giuste.

Una donna perfetta da parte di uomini che però quando parliamo di autodeterminazione e sex work ci danno delle troie e puttane perché contrari all’utilizzo dei NOSTRI CORPI.

Non sono i corpi ad essere sbagliati. Ma il modo in cui vengono utilizzati da terzi, senza consenso dell* dirett* interessat*.

Insomma: un nuovo giorno, una nuova possibilità mancata. La poesia era di un uomo che ha provato a vedere la guerra con un punto di vista femminile, la statua invece uccide quello sguardo rendendolo esclusivamente maschile, uccidendo così anche la sua voce, nascosta da quel sedere non necessario e non menzionato nella poesia.

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Classe 1990, Pescarese di adozione. Attivista transfemminista e co-fondatrice del Collettivo Zona Fucsia, si occupa da sempre di divulgazione femminista. È speaker radiofonica e autrice in Radio Città Pescara del circuito di Radio Popolare con il suo talk sulla politica e attualità "Stand Up! Voci di resistenza". Collabora nella Redazione Abruzzo di Pressenza. È infine libraia presso la libreria indipendente Primo Moroni di Pescara e operatrice socio-culturale di Arci.

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