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Paul Makonda dà la caccia ai gay in Tanzania “Meglio attirarsi la rabbia degli occidentali che quella di Dio”

- 07/11/2018
Makonda


È una vera task force quella spiegata dal governatore di Das Er Salam Paul Makonda contro i cittadini omosessuali.

Che in Africa l’omosessualità sia considerata ancora un reato, che in alcuni Stati comporta pene atroci come l’ergastolo o addirittura la pena di morte, purtroppo è cosa tristemente nota.

Pochi giorni fa si è aggiunto un nuovo tassello dell’orrore al lungo elenco di soprusi e negazioni delle libertà personali ai danni dei gay tanzanesi: una vera e propria missione atta ad alimentare un terrorismo psicologico verso i cittadini omosessuali.

Ho informazioni sulla presenza di molti omosessuali nella nostra provincia“, ha riferito il governatore Makonda, 36 anni, ai giornalisti. “Omosessuali che si vantano addirittura sui social network. Datemi i loro nomi e il mio team ad hoc inizierà a mettere le mani su di loro a partire da lunedì prossimo.

Immagini da un Gay pride africano

Il piano di Makonda

Pare essere cominciato lo scorso lunedì 5 novembre il piano di Makonda, fanatico religioso che “preferisce attirarsi la rabbia degli occidentali che quella di Dio“, il quale prevede la creazione di una vera task force composta, tra gli altri, da organi di polizia esperti di cybercrimini, esperti hacker, membri dei servizi segreti e del Tanzania Communication Regulatory Authority che opereranno un vero e proprio “cyber-rastrellamento” per individuare contenuti sensibili a contenuto omosessuale e identificarne i proprietari e gli usufruitori. Saranno setacciati dispositivi, pc, chat di whatsapp, profili dei social network. Un’inaccettabile ingerenza nella vita dei cittadini gay che, una volta scovati, rischieranno pene molto severe.

Pare infatti che oltre all’arresto (che non prevede il rilascio su cauzione) e al processo, secondo una legge risalente all’epoca coloniale britannica (quindi del XIX secolo) i sospettati di omosessualità potrebbero essere sottoposti ad atroci test fisici e psicologici e ispezioni anali da parte della polizia locale. Una serie di torture indicibili che ledono i più elementari diritti inviolabili della persona.

In questa terrificante caccia al gay, che tuttavia sembra essere stata accolta con grande favore dalla popolazione, per facilitare gli arresti di massa è stato reso disponibile anche un numero verde ufficiale governativo, chiamato “Give me their names” (datemi i loro nomi), con la quale qualunque cittadino può segnalare alle autorità il nome di cittadini sospettati di praticare atti omosessuali. C’è chi parla addirittura di una psicosi collettiva ai danni dei cittadini gay, denunciati non già perché colti in fragranza di reato ma per il loro odore.

Un dispiego di forze del tutto inaudito, un’ingiustizia sproporzionata verso cittadini indifesi e uno strumento di propaganda sulla pelle di uomini e donne innocenti che non tiene conto delle reali sofferenze della società tanzanese, devastata da sempre da fenomeni come la prostituzione minorile, la pedofilia, il traffico di organi ed esseri umani, che mettono in serio la popolazione.

Il presidente della Tanzania John Magufuli

La situazione politica

Il delirio persecutorio di Makonda potrebbe essere solo un test di un’operazione da effettuarsi su ampia scala in territorio nazionale. Il presidente del governo Magufuli, esponente come Makonda del partito conservatore Chama Châ Mapinduzi, nel 2017 ha affermato che “è sacrosanto dovere di ogni onesto cittadino di condannare l’omosessualità” (precisando che “anche le mucche” dovrebbero condannarla).

Il suo governo ha minacciato di arrestare o deportare gli attivisti stranieri che sostenevano i diritti Lgbt, e infatti tre sudafricani sono infatti stati espulsi per presunta difesa del matrimonio tra persone dello stesso sesso, e ha promosso la chiusura dei Centri di Prevenzione HIV perché accusati di promuovere condotte illecite. Una decisione scellerata e illogica se si pensa alla grave situazione in cui versa il paese per quanto riguarda le nuove infezioni e l’AIDS: un milione e mezzo di abitanti convivono con il virus, e a fronte dei 30.000 decessi annuali per AIDS si presentano oltre 60.000 nuovi casi di infezioni. Fonte.

Proprio in questi giorni, il dipartimento di Stato USA, dando seguito alle minacce di Makonda, ha allertato i suoi cittadini in territorio tanzanese di “esercitare cautela e rimuovere, o evitare immagini e linguaggi che possano incorrere nelle leggi tanzaniane riguardanti le pratiche omosessuali e l’esplicita attività sessuale”.

 

La condanna internazionale

Dura è stata la reazione dell’Unione Europea, che ha richiamato a Bruxelles ha richiamato il proprio rappresentante in Tanzania, Roeland Van De Geer, per discutere sulla situazione, e ha così commentato:  “L’UE si rammarica per il deterioramento dei diritti umani e dello Stato di diritto in Tanzania e condurrà un’ampia revisione delle sue relazioni con la Tanzania“.

Unanime è stata la condanna dei gruppi internazionali a difesa dei diritti umani come Amnesty International, che non fa sconti: “È estremamente deplorevole che la Tanzania abbia scelto di intraprendere un percorso così pericoloso nell’occuparsi di un gruppo di persone già emarginate. L’idea di questa task force deve essere immediatamente abbandonata in quanto serve solo a incitare l’odio tra la popolazione. Le persone LGBTI in Tanzania devono già affrontare discriminazioni, minacce e attacchi senza dichiarazioni di odio di questo tipo“. ha affondato Joan Nyanyuki, direttore di Amnesty International per l’East Africa.

Repubblica di Tanzania

La risposta del Governo Tanzanese

Secondo l’ANSA, in una nota diffusa oggi il ministero degli Esteri tanzaniano ha cercato di porre un freno alle polemiche internazionali, precisando che le dichiarazioni rilasciate dal governatore di Das Er Salam non riflettono la posizione del governo. “Makonda ha soltanto espresso la sua opinione personale che non rappresenta la posizione ufficiale della Repubblica di Tanzania. Il governo continuerà a rispettare e a sostenere tutti i diritti umani previsti dalla Costituzione”, si legge nella nota.

Occorre ricordare che in Tanzania l’omosessualità, oltre ad essere è illegale secondo gli articoli 154-157, che come già specificato risalgono all’epoca coloniale e prevedono 14 anni di prigione, ha subito un inasprimento della pena nel 2004 fino a 25 anni. L’omosessualità femminile non viene menzionata, ma è comunque punita.

La Tanzania è uno dei paesi più economicamente avanzati dell’Africa sub-sahariana, che sostiene percentuali di crescita dell’economia superiori al 7% da diversi anni, e raffigura uno degli stati africani più ambiziosi nel panorama delle nuove economie. Persistono però dei grossi problemi di ordine politico dovuti alle ingerenze di un invadente fanatismo religioso (soprattutto cattolico e musulmano) e ad una cattiva gestione del problema della corruzione, da sempre a livelli intollerabili, insieme ad una drammatica repressione della libertà di stampa.

Fonti: Link 1, Link 2, Link 3

Diritti lgbt in Africa

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Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

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