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Storia e fenomenologia del tatuaggio e dei tatuatori: pelle, cuore e anima (intervista)

- 11/07/2019
tatto


L’arte di far riaffiorare sulla pelle quello che tu hai già dentro: il cuore, la tua anima.

E’ l’espressione più intima dell’uomo nel bene e nel male.

Quanto il valore del tatuaggio è come una volta? Quanto ancora oggi il tatuaggio ci racconta una storia? solo decorazione e abbellimento corporeo?

La storia

La storia ha inizio agli albori, le tribù dipingevano il proprio corpo. Nell’antico Egitto, i Celti, gli antichi romani, i britannici, i maori e in oriente, sono infiniti gli esempi che si possono fare di popolazioni che hanno usato il tatuaggio per indicare qualcosa. Un’appartenenza, una devozione, una collocazione sociale. Per motivi magici, per motivi religiosi ma anche per bellezza. Col passare del tempo però il tatuaggio che valore ha assunto? Ci si tatua ancora per comunicare qualcosa? Si fa ancora per avere indelebile sulla propria pelle un simbolo che ci contraddistingua, un “marchio” che sarà nostro per sempre?

Io, come ben sapete, oltre a essere single, disoccupata e frociarola sono anche tatuata. Ebbene sì, appartengo a quella piccola-grande cerchia di persone tatuate (e non poco!). Mi piacciono. Iniziai nel 2012 dicendomi “uno solo e poi basta”…se, lallero, ad oggi ne ho molti di più. Io ho preferito farli con un senso logico, un significato, uno stile. Osservo però che non sempre le persone al giorno d’oggi hanno ben chiaro il significato del tatuaggio.

Forse dipende dai tatuatori? Ma facciamo un po’ di ordine.

tatuaggio nell'antichità

Nel 1891, Samuel O’Reilly, brevettò la prima macchinetta elettrica per tatuaggio, rendendo improvvisamente antiche le tecniche precedenti che erano più lente e soprattutto molto più dolorose. Nel corso dei secoli successivi il tatuaggio iniziò ad assumere  diversi significati, diventando marchio di minoranze etniche, marinai, veterani di guerra, malavitosi, carcerati e prostitute. Un simbolo di ribellione o malavita come fu poi negli anni ’70 e ’80 per punk e bikers.

Fra i tanti, anche il Capitano Cook, durante i suoi viaggi in Pacifico, scoprì l’antica pratica polinesiana di decorare in modo permanente il corpo con disegni. Il tatuaggio così si intrecciò con la vita del marinaio. Ad esempio, ad ogni 5000 miglia di navigazione corrispondeva una rondine tatuata mentre, se la distanza saliva a 10000 miglia nautiche le rondini erano due.

Si mescolava l’inchiostro con la polvere da sparo perché si riteneva che prolungasse la vita. Insomma, al tatuaggio erano legate forti credenze e superstizioni che aiutavano i naviganti nelle loro traversate a bordo dei velieri. Molte leggende ruotano intorno a questa tradizione. In oriente, l’esempio più ricorrente, è legato ai pompieri. Considerati veri e propri eroi nazionali, era di uso comune tatuare interamente il corpo (full body) con soggetti legati a draghi, acqua, vento e fiamme proprio per demonizzare l’alto rischio di morte che la loro professione comportava.

August Cap Coleman fu tra i primi tatuatori americani ad aprire un negozio, nel 1918, a Norfolk, in Virginia, vicino alla base della marina, con i marinai come sua principale clientela. Grazie a lui lo stile tradizionale americano ha preso sempre più piede nei secoli diventando un punto di riferimento per i tatuatori che vennero negli anni successivi.

Ricordiamo diversi nomi precursori del tatuaggio come Gian Maurizio Fercioni, che aprì il primo studio nel 1974. Maurizio Fiorini, Gippi Rondinella, Marco Leoni: questi sono solo alcuni dei nomi dei tatuatori più importanti che hanno portato in Italia il tatuaggio. Il tatuatore è un artigiano la cui bravura sta nel far riaffiorare sulla pelle quello che tu hai già dentro: il cuore, la tua anima. Fare questo lavoro significa riuscire a far trasparire l’espressione più intima dell’uomo nel bene e nel male. Con l’avvento di internet il vero significato del tatuaggio è andato perso. Oggi, liberatosi finalmente della coltre di pregiudizi che da decenni lo intrappolava, il tatuaggio è diventato perlopiù ornamento corporeo, un fenomeno estetico. La gente si tatua cosa vuole quando vuole.

i tatuaggi

L’intervista

Sono sempre stata incuriosita dai tatuaggi e ho sempre amato capire e studiarne la storia prima di imprimere un disegno sulla mia pelle. Proprio per questo ho scelto uno studio che mi ha insegnato a comprendere il tatuaggio (La Burra Tinta Tatuaggi). Mi ha aiutato quando necessario, a scegliere il posto giusto, la dimensione giusta e, perché no, anche a sconsigliare vivamente un disegno o un posto per la conservazione del lavoro. Sì, perché il tatuatore non è un artista. Non tutti ahimè la pensano così.

Il numero di persone che tatuano è cresciuto in modo esponenziale, tatuano tutti, ovunque, e spesso anche a casa. Il ragazzino che si vuole fare il primo tatuaggio non è guidato dalla mano che eseguirà il pezzo che poi gli rimarrà addosso per tutta la vita, è guidato dal prezzo. Il più basso vince.

Ma queste persone che si fanno tatuare a caso, sanno perché costa così poco? Hanno visto l’igiene? Hanno valutato l’esperienza di chi li tatuerà? Hanno portato solo un disegno preso da internet da riprodurre pari pari? In base a cosa un tatuaggio può essere valutato troppo caro? È come se fosse andata persa l’emozione. Il fascino di farsi un tatuaggio è scegliere innanzi tutto il disegno, capire cosa si vuole e affidarsi alla mano del tatuatore che te lo ridisegnerà, cercherà di interpretare le tue richieste e abbellirà il disegno con le tecniche del suo mestiere. L’emozione di vedere il disegno sulla pelle, sentire il rumore della macchinetta e vederlo prendere vita su di te. Per sempre. Sarà sulla tua pelle per sempre. Deve essere armonioso e rappresentare la persona che poi lo indosserà.

Tutti si possono tatuare tutto. Ma chi sa tatuarsi? A tal proposito ho chiesto a Alessandro (@alessandro_seppia), tatuatore professionista, di rispondere a qualche mia curiosità in merito. 

  • Chi è realmente un tatuatore?

Non è uno che si siede tatua e se ne va, come il barista, non è solo chi ti fa il caffè ma è colui che in base a tanti fattori riesce a creare un macinato idoneo. Il tatuatore non si riduce a prendere un disegno e a fartelo, dietro c’è un mondo intero. Spesso le persone queste domande non se le pongono. La cura del negozio, l’igiene e la qualità delle attrezzature, lo studio del disegno per come rimarrà negli anni, che tipo di colore scegliere, quali abbinamenti. Tipologia di ago. Non è solamente il numero di aghi è come sono saldati insieme, la loro apertura e molto altro ancora. La gente pensa solo che lui gli scriva addosso. Altro aspetto importante da considerare, che spesso viene trascurato, è la sfera emotiva del tatuatore.  È responsabile dell’interpretazione del cliente per fare un bel lavoro. Argomento vasto e delicato e soprattutto soggettivo“.

  • Quanti lo fanno per moda e quanti per passione?

“Nel corso del tempo c’è stato un grosso cambiamento. Prima era qualcosa di artigianale il cui scopo era quello di tirare fuori quello che la persona aveva dentro. Nel 2020 l’associazione più grossa all’arte è al tatuaggio, quindi molti non lo fanno per lasciare impresso sulla pelle un messaggio ma solo per sentirsi artisti. Spesso anche i clienti, per questo motivo, si disegnano il tatuaggio solo per dire “l’ho fatto fare io così” e tutti ora vogliono fare i tatuatori ”.

  • Come si approcciano le persone al tatuaggio?   

“Si approcciano male, arrivano già con tutto senza considerare di essere da un professionista. non esiste più il cliente che chiede un consiglio su come rappresentare qualcosa. Prima c’era più dialogo, un confronto, che portava alla creazione insieme dell’idea. Il professionista poi realizzava il disegno. Adesso arrivano subito con qualcosa già fatto da altri, su altri (i vip in questo caso sono deleteri). Non ti considerano un professionista ma solo un riproduttore delle loro idee. La loro idea funziona, ti insegnano come fare e magari scelgono lo spessore dell’ago. Fanno tutto. Gli serve solo la mano che lo farà, senza anima.  Per essere socialmente accettati e non perché lo senta suo. Arroganza e presunzione che per forza di cose minimizzano l’empatia fondamentale per la creazione di un lavoro .  

  • Tu perché lo fai?

È una domanda che mi faccio spesso. Fondamentalmente sono un romantico, mi piace vedere un cliente soddisfatto che si emoziona a lavoro finito. Altre volte invece penso che sia rispetto nei confronti delle energie che ho investito in questa passione. Riconoscenza del tempo che professionisti mi hanno dedicato per insegnarmi questo mestiere. Io so il percorso che ho fatto. Magari non sono il migliore, però so i valori che ho dentro e quelli che non hanno in tanti. Spesso fa male vedere come il riscontro mediatico a volte penalizzi tutto il percorso che ho fatto. Però continuo a farlo per la sensazione che mi trasmette tatuare un mio pezzo sulle persone”.

  • Che ruolo ha avuto l’avvento dei social nei tatuaggi?

Hanno ribaltato le cose. Il discorso non è meritocratico per chi lavora bene ma per chi gestisce meglio la propria pagina e il proprio canale social. Chi si sa vendere va avanti. Investono più energie sulla cura della loro immagine online (post produzione delle foto e dei tatuaggi che hanno fatto) che sulla soddisfazione reale del cliente. Ci sono pro e contro, da una parte internet ha aumentato la nostra visibilità, rispetto a prima quando esisteva solo il passaparola e andavi avanti se tatuavi bene. Di contro è una piattaforma fittizia. Il cliente ti sceglie più per l’immagine che vendi di te e dei tuoi lavori che per la tua reale bravura”. 

  • Ultima domanda, è meglio un tatuatore che sappia fare bene ogni genere o chi ne sa fare bene solo uno?

Un professionista ti fornisce tutte le tipologie di lavoro di cui tu hai bisogno. Il tatuatore che ama questo lavoro ha imparato a fare tutto e solo dopo molti anni, trova lo stile nel quale si identifica di più rendendolo suo. Il tatuatore “tuttofare” vecchio stampo equivale al vecchio ragazzo di bottega che impara bene a fare tutto. Chi si specializza in un solo genere è il sintomo di quanto in questo settore, ad oggi, sia più importante la fama rispetto al reale amore che lo ha portato a tatuare.

Sperando di avervi chiarito un po’ le idee, ringrazio ancora Alessandro e ci auguriamo che per il prossimo (o il primo) tatuaggio ci sia da parte vostra una scelta maggiormente consapevole.

Diffidate dalle imitazioni, scegliete professionisti.

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Non mi descrivo mai perché non sono gentile con me stessa

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