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3 Film sul SESSO che non sapevi di voler vedere (Capitolo IV)

- 16/02/2021
Il GuSTO DELL'ANGURIA


Nuovo appuntamento col piacere di guardare al cinema più provocatorio e seducente, quello che ha sfidato la censura o il ben pensare per addentrarsi tra le fantasie di noi tutti, ponendo l’obiettivo della telecamera laddove il nostro sguardo è solito sfuggire o soffermarsi con imbarazzo.

Se avete curiosità di scoprire altri titoli che trattino di sesso o che trattino di altre tematiche, delle più svariate, vi invito a seguire l’hashtag #3filmchenonsapevidivolervedere

una scena tratta da IL PORTIERE DI NOTTE (1974)

Partiamo oggi da un classico del cinema erotico che sono certo i più conosceranno.
IL PORTIERE DI NOTTE (1974) di Liliana Cavani è certamente tra le opere più conosciute e controverse giacché – assieme a LA CADUTA DEGLI DEI di Luchino Visconti – spinse fino all’estremo il concetto di erotizzazione del nazismo.
Nel film Lucia, ebrea sopravvissuta ai campi di concentramento, e il suo aguzzino Maximilian, portiere di notte sotto falso nome, si ritrovano per casualità in un hotel di Vienna. Da questo incontro nasce una relazione morbosa masochista e un gioco di forze contrastanti tra l’uomo e la donna in cui ognuno è in cerca di una propria espiazione e di una sintesi/unione di colpe e perdono che ne direzionano i loro destini.
La Cavani dirige una giovanissima ma già splendida e carismatica Charlotte Rampling, bella e disinibita, capace di delineare un personaggio complesso e ricco di sfumature. Al suo fianco tutta l’esperienza e il magnetismo di un attore versatile e coraggioso come Dirk Bogarde, capace di vestire ruoli dei più svariati conferendogli credibilità e umanità.
Film potente, affascinante, che nelle sue più o meno esibite perversioni, guarda agli orrori e alle ferite dell’animo umano.

Altro titolo controverso, sempre diretto da una regista donna che nel corso degli anni ha sempre voluto esibire la sessualità femminile nelle sue più svariate declinazioni, è certamente il film che voglio consigliarvi.
A MIA SORELLA! (2001) di Catherine Breillant mette in scena un conflitto tra sorelle: Anais ha dodici anni ed è sgraziata e con disturbi alimentari e buona parte delle sue esperienze relazionali e sentimentali le vive attraverso la sorella maggiore Elena. Elena bella e disinibita, vuole però conservarsi vergine per l’uomo che l’amerà. Durante le vacanze estieve le due ragazze con la madre si recano in una località di villeggiatura sulla costa francese. Qui Elena attira le attenzioni di Fernando (il nostrano Libero De Rienzo) che con l’inganno riuscirà a raggiungere i suoi scopi: una notte, mentre Anais finge di dormire, Fernando dichiarerà il suo amore a Elena che si concederà a lui. Dopo l’accaduto le cose precipiteranno e il film si chiuderà su un finale tanto inaspettato quanto crudele e atroce.
L’ennesimo film della Breillant che con smaccata arguzia e un certo piacere voyeuristico per lo scandalo esibito affonda la sua cinepresa tra le pulsioni e le piaghe dell’animo femminile. Il finale davvero shockante e disturbante è forse quasi insostenibile per la sua ferocia e la sua crudezza, ma è anche un atto necessario perché si delinei una delle figure femminili più ambigue del cinema contemporaneo.

Altre tematiche certamente meno morbose e drammatiche sono quelle affrontate in un uno dei film più originali e divertenti mai visti al cinema.
IL GUSTO DELL’ANGURIA (2005) di Ming-Liang Tsai affonda lo sguardo in una sessualità divertente e sfacciata.
A Taipei non c’è quasi più acqua, in compenso il succo di anguria costa pochissimo. Hsiao-kang , ex venditore di orologi reinventatosi attore porno, e Shiang-chyi, sua ex cliente, non si arrendono e continuano a cercare dell’acqua. La loro ricerca sarà anche un’esplorazione della reciproca sessualità.
Il genio e la follia di uno dei registi più originali made in Taiwan porta sullo schermo una commedia/musical che sorprende e scandalizza, privo però di morbosità, nonostante sia molto esplicito nei contenuti.
Se il film possa in qualche modo disorientare o lasciare perplessi nella sua durata, nei dieci sconvolgenti minuti finali, si rivela per essere profonda e stratificata riflessione sul sesso (quello mercificato e plastificato del porno, contrapposto a quello liberatorio, sincero e salvifico fatto di intimità e conoscenza dell’altro).


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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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