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“Ballo ballo”, locura e musichette celebrando la Carrà (recensione)

- 14/02/2021
ballo ballo musical


1973: una ragazza spagnola, Maria, torna a Madrid sola, in abito da sposa. Fa presto la conoscenza di Pablo, figlio del responsabile della censura della tv di stato. In una concitata giornata di eventi imprevisti in cui si ritrova negli studi di tve, Maria conosce il direttore del programma “Le sere di Rosa”, Chimo, che nota la passione della ragazza per le coreografie dello show e la arruola nel suo corpo di ballo. Maria, aiutata dalla sua fedele amica e complice Amparo, sfiderà la morale comune e la tagliente censura dell’epoca franchista fino a cambiare le regole della rigida tv spagnola, danzando sulle note delle canzoni della showgirl Raffaella Carrà e riscoprendo l’amore.

Annunciato un anno fa in pompa magna, “Ballo ballo” (titolo italiano di “Explota explota“), musical incentrato sui successi della famosa showgirl Raffaella Carrà, è approdato su Amazon Prime Video lo scorso 25 gennaio dopo una breve apparizione nelle sale cinematografiche iberiche, chiuse a causa del Covid-19.

La pellicola, co-prodotta anche da Rai Cinema, vede come protagonista femminile Ingrid García Jonsson (Maria), attrice molto attiva in Spagna e plurinominata ai Premi Goya (l’equivalente dei David di Donatello italiani), mentre il resto del cast – tra cui il protagonista maschile Fernando Guallar nel ruolo di Pablo e perfino il regista Nacho Álvarez e – è formato perlopiù da attori non troppo quotati, o addirittura emergenti.

Una scelta che lascia un po’ perplessi, soprattutto a fronte di una vera devozione che la Spagna intera prova nei confronti della Carrà, la quale, nell’epoca post franchista, è stata uno dei primi volti a proporre contenuti televisivi nuovi e leggeri, con un taglio decisamente più fresco rispetto all’austerità imposta poco prima dal generalissimo.

È proprio su questo punto che si dipana la storia di Ballo ballo.

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Ingrid García-Jonsson (Maria) in una scena scena di “Ballo ballo”

Maria come Raffaella Carrà, tra provocazione e censura

La lotta contro la censura di Maria, che nel film deve combattere contro i piani alti dell’emittente per esprimere se stessa al meglio con il ballo, ricalca la famosa “sfida dell’ombelico” di Raffaella Carrà nei primi anni ’70, con il suo progressivo abbandono dei costumi borghesi femminili che segnò un impatto strabiliante nella cultura pop latina e mediterranea.

Le accuse di indecenza nei confronti delle ballerine in tv, direttamente proporzionali ai cm di pelle lasciati scoperti da suadenti tutine glamour, caddero in una prescrizione che l’austerità non poté più contrastare, perché ormai legittimata da una nuova consapevolezza sociale che personaggi come Raffaella Carrà contribuirono a far maturare nel pubblico (di questo ne ha parlato anche il Guardian poche settimane fa).

Peccato, però, che la Jonsson (il suo personaggio si ispira in parte proprio alla Carrà) sia del tutto inadatta al ruolo, inadeguata nel ballo e fin troppo macchiettistica nella recitazione. La protagonista femminile è però solo uno dei numerosi problemi di “Ballo ballo”.

Una scena del film

I problemi di “Ballo ballo

Il vero peccato originale di “Ballo ballo” non è neanche la leggerezza (figuriamoci!), ma la resa posticcia dovuta ad un reparto tecnico da fiction di quarto ordine. Se la regia di Alvarez, pure non esperta, cerca di limitare i danni, la fotografia folgora lo spettatore con dei chiari esagerati (consigliamo di diminuire contrasto e luminosità per non riportare danni alla retina) e la scenografia finto-almodovariana ricostruita nei teatri di posa raccoglie tutti gli stereotipi dell’epoca.

Ballo ballo” è un film dai toni leggeri, spensierati, che diverte molto e strappa anche qualche risata, se si vogliono trascorrere due ore in allegria senza pensarci troppo su. Riflettendoci, però, parafrasando una famosa scena della serie Boris ci ritroviamo davanti una buona dose di locura (“la cerveza, la tradizione o mer*a […] con una bella spruzzata di pazzia”, citando la serie), ovvero una potente concentrazione di “conservatorismo che si tinge di simpatia, di colore, di paillette“.

In tutto il film sono distruibuite banalità da antologia che si sarebbero potute evitare con un po’ di mestiere, e che finiscono per emanare uno sgradevole olezzo di tradizionalismo stantio che mal si sposa con una trama che vuole raccontare il passaggio di un’epoca. La locura di cui sopra, appunto: cercare la rassicurazione a tutti i costi, anche se questa svuota di senso l’idea di farne un prodotto queer friendly. Perché diciamolo, non si può parlare di Raffaella senza affrontare il suo contributo al mondo LGBT+ e una storiella costruita attorno al brano Luca proprio non ci basta.

Il film, tuttavia, scivola via tra una canzone e l’altra dell’iconica Raffaella Carrà: alcune sono perfettamente in linea con la trama (vedi Ballo ballo, Tuca tuca o 5353456), altre un po’ forzate (Rumore va un po’ decriptata), ma è l’obbligato dualismo italo-spagnolo a lasciare un po’ interdetti lo spettatore.

“Tanti auguri” nella versione spagnola “Hay que venir al sur” girata al Parco del Buen Retiro a Madrid

“Ballo ballo” è infatti girato in lingua spagnola, e le stesse canzoni che amiamo di Raffaella sono cantate nella stessa lingua. Questo fa sì che il doppiaggio italiano nei brani, proposti con i testi che tutti noi conosciamo, aderisca malissimo al labiale originale e il tutto risulti spiacevolmente dilettantesco e grossolano.

Per questo consigliamo di vedere il film in lingua originale: soffrirete un po’ per non riuscire a cantare con i protagonisti (soprattutto se siete veri fan della Carrà), ma migliorerà senza dubbio la vostra esperienza di visione.

Per intenderci, vi sognereste mai di seguire “Mamma mia” con le canzoni tradotte degli Abba?

Un finale tutto “fiesta!”

“Ballo ballo” non è un film neanche vicino alla sufficienza, eppure lo si saluta nel finale con una traccia di emozione quando, sulle note della trascinante Fiesta (ascoltatela in spagnolo, ve ne prego!) che celebra un perfetto lieto fine – probabilmente la scena migliore di tutto il film – Raffaella Carrà in persona si palesa in tutto il suo rosso fulgore, in un piccolo cameo.

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Il cameo di Raffaella Carrà in “Ballo ballo”

A fine visione resta il dispiacere che ad avere l’idea non siamo stati noi italiani, sempre così parchi nel celebrare personaggi viventi. La RAI, d’altronde, non ha nulla da invidiare a tve (che di certo non può vantare produzioni monster come il Festival di Sanremo né la library di Rai Cinema) né il cinema italiano manca di professionalità in grado di realizzare un prodotto originale e divertente.

Perché limitarsi, pertanto, a doppiare (male) un musical? La Carrà nazionale ha scritto pagine di storia del nostro spettacolo, e meriterebbe ben più di una coproduzione di mediocre fattura (il mitico sito Orrore a 33 giri l’ha definito “indifendibile“). Attendiamo fiduciosi che la nostra tv di Stato possa farsi perdonare un simile scivolone.

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Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

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