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C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD – Tarantino e l’amore immortale per il cinema

- 24/09/2019


C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD è il nono film di Quentin Tarantino e – secondo le sue più recenti dichiarazioni – potrebbe essere il penultimo della sua folgorante carriera.
In esso ci sono tutte le ossessioni e le passioni della sua vita, ma c’è sopratutto un elemento il cui potere è davvero magico: la speranza.

Los Angeles, 1969.
Rick Dalton è una star della televisione la cui carriera pare essere al punto di arrivo, ma nelle apparenze egli fa ancora parte della gente che conta e vive in una piccola villa sulle colline di Hollywood. Non passerà molto tempo che arriveranno a vivere i nuovi vicini: Roman Polanski e la moglie, Sharon Tate.
Dalton condivide la scena e la sua vita con lo stuntman Cliff Booth, amico inseparabile e fedele.
Sei mesi dopo ritroviamo Rick con una moglie italiana.
Ma né Rick né Cliff sanno cosa dovranno affrontare nella notte più calda del 1969.

Ci sono tanti modi per raccontare una storia.
E questo è uno di essi.
Quentin Tarantino è di fatto un eterno Peter Pan armato di macchina da presa ed è convinto che solo il cinema ci possa permettere ancora di sognare, di credere, di ridare dignità ai perdenti, di riscrivere la Storia.

È quanto avvenne in BASTARDI SENZA GLORIA (2009) ed è quello che ha fatto in DJANGO UNCHAINED (2012). Due film e due storie che sono immerse in un preciso quadro storico, ma che seguono le vicende di personaggi fittizi che interagiscono con personaggi realmente esistiti.
Ma Tarantino va oltre, ama esagerare, ama inventare, ama sorprendere.

nono film di Tarantino
Leonardo di Caprio in una scena di CERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD

Questo C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD è quindi un atto d’amore, forse il più importante, perché rivolto a se stesso (in quanto regista) e al suo figlio/prodotto (inteso come film e più in generale il cinema come forma d’arte).

Tarantino ha impiegato ogni mezzo possibile, ogni fonte a lui reperibile, ogni ricordo che ancora brilla e vibra nella sua mente, per ricostruire un’epoca, una città, una vita che oggi potremmo solo immaginare.

Ma egli ci invita a sederci su di un’automobile d’epoca assieme a un sempre nella parte Leonardo di Caprio e girare per le vie di quella che era la Los Angeles negli anni ’60.
Ne scorgiamo i locali e i manifesti, quasi ne percepiamo l’aria e il suo odore, l’elettricità che in essa scorre, diventa quasi il presente. Non è uno sbiadito ricordo, ma è “adesso“.
Lo è nei suoi colori caldi, negli ambienti ricchi di particolari minuziosamente riportati alla luce, dai salotti della gente che conta fino alla roulotte dell’imbastardito Cliff (uno spavaldo Brad Pitt) ; dai Drive-In alle grandi sale dove venivano proiettati ancora i film in pellicola; dai vestiti agli oggetti di uso quotidiano fino ai brani che passano alla radio (soundtrack come sempre superlativa).

Cera una volta a... Hollywood
Quentin Tarantino posa con i suoi due protagonisti per la promozione del suo nono film “CERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD”

Le citazioni sono infinite e di questo Tarantino ormai ci ha abituati. Sarebbe impossibile menzionare tutti i film che sono contenuti in questo film. E sono tanti i personaggi che incontreremo lungo il nostro cammino che sono realmente esistiti e che hanno lasciato un’impronta indelebile nel cinema stesso: Steve McQueen, Bruce Lee, Roman Polanski e Sharon Tate, ma anche meno noti come un Wayne Maunder (l’ultima interpretazione del recentemente scomparso Luke Perry).
E c’è poi Charles Manson e la sua Family.

È bastato questo nome – Charles Manson – a far eccitare le migliaia di fans di Tarantino, prima che il film venisse rilasciato.
Ma – eviterò ogni possibile spoiler – nel vedere il film è evidente fin da subito che non è questo il tema portante. Esso resta un’incognita accidentale e una coordinata spazio temporale che appartiene nella sua tragicità a quel determinato momento storico.
(Se siete interessati, vi invito a recuperare “CHARLIE SAYS” che affronta con maggiore specificità i fatti attinenti alla Manson Family)

Perché è di questo che il film parla, tra le altre cose.
Il declino di un sogno: il cinema come non sarebbe più stato dopo gli eventi della notte più calda del 1969.

Ma c’è una scena in particolare, una delle più belle e significative, in cui Sharon Tate entra in un cinema e assiste ammirata alla proiezione di un film che la vede recitare assieme a Dean Martin “MISSIONE COMPIUTA STOP. BACIAMI MATT HELM“.

margot robbie in "Cera una volta... a Hollywood"
Margot Robbie è Sharon Tate in “Cera una volta a… Hollywood”

In quella scena Margot Robbie (candidata all’OScar per la sua interpretazione in TONYA) guarda il personaggio che interpreta, la bellissima Sharon Tate, quella vera.
Nel buio di una sala si compie un doppio miracolo.
Margot Robbie non è chiamata a ricalcare la scena proiettata sul grande schermo, ella assiste alle immagini originali e con sognante riverenza ella non guarda se stessa, ma la vera Tate.
Noi che guardiamo la Robbie che guarda la Tate.
Noi nel buio di una sala. Lei nel buio di una sala.
L’oggetto dei nostri sogni più belli, la sola luce che possa squarciare quel buio, è il viso luminoso di Sharon Tate.
Questo è il potere del cinema.

Se la storia pare non avere una reale direzione è perché Tarantino vuole evidenziare come i suoi protagonisti siano altrettanto persi, in balia degli eventi, ognuno preso a tentare di venir fuori da situazioni difficili.
Anche qui c’è un magnifico momento di grande cinema quando i due amici, separati, si trovano a dover affrontare i loro avversari.
Ma se da una parte abbiamo Dalton che è nel mezzo di un estenuante ciak dove è chiamato a confrontarsi con i fantasmi della sua dipendenza dall’alcol ; dall’altra parte il suo amico Cliff è per un attimo il reale protagonista di un western d’altri tempi, quando si ritrova per caso nella fattoria dove abita la Manson Family.
Un gioco di ruoli e di situazioni, fuori e dentro i set cinematografici, fuori e dentro quel tessuto narrativo che intreccia ancora una volta la finzione e la realtà.
Questo è il potere del cinema.

Il finale di C’ERA UNA VOLTA A… HOLLYWOOD (citazione per altro dei più noti “C’ERA UNA VOLTA IL WEST” e/o “C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA“) esaspera e sublima questo dialogo e incontro tra finzione e realtà. È un atto che a molti potrebbe far storcere il naso, ma è qualcosa che – per quanto ci possa cogliere impreparati – fa parte della natura più profonda di questo regista.
È quel desiderio di cui parlavo sopra, all’inizio di questa recensione: ridonare dignità ai perdenti (della Storia) e un riaccendere la (speranza) luce sul comodino dopo un brutto sogno, quando le tenebre e i suoi mostri pare ci avessero inghiottiti per sempre.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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