Dopo lo straordinario successo di DUETS! Tutti cantano Cristina dello scorso anno, Cristina D’Avena, la regina delle sigle dei cartoni in tv, ha deciso di regalare ai suoi fans un altro imperdibile album di duetti.
“Mancavano troppe sigle nel primo album“, ha dichiarato Cristina, che ha chiamato a sé nuovi amici per una nuova avventura in musica, magari anche per bissare il successo del primo capitolo: DUETS! è stato l’unico disco di un’artista donna ad arrivare nella Top 20 degli album più venduti del 2017. E un valido progetto musicale nel quale la D’Avena ha dimostrato di sentirsi bene a suo agio anche in generi musicali come il reggae, l’hip hop, il nu folk, il rock e tanto altro.
DUETS FOREVER conta altre 16 tracce tutte da ascoltare (vi abbiamo anticipato la tracklist qui), riarrangiate in chiave moderna e secondo gli stili più vari, con l’apporto delle voci pop più interessanti del panorama musicale italiano. Noi lo abbiamo ascoltato in anteprima per voi!
A rigor di cronaca, ripetiamo la premessa fatta lo scorso anno: se siete dei puristi delle sigle dei cartoni in tv, questo cd potrebbe deludervi perché i duetti non si limitano ad essere una versione midi per un karaoke ricco di camei di Cristina, ma dei veri microcosmi musicali che si distaccano, qualche volta anche di molto, dalle versioni originali. Alcune volte valorizzando il brano di partenza, altre volte stravolgendolo. Invero non sempre in maniera positiva.
Ma bando alle premesse e immergiamoci nel meraviglioso mondo di DUETS FOREVER!
La canzone dei Puffi (feat. Patty Pravo): È stato il primo pezzo rilasciato dell’album (ne abbiamo già parlato qui). Molto interessante l’intro con synth e ottoni, poi incalzati da un battere incessante di violini. Al ritornello grande apertura con un bel giro di basso che scandisce il ritmo. Fa specie ascoltare la ragazza del Piper che dice “Puffiamo noi laggiù i funghi buffi assai puffarli tu potrai vicino al fiume blu” senza aggrovigliarsi la lingua, e per questo immaginiamo ripetute sessioni in studio con un importante uso dell’autotune. Un divertissement ben confezionato nel quale un pezzo di storia della musica nostrana si concede un momento di locura, purcon il solito aplomb da signora di mezza età alticcia che Patty custodisce da qualche anno. Musicalmente ineccepibile. Voto 7,5
I ragazzi della Senna (feat. Fabrizio Moro): Qui ho dovuto riascoltare anche l’originale perché la ricordavo pochissimo. Si inizia con un accenno di Marsigliese. D’altronde “la stella della Senna” è sempre stata la sorellina maggiore e sfigata di Lady Oscar, ma sempre di rivoluzione francese si parla. Ma mentre di Lady Oscar si lodava l’arcobaleno nell’azzurro dei suoi occhi, qui Cristina insiste più e più volte (e in maniera piuttosto ficcante) su “Colpi di qua, colpi di là, cos’accadra, cos’accadra?“. A dare una riverniciata di fresco a una sigla che gli anni addosso li avverte tutti è stato chiamato Fabrizio Moro, bandiera del cantautorato black block, che sostanzialmente ha fatto del Tulipano Nero un inno da primo maggio. Rivoluzione, rivoluzione, rivoluzione!
Menzione speciale per le percussioni e la venatura ska. Il re tentenna, c’è la rivoluzione! voto 8,5
Georgie (feat. Dolcenera): Georgie, dolce e incestuosa Georgie, dai biondi capelli dorati, due occhi azzurri brillanti e vivaci. Dolcenera si limita a fare il suo senza strafare, la sua vocalità profonda si incardina bene nella melodia della canzone e il suo apporto è positivo, per quanto non indimenticabile. Il brano è stato velocizzato, sono rimaste le chitarre nella parte finale e i cori, e aggiunte tastiere e percussioni incalzanti a ridosso dello special. Nella sostanza non è stato stravolto: a ricordare il gusto vintage dell’originale è il basso durante i cori. Tutto sommato godibile. Voto 7,5
Memole dolce Memole (feat. Elisa): Lo dico subito: non sarò tenero qui. E non c’entra la nanerottola malefica di Memole, è che Elisa Toffoli qui non c’è. O meglio, c’è ma si mimetizza nel ritmo puccioso della sigla. Dall’autrice di labyrinth mi sarei aspettato una Memole dark che invece dei girotondi fa sedute spiritiche con la sua amichetta Amalia, e invece Elisa tira fuori un’interpretazione più puerile del coro dell’Antoniano. È lecito chiedersi se la foresta di Memole la nostra amata Toffoli non se la sia fumata. Ascolto con la lacrima di Pierrot per la tristezza. Episodio inutile di questo album. Voto 3.
Pollyanna (feat. Malika Ayane): Ci apriamo al country con Pollyanna, la bimba con dall’entusiasmo più irritante del mondo. Il timbro caldo di Malika Ayane dà al pezzo un valore aggiunto, e l’incontro vocale con Cristina è decisamente fortunato. Il brano in sé è quello finora meglio inserito in un genere musicale ben definito. La ricerca musicale qui ha aiutato a incastonare Pollyanna in un preciso momento storico e in uno specifico ambiente geografico, pertanto un buon risultato. Voto 9,5
Vola mio mini pony (feat. Elodie): Una traccia sacrificabile. La sigla in sé non ha l’allure del “pezzo indimenticabile della nostra infanzia”, e quei “vooolaah” ripetuti, piuttosto schiacciati e chiusi, alla lunga diventano cacofonici. Povera Elodie, si è beccata il brano più random della tracklist. Ma piuttosto che riesumare l’inutile Mini Pony che ricorderanno in quattro, perché non ritirare fuori altri pezzi 90? Voto 4
Ti voglio bene Denver (feat. Lo Stato Sociale): Ritornello molto meglio delle strofe, confusionarie e piatte, dove Lodo Guenzi non si sforza nemmeno di cambiare nota mentre canta. Il resto è un centrifugato bizzarro di suoni, nel senso che il brano ha mille stili e mille colori diversi. C’è il beat degli anni 70, l’elettronica degli ’80 e quell’approccio da joke track che è ormai nel dna dello Stato Sociale. Il dinosauro verde e combinaguai della nostra infanzia è cresciuto, e non dice più “per tutti i fossili” ma fuma una canna insieme alla vecchia ballerina di Sanremo. Voto 7+
D’Artagnan e i moschettieri del re (feat. Il Volo): Avevo molte aspettative su questa sigla, che è una delle mie preferite (così come l’anime, per quanto vivo ancora un discreto turbamento dalla scoperta dei seni di Aramis), e per fortuna non sono state tradite. Il Volo si presta bene all’impronta epica che si è voluta dare al pezzo, perlomeno per 2/3. Il terzo meno efficace è Gianluca Ginoble, che notoriamente ha un’estensione meno potente degli altri due e fuori dalla comfort zone di Granada, Grande amore e rotture di ammennicoli vari soffre un po’ il gap con Barone e Boschetto (il momento in cui canta da solo sfida i malvagi, regge i disagi è indicativo). Ottima la dinamica vocale, splendido l’arrangiamento che sostiene gli acuti perfettamente. Cristina, neanche a dirlo, sempre perfetta. Adesso mi è tornata voglia di vedere D’Artagnan e innamorarmi di nuovo della malvagità di Milady. Voto 8,5
Alvin Rock’N’Roll (feat. The Kolors): Come non chiamare Stash e i The Kolors per impersonare Alvin & The Chipmunks? Rock’n’roll elevato al cubo. Nessuno stravolgimento della sigla originale, ma piuttosto potenziamento di un ritmo già conosciuto e amato. Ennesima dimostrazione che i The Kolors sanno il fatto loro quando si tratta di buttare giù due schitarrate come si deve. Davvero godibile. Voto 8,5
Papà Gambalunga (feat. Federica Carta): Prima che lo chiediate nei commenti, Federica Carta è stata una delle protagoniste di Amici 2017. Google non dice molto altro ma accontentatevi. Piuttosto, vorrei attirare l’attenzione sull’impronta fortemente drammatica di questa canzone, che comincia così: “tutti abbiamo nel cuore una mamma e un papà, ogni giorno il loro amore ci guida sempre più in là.“. E qui sorridi, pensi alle tue figure genitoriali che ti hanno tirato su con sacrifici e amore e sei felici. Peccato che poi la sigla maledetta ci ricorda senza anestesia “JUDY NON HA NESSUNO“. E tu ti senti anche in colpa di essere cresciuto nella famiglia del Mulino Bianco.
Dice proprio così. E giù di lacrimoni. Ma davvero Cristina D’Avena che ci ricordava ogni giorno, due volte al dì per 40 episodi, che mentre noi godevamo dei benefici della potestà genitoriale JUDY NON AVEVA NESSUNO?
Vabbè. Andiamo avanti. La storia di Judy la conosciamo tutti, lei è una trovatella con dei codini rossi ormai calcificati nel cranio che finisce per innamorarsi (a sua insaputa) del suo ricco tutore, e infine se lo sposa. Chiamala scema.
Il brano è allegro e frizzante, ma a questo punto al posto di Federica – MA CHI? – Carta avrei potuto esserci anch’io, che magari a differenza della Carta, classe ’99, qualche puntata di Papà Gambalunga l’ho vista. Voto 6
Il mistero della pietra azzurra (feat. Alessandra Amoroso): Questa è una delle sigle più belle mai realizzate da Alessandra Valeri Manera. Non c’era da stravolgere nulla ma solo da rendere tutto ancora più favoloso, e magari dare una voce alla splendida Nadia, la ragazzina adolescente che da piccoli ci ha fatti innamorare tutti, belli e brutti. Avevo le mie riserve su Alessandra salice piangente Amoroso, avvertivo il pericolo che potesse svoltarla a teen drama come sempre, ma devo dire che le mie ansie si sono rivelate infondate. La Amoroso sembra avere i colori giusti per rendere giustizia a Nada e all’atmosfera un po’ magica ed esotica della serie animata. Operazione riuscita. Voto 9
Robin Hood (feat. Max Pezzali): Il re del Jolly Blu si cimenta con Robin Hood, che rubava ai ricchi per dare ai poveri. Se qualcuno ha rubato la voce di Max Pezzali si prega di ridargliela, perché qui pare che canti Maurizio Costanzo. Una sigla rovinata, la foresta di Sherwood probabilmente è andata in autocombusione, Frate Tak si è gettato dalla torre del campanile di Nottingham. Davvero un peccato, perché l’arrangiamento è impetuoso e trascinante. Ma il fraseggio veloce non è per tutti. Voto 5 (voto 2 Pezzali)
Batman (feat. Le Vibrazioni): È rapidissimo, è furbissimo, è giustissimo è la sequenza di superlativi assoluti più bella della storia. Francesco Sarcina dà un contributo convincente alla sigla di Batman, e la sua voce ampia e duttile si incastra perfettamente con il noir-rock della sigla dell’Uomo Pipistrello, che acquista tonalità ancora più notturne. Una bella energia. Voto 8
Sailor Moon e il Cristallo del Cuore (feat. Carmen Consoli): Qui infilzo nel mio cranio chinato il drappo nero. Questa sigla, uno scimmiottamento riuscitissimo de La Isla Bonita che apre la stagione più commovente di Sailor Moon, è stata privata della sua anima. Ne è nato un blues pure pregevole, l’accenno spagnoleggiante è rimasto, ma Carmen Consoli, che pure adoro più della mia stessa vita, sembra essere passata da lì davvero per caso. Mancano la magia, il volto enigmatico della luna, la forza d’animo di Sailor Uranus e Sailor Neptuno. Un adattamento che minimizza la portata di un mistero e lo rigetta all’ascoltatore senza filtri. La Consoli non perfettamente a suo agio nelle strofe fa il resto. Voto 5
Rossana (feat. Nek): Ok, abbiamo capito. È la sigla di Rossana che ha lanciato la moda del bullismo verso i professori. Una volta superato il primo minuto, la sigla di Rossana sembra essere quella di una telenovela argentina piuttosto che quella di un anime giapponese. Nek non è il meglio possibile per Rossana e si vede, ma le due voci si incontrano bene fino a confondersi in alcuni punti della sigla. Rossana passa e se ne va. È la penultima traccia del viaggio. Voto 6
Doraemon (feat. Shade): Si chiude con il gattone giapponese e il suo amico Nobita. Shade è un rapper. La bella trovata è quella di farne un rap campionato tutto da ballare. “Ora va di moda il borsello di Gucci, ma è meglio la tasca dei Ciuski” è l’incontro tra il il fashionismo occidentale e il gadgetismo giapponese, semanticamente il “punto g” di tutto il pezzo, o forse dell’intero album. Uno degli adattamenti più cool, inaspettatamente. E Cristina si diverte come una matta. Voto 7,5
Adesso la parola a voi! Avete ascoltato l’album? Dite la vostra!
QUI se volete recuperare la recensione del primo cd di DUETS – Tutti cantano Cristina.