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Eurovision Song Contest 2021, la review della prima semifinale (recensione e finaliste)

- 19/05/2021
eurovision prima semifinale


La prima semifinale dell’Eurovision Song Contest 2021 è archiviata. Le prime 10 canzoni si sono aggiunte a Italia, Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi per andare a comporre l’elenco dei partecipanti della finalissima di sabato 22 maggio.

Ritrovare il più grande show d’Europa è stato davvero emozionante e la Ahoy Arena di Rotterdam, che accoglie 3500 spettatori in via sperimentale sottoposti a un rigido protocollo anti-covid, è uno scenario decisamente accogliente: il palco è più piccolo rispetto agli ultimi, enormi, visti negli ultimi anni (Tel Aviv su tutti) ma pieno di luci e tecnologia, con un led trasparente che arricchisce alcune performance.

Duncan Laurence, il vincitore in carica, si esibisce come da tradizione dopo aver brevemente rivissuto i momenti salienti della sua vittoria. Non ha la verve di Netta che due anni fa tirò fuori una baracconata in stile bar mitzvah, ma ovviamente non siamo in Israele: qui nei Paesi Bassi non c’è bisogno di strafare!

Anche quest’anno si alternano quattro conduttori, un uomo e tre donne, tra le quali spicca la famosissima youtuber Nikkie Tutorial, che l’anno scorso ha fatto coming out come donna transgender.

Pochi preamboli: c’è tantissima voglia di spettacolo, quindi… let the Eurovision Song Contest begin!

Apre la LITUANIA con The Roop, gruppo che quest’anno propone la ballabilissima Discotheque. Colore giallo sgargiante per il frontman Vaidotas e i suoi due ballerini, assortiti ed eterogenei per sesso e corporatura. Il balletto funziona, la regia incalza e la proposta, sebbene strizzi l’occhio agli anni ’80, è più che attuale. Funziona e si qualificano per la finale di sabato.

The Roop, Lithuania, First Semi-Final, Rotterdam Ahoy, 18 May 2021EBU /ANDRES PUTTING

Al temibile numero 2, posizione che all’Eurovision porta più sfortuna del 17, si esibisce la SLOVENIA con Amen. Nonostante la buona performance vocale della cantante Ana Soklic, potente contralto, c’è puzza di stantio in questa ballata gospel che, infatti, non convince le giurie e resta in semifinale. La maledizione del 2 colpisce ancora.

Arriva la RUSSIA con Manizha, interprete di cui abbiamo avuto più volte avuto modo di parlare su BL Magazine. La sua è una proposta spiazzante e coraggiosa: Russian Woman è una canzone che racconta di libertà e indipendenza, femminile ma non solo, perché nel led dietro Manizha appaiono numerosi volti a simboleggiare altrettante storie, tra le quali, se si presta attenzione, si può scorgere persino una giovane persona transgender. Manizha, che canta all’Eurovision in lingua russa, si presenta all’interno di un grosso vestito da matrioska cucito con stoffe provenienti da tutta la Federazione Russa, per poi liberarsi e sfoggiare la sua consueta tuta rossa “da benzinaia” vista anche nel video. Mai come quest’anno la Russia merita di farsi notare. Tra le migliori della serata. In finale!

La SVEZIA quest’anno schiera il giovane Tusse, vincitore del Melodifestivalen con “Voices“, brano che segue il filone degli ultimi anni di proposte svedesi, porti sicuri per la qualificazione ma di fatto privi di ogni attrattiva commerciale. Ulteriore nota negativa di quest’anno, che si aggiunge alla sostanziale irrilevanza del brano, è l’imprecisione vocale di Tusse, reduce da un’operazione alle corde vocali e costantemente calante. Viste le difficoltà oggettive, perché strafare con acuti non necessari? La Svezia è la Svezia, e una finale senza la nazione regina del blocco scandinavo non è concepibile per molti. Passa in finale, a mio avviso immeritatamente.

L’AUSTRALIA segna un altro record all’Eurovision: oltre a essere la nazione più lontana dall’Europa a partecipare, è anche la prima a esibirsi da remoto, nel live on-tape registrato settimane fa. Nonostante la possibilità di affinare la performance fino alla perfezione tutto appare superficiale e raffazzonato, incluso il contributo vocale della cantante Montaigne. La sua Technicolor soffre di un grande gap tra la versione studio e il live, e l’assenza della delegazione nei Paesi Bassi (l’Australia non può consentire questo tipo di viaggi in tempo di pandemia) fa il resto. Per la prima volta dal 2015, anno del debutto, l’Australia non si qualifica per la finale.

La MACEDONIA DEL NORD cerca di cavalcare il successo di Tamara Todevska del 2019 (quando sfiorò la vetta della classifica delle giurie) con una ballad d’atmosfera, Here I stand, questa volta cantata da Vasil. L’effetto è quello ninna-nanna, interrotto solo da un certo interesse per la t-shirt catarifrangente dell’interprete. Nonostante le buone intenzioni, il kitsch impera. Vasil è già di ritorno per la Macedonia del Nord.

È la volta dell’IRLANDA, nazione più titolata del vecchio continente, che è riuscita inspiegabilmente a passare dall’olimpo delle sette vittorie all’Albero Azzurro. La cantante Lesley Roy con Maps si esibisce in mezzo a scenografie di cartone tagliate con le forbici dalla punta arrotondata che raffigurano scenari urbani, boschi e onde del mare, e a un certo punto ci vien da chiedere dove sia Dodò. La canzone? Non pervenuta. Tranquilli, non ci sarà una seconda volta.

CIPRO ha invece trovato la gallina dalle uova d’oro con un filone di brani pop inaugurato nel 2018 con Eleni Foureira e la sua celeberrima Fuego. El diablo di Elena Tsagkrinou è uno di quei pezzi che garantisce il massimo risultato col minimo sforzo, perché contiene quel retaggio di produzioni sfacciatamente europop che andavano forti tra il 2000 e il 2010, e che resiste nelle frange degli eurofans più conservatori. C’è però qualcosa di più liberatorio di un balletto sulle note di una canzone cipriota all’Eurovision? Elena è convincente, il ritmo riscalda l’atmosfera, l’arena si infiamma e Lady Gaga riecheggia indomita nell’etere. I feel the love, I gave my heart to el diablo. Balleremo ancora sabato in finale.

La NORVEGIA, invece, è la grande incognita di questa edizione: il MGP ha incoronato vincitore lo stralunato TIX e la sua Fallen Angel. Ciò che sembra una parodia da film Netflix è una proposta insufficiente, pretestuosa e kitsch. Tix, che indossa gli occhiali per mascherare numerosi tic agli occhi, è un cantante di poche pretese e scarso talento che per tre minuti sembra prenderci in giro, conciato come un personaggio del Grande Lebowski, per giunta mascherato e incatenato da una banda di demoni in nero. Una proposta talmente sconclusionata e brutta che si fa davvero fatica a credere che la rivedremo in finale.

TIX, Norway, First Semi-Final, Rotterdam Ahoy, 18 May 2021EBU / ANDRES PUTTING

Arriva la CROAZIA, nazione che non ha mai brillato nel gruppo degli stati balcanici all’Eurovision. Neanche quest’anno convince il pubblico d’Europa, e non sono bastati un titolo social molto furbo, Tick-Tock, né uno staging molto articolato, per raccogliere qualche voto quest’anno. La performance con effetti visivi alla “Popcorn” anni ’80 c’è, i costumi sono giusti, Albina ce la mette tutta ma passa e va, evidentemente soccombendo al confronto con la performance pop Elena di Cipro, forse capace di attrarre un pubblico più vasto. Apprezzabile, però, implementare alcune frasi in croato nel testo. Niente da fare Zagabria, ci vediamo l’anno prossimo.

È il turno del BELGIO, che quest’anno si è avvalso di artisti molto conosciuti in tutta Europa: gli Hooverphonic. Il gruppo della sensazionale Mad about you, qui all’Eurovision con The wrong place, fa il minimo indispensabile lasciando parlare la musica senza aggiungere troppi orpelli. La loro è senza dubbio la proposta più elegante della serata, tutta giocata sulle tonalità scure: basta poco, per chi ha esperienza da vendere, per lasciare il segno. Ritroveremo il Belgio in finale.

Hooverphonic, Belgium, First Semi-Final, Rotterdam Ahoy, 18 May 2021EBU / ANDRES PUTTING

ISRAELE: si temeva che la situazione politica israeliana potesse condizionare la gara della nazione mediorientale ma così non è stato. Qualche cenno di dissenso effettivamente si è sentito, tuttavia non così significativo da eclissare l’esibizione di Eden Adele e della sua Set me free. Lei ha un che di selvaggio anche quando spara acuti in modalità fischio. Il brano gioca con accenti rnb ma ha un impianto soprattutto dance, in finale potrà ampliare il suo consenso.

Direttamente dai Carpazi è il momento della ROMANIA, e di Roxen con Amnesia: la canzone non è immediata, ha un testo complicatissimo e la performance, un’ammucchiata disordinata della quale sfuggirebbe il senso anche al più attento degli spettatori, non aiuta a recepire il messaggio. La Romania ha perso il favore del pubblico da quando ha tradito la sua vocazione alla dirompenza del trash, prediligendo scelte in lingua inglese, più raffinate ma lontane sia dal pubblico rumeno (che ha abbandonato l’Eurovision anche come spettatore) sia da quello europeo, che non riconosce più nelle sue scelte l’autenticità di un tempo. La mancata qualificazione per la finale è il prezzo da pagare anche per gli innumerevoli problemi audio della jury rehearsal di ieri sera.

L’AZERBAIJAN si affida all’etnodance con Mata Hari di Efendi, naturale sequel di Cleopatra, brano dell’edizione 2020 cancellata per la pandemia. È tutt’altro che un brano complesso, e bastano poche note bene assestate per invocare gli ammiratori del pop (del filone cipriota) e dare loro un nuovo motivo per dimenare il fondoschiena. In scena è un tripudio di code di cavallo e soprattutto tanta gnocca, fuoco e grinta. Riascolteremo Mata Hari nella finale di sabato.

La grande sorpresa della serata è senza dubbio l’UCRAINA, con un brano fuori da ogni canone eurovisivo: si canta in lingua locale, si evoca la natura con un brano impetuoso che conta innumerevoli cambi ritmici e la cantante è tutt’altro che affabile, ma non esaltarsi davanti a questo brano è davvero difficile. Nel complesso, Shum dei Go_A è un brano ipnotico che può piacere anche a chi è digiuno di Eurovision, perché è esattamente quello che un grande festival europeo dovrebbe essere: un bellissimo frammento di autenticità. Torneremo a pogare in finale.

Go_A, Ukraine, First Semi-Final, Rotterdam Ahoy, 18 May 2021EBU / ANDRES PUTTING

Chiude MALTA, che quest’anno schiera la giovane Destiny, già vincitrice dello Junior Eurovision Song Contest e interprete dotata di una vocalità “ingombrante”. Je me casse è un brano che ha tutti i crismi della hit eurovisiva: un ritornello di facile presa, un balletto elementare piuttosto accattivante e una grande voce a servizio del brano. E i pronostici a favore. Cosa può andare storto? Beh, Destiny è amatissima, ma l’inesperienza dovuta alla giovane età e la sua tendenza a strafare vocalmente potrebbero esserle d’impiccio per la finale. La top 10 è assicurata, di certo si gioca la vittoria ma siamo davanti a una copia maltese di Netta e del suo messaggio di female empowerment, di stile sicuramente diverso ma dal contenuto identico.

Ricapitolando: sabato in finale rivedremo Norvegia, Cipro, Svezia, Israele, Ucraina, Belgio, Azerbaijan, Russia, Lituania e Malta.

Durante lo show sono stati mostrati 30 secondi della performance dell’Italia che vedremo anche sabato. Ricordiamo che a rappresentare quest’anno la RAI e il tricolore ci sono i vincitori del Festival di Sanremo, i Maneskin con “Zitti e buoni”

L’appuntamento con la seconda review è per venerdì mattina con i risultati della seconda semifinale di giovedì 20 maggio.

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Sono nato in Puglia, terra di ulivi e mare, e oggi mi divido tra la città Eterna e la città Unica che mi ha visto nascere. La scrittura per me è disciplina, bellezza e cultura, per questo nella vita revisiono testi e mi occupo di editing. Su BL Magazine coordino la linea editoriale e mi occupo di raccontare i diritti umani e i diritti lgbt+ nel mondo... e mi distraggo scrivendo di cultura e spettacolo!

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