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PARENTI SERPENTI: il Natale “col botto” Di Mario Monicelli (recensione)

- 23/12/2021
Mario Monicelli


Parenti serpenti locandina

Non è un caso che un film come Parenti serpenti sia passato quasi inosservato alla sua uscita nel 1992: secondo Mario Monicelli, regista del film, la commedia all’italiana, di cui fu il massimo rappresentante insieme ad Ettore Scola e Dino Risi, aveva perso la sua forza di sbeffeggiare i vizi degli italiani semplicemente perché la trasformazione della società a partire dal secondo dopoguerra aveva svuotato gli abitanti del bel paese di tutte le loro caratteristiche positive.

In sostanza non c’era più nulla in cui sperare, credere e ridere. Se ciò era vero alla fine degli anni Settanta in Un borghese piccolo piccolo, in Parenti serpenti, in piena epoca Tangentopoli e all’alba del ventennio berlusconiano, il cinismo e la cattiveria diventano l’unico mezzo per parlare dell’ipocrisia dell’italiano medio e dell’istituzione familiare come facciata proprio durante le feste natalizie quando “siamo tutti più buoni”.

La trama

Tutto si svolge in Abruzzo, nella città di Sulmona, città antica in cui le tradizioni e i valori sembrano ancora contare. Una coppia di anziani, Saverio (Paolo Panelli) e Trieste (Pia Velsi), lui con evidenti segni di senilità, lei energica ed invadente ma di buon cuore, ospitano come di consueto le famiglie dei loro quattro figli: la nevrotica Lina (Marina Confalone) e suo marito Michele (Tommaso Bianco), impiegati pubblici a Teramo, (quest’ultimo iscritto alla DC soltanto per ricevere favori) col loro figlio Mauro (Riccardo Scontrini), la depressa e sterile Milena (Monica Scattini) con suo marito Filippo (Renato Cecchetto) da Roma, maresciallo dell’Aeronautica, Alessandro (Eugenio Masciari) un uomo senza qualità, comunista ed impiegato alle poste a Modena grazie alle conoscenze democristiane del cognato con sua moglie Gina (Cinzia Leone), snob e malvista dalle due sorelle e la loro figlia Monica (Eleonora Alberti), aspirante ballerina di Fantastico ma grassoccia ed avida di qualsiasi tipo di cibo. Completa la cerchia familiare Alfredo (Alessandro Haber), professore presso un istituto femminile romano.

cena Parenti Serpenti
Parenti Serpenti: la cena di Natale

La cena della vigilia di Natale si trascina coi soliti riti, tra frasi fatte, notizie futili commentate davanti alla televisione e tradizioni da rispettare come quella della “Squilla” (in verità una tradizione di Lanciano e non di Sulmona) in cui figli sono tenuti a fare il baciamano ai genitori.

Il fatidico pranzo di Natale arriva e Trieste, sentendosi circondata dal calore della sua famiglia, esprime il desiderio di trascorrere gli anni che le restano con Saverio da uno dei quattro figli. Ma da chi? Saranno loro a decidere! La notizia genera scompiglio tra di loro i quali si confronteranno come in un vero campo di battaglia portando a galla segreti (come l’omosessualità di Alfredo) e rancori mai sopiti in cui ne faranno le spese non solo gli anziani genitori ma gli stessi figli, spettatori di questa grottesca follia umana senza comprenderla. La soluzione al “problema” sarà paradossalmente drastica, in modo da accontentare tutti e soprattutto le male lingue di paese.

Mario Monicelli
Parenti serpenti: la messa di Natale

La recensione

Il film, tratto dall’omonima pièce teatrale dello scrittore abruzzese Carmine Amoroso, riadattato per il cinema da lui stesso e supportato da un team di campioni come Suso Cecchi D’amico (Il Gattopardo e Rocco e i suoi fratelli), Piero De Bernardi, (C’era una volta in America), si configura non solo come un ferocissimo attacco ai valori della famiglia piccolo borghese ma anche a quella vita di provincia così ristretta tale da non consentire svaghi maggiori dei pettegolezzi (divertente ed acutissima la “sfilata” delle lingue taglienti del paese alla messa di mezzanotte).

I pettegolezzi della notte di Natale

Tutto il film mantiene intatta la sua impostazione teatrale a cui la regia di Monicelli, seppur priva di invenzioni di nota, riesce a sopperire grazie al dinamismo creato dalla recitazione degli attori, tutti perfettamente nella parte tra cui spiccano le performance di Marina Confalone e Cinzia Leone e il montaggio di Ruggero Mastroianni che riesce ad imprimere alla pellicola un notevole ritmo evitando l’effetto “statico” teatrale.

Nessuno si salva da questo gioco al massacro: l’apparente dolce Milena, l’intellettuale Alfredo, l’opportunista Michele, l’ansiosa Lina e l’esibizionista Gina aderiscono tutti quella terribile mancanza di empatia e fiducia nella quale la società italiana sembra essere precipitata a cui nemmeno lo stesso Monicelli troverà scampo suicidandosi ormai novantacinquenne nel 2010. Solo nei bambini e negli anziani sembra rintracciabile la genuinità perduta ed in effetti sarà lo stesso Mauro, figlio di Michele e Lina, ed intero narratore della vicenda a rivelare all’intero pubblico con schiettezza la fine dei suoi nonni durante la lettura in classe del suo tema sulle vacanze natalizie.

Amarissimi e pungenti i titoli di coda che scorrono sull’autoscatto di famiglia sulle note di Vivere di Enzo Jannacci.

Voto: 8

Luca Leone

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