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PERSONA _ L’illusione dell’Essere (recensione)

- 24/09/2021


PERSONA (1966) di Ingmar Bergman è uno dei capolavori del cinema mondiale. Un esperimento cinematrografico che solleva annosi quesiti sull’esistenza e Dio e l’incomunicabilità tra persone.

L’attrice Elisabeth Vogler, durante la rappresentazione de L’Elettra, si blocca improvvisamente, celando a stento un’inspiegabile desiderio di ridere.
In seguito si chiude in un ostinato silenzio e per questo viene ricoverata in una clinica psichiatrica.
Qui viene riconosciuta sana sia dal punto di vista fisico che psichico ma, perché venga aiutata ad uscire da questa condizione autoimposta, viene affiancata da una giovane infermiera, Alma.
Le due donne trascorreranno le seguenti giornate a farsi compagnia in una casa su di un’insola deserta.
Qui il loro rapporto sarà sempre più complice finché Alma non leggerà una lettera in cui Elisabeth esprime il suo pensiero su di lei.
La frattura e lo scontro che ne seguono creerà un cortocircuito, che porterà a una totale disgregazione delle personalità delle due donne.

A detta della critica questa è l’opera summa del cinema di Ingmar Bergman.
Sarebbe necessario rivedere tutti i suoi precedenti lavori per confermare ciò ( basti pensare a un titolo come IL SETTIMO SIGILLO del 1957 ).
Io mi “limiterò” a dire che questo film sperimentale ( per le strabilianti tecniche e soluzioni cinematografiche adottate per quegli anni ) del 1966 è un capolavoro assoluto!

Ci sono differenti chiavi e livelli di lettura, e forse una seconda visione è necessaria per coglierne tutte le infinite sfumature.

La pellicola si apre su di una… pellicola! Una pellicola che inizia a girare. Fotogrammi scomposti di un cartone animato e poi le immagini disturbanti di un pene in erezione, di un agnello sgozzato, il primo piano di una mano che viene inchiodata ( immagini quindi che richiamo emozioni come la vergogna, la colpa, la sofferenza ).
Stacco.
Una camera spoglia. Un unico letto. Un ragazzino che tenta invano di coprirsi con una coperta troppo piccola. Lui che legge un libro e poi si distrae, volge lo sguardo verso la telecamera come se stesse guardano noi spettatori. Egli allunga una mano e solo allora ci accorgiamo che lui guarda e desidera toccare altro. Un grande schermo. Un’immagine sfocata di un volto femminile. I tratti si fanno più definiti: è il volto di quella scopriremo essere Elisabeth. O forse è Alma? Solo dopo 10 minuti ha inizio l’azione.

Il regista, fin dal principio, ci sussurra che quanto andremo a vedere è appunto “solo” un film. Espediente che tornerà , in maniera molto più incisiva, a metà film quando Alma leggerà la lettera e il suo frantumarsi interiore coinciderà con il deteriorarsi delle pellicola. Un esercizio di stile. Un esperimento. Ma è molto più di questo. È una seduta di psicanalisi? Una presa di coscienza? Un monologo interiore? Un monito a chi guarda?

Temi portanti del film sono dunque l’incomunicabilità umana (tra persone) e quella divina (tra uomo e Dio) e quella interiore (tra conscio e subconscio, tra l’Io interno e quello esterno).
Nell’infinito gioco di maschere dal sapore pirandelliano ecco che le due protagoniste, lungo la trama, sono specchio e riflesso opposto l’una dell’altra. Fino ad arrivare a una totale sovrapposizione delle due al punto che non si sa più chi sia l’attrice e chi l’infermiera, chi la vittima e chi la figura dominante.
In tal senso sono strabilianti le interpretazioni delle due donne: le bellissime e formidabili Liv Ullmann e Bibi Andersson.

La fotografia in bianco e nero di Sven Nykvist accentua ed esalta le idee registiche di Bergman, conferendo energia e movimento a ogni inquadratura (anche quelle più statiche), facendo vibrare la luce e l’oscurità con la stessa tensione di un quadro di Caravaggio.
Il senso di sconforto e di minaccia e di disagio, ma anche di fascinazione e di sensualità che permeano tutta la pellicola, rendono il film unico nel suo genere. Ed è evidente come esso abbia poi influenzato i grandi registi del presente ( da Lynch a Cronenberg; da Aronofsky a Von Trier, solo per citarne alcuni ).

CURIOSITÀ: Il fim ebbe non poche difficoltà, sopratutto in Italia, davanti alla commissione della censura.
Da un iniziale divieto ai minori di 18 anni, si passò a quello rivolto ai 14enni.
Tuttavia vennero apportate sostanziali modifiche.
Fu eliminata – ad esempio – la sequenza del fallo in erezione e fu completamente stravolto il monologo di Alma dove confessa un rapporto sessuale di gruppo, minuziosa di particolari espliciti ( cosa che si evince solo nel vedere la scena originale sottotitolata ).

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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