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La mattanza: la seconda guerra di mafia

- 21/05/2020


Servirebbero moltissime pagine e diverse ore per poter raccontare tutto quello che avvenne tra la fine della prima guerra di mafia (di cui abbiamo parlato nel precedente articolo che vi consigliamo di recuperare) e la conclusione della seconda.

Cosa nostra, che sembrava avere i giorni contati, era tornata in scena più forte di prima e lo Stato non riuscì a reagire, ignorando gli aiuti che arrivavano anche dal fronte nemico. Il mafioso Cristina infatti, dopo aver rischiato di morire per mano dei Corleonesi, decise di informare i carabinieri sul pericolo del potere sempre più forte del clan, con a capo gli uomini d’onore Luciano Liggio, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella.

I Corleonesi

Per comprendere le dinamiche di quegli anni, dovremmo raccontare dei giornalisti uccisi perché svolgevano bene il loro lavoro, facendo conoscere quello che accadeva nella loro terra a tutti i cittadini. Ricordiamo Mauro De Mauro, rapito da Cosa nostra il 16 settembre 1970 e mai più ritrovato, Giovanni Spampinato, ucciso il 28 ottobre 1972 perché aveva osato scrivere del rapporto di collusione tra mafia e politica nella zona di Ragusa e Peppino Impastato, il giornalista attivista politico di Cinisi ucciso il 9 maggio 1978.

L’uomo di vetro

Scena tratta dal film L’uomo di vetro di Stefano Incerti (2007)

Dovremmo narrare la vicenda di Leonardo Vitale, primo collaboratore di giustizia di cui è stata raccontata la storia anche attraverso il film L’uomo di vetro (2007). Da uomo d’onore, il 29 marzo 1973 decise di presentarsi negli uffici della squadra mobile di Palermo, dichiarando di voler cominciare una nuova vita a seguito di una crisi religiosa. Denunciò affiliati, reati da lui commessi e rivelò l’esistenza della Commissione. Scontò la detenzione nel manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto. Scarcerato nel 1984, fu ucciso dopo pochi mesi. La mafia lo punì per aver violato la legge dell’omertà poiché aveva compreso l’importanza delle sue rivelazioni, molto più di quanto recepì lo Stato che assolse per insufficienza di prove quasi tutti i membri arrestati grazie alle sue confessioni.

Dovremmo scrivere anche di tutte quelle forze dell’ordine, magistrati e politici che vennero uccisi, dieci solo nel biennio 1979-1980, tra cui anche il fratello del nostro Presidente della Repubblica, Piersanti Mattarella, durante il suo mandato di presidente della regione Sicilia, il 6 gennaio 1980. Piersanti Mattarella “stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola“.

Omicidio Mattarella, foto di Letizia Battaglia

A questo punto, una domanda sorge spontanea: perché avvenne tutto questo?

La mattanza

“Io questa seconda guerra di mafia non l’ho capita. Quando c’è una guerra, due famiglie si armano e sanno che devono andare l’una contro l’altra. A Palermo questa guerra di mafia non c’è mai stata. C’è stato un massacro. C’è stata solo la strategia della tensione di Totò Riina.

Il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, al tempo sodale di Riina, commenterà così il conflitto interno a Cosa Nostra, avvenuto tra il 1978 e il 1984, nato dalla forte instabilità della stessa, a causa dei nuovi e proficui interessi del traffico internazionale di eroina e dalla brama di potere dei Corleonesi. A distanza di anni non si è ancora riusciti a precisare il numero delle vittime e le cifre oscillano tra i quattrocento e i mille morti.

L’ultima fase della guerra, chiamata mattanza come la fase finale della pesca del tonno dal carattere cruento e impressionante, iniziò nel 1981 quando i boss Bontate, Inzerillo, Spatola, Panno decisero d’organizzare un piano per uccidere il capo dei corleonesi.

Totò Riina, entrato nel triumvirato al posto di Luciano Liggio dopo il suo arresto del ’74, venne a conoscenza del piano grazie a una soffiata di Michele Greco.  Da quel momento “i mafiosi iniziarono a uccidere in pieno giorno, trasportando cadaveri e posandoli fra la questura e la Regione, quando decidevano di non bruciarli alle tre di pomeriggio nel centro di Palermo“, come raccontò Carlo Alberto Dalla Chiesa in un’intervista.

La guerra era iniziata, e come in ogni conflitto che si rispetti, vi furono anche personaggi che decisero di passare da un fronte all’altro, come il boss di Partanna Mondello Rosario Riccobono, prima vicino a Bontate e poi passato sotto l’ala protettiva di Riina.

La notizia dell’incessante spargimento di sangue arrivò anche ai parenti oltre oceano di Cosa nostra che presero provvedimenti: il boss di Brooklyn Castellano, alleato del duo Bontate-Inzerillo, mandò due killer sull’isola con la speranza di poter giungere a un accordo, siglato con il capo dei capi. I parenti superstiti sarebbero rimasti in vita, a patto che venissero uccisi lo zio e il fratello del boss defunto Inzerillo, oltre al fatto di non far mai più ritorno in terra siciliana.

L’attacco allo Stato

Negli anni vennero attaccate più volte anche le istituzioni e nel 1982, a soli cinque mesi di distanza, vennero uccisi Pio La Torre (30 aprile) e Carlo Alberto Dalla Chiesa (3 settembre), il primo perché colpevole di essere parte della Commissione Antimafia ma soprattutto ideatore della proposta di legge riguardante il 416bis; il secondo in quanto nominato prefetto di Palermo con l’incarico di contrastare Cosa nostra nello stesso modo in cui era riuscito con il terrorismo.

Omicidio Dalla Chiesa

La seconda guerra di mafia finirà solamente nel 1984 con la vittoria di Riina e le due ultime morti di dicembre di Leonardo Vitale e Pietro Busetta, colpevole di aver sposato una sorella di Tommaso Buscetta, nel frattempo divenuto collaboratore di giustizia grazie alla fiducia riposta nel giudice Giovanni Falcone.

Fonti: Giorgio Bocca, È la stampa, bellezza! La mia avventura nel giornalismo, Feltrinelli, 2008; Luciano Violante, Il ciclo mafioso, Editori Laterza, 2004; John Dickie, Cosa Nostra. Storia della mafia siciliana, Editori Laterza, 2015; Antimafiaduemila, WikiMafia

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