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CORONAVIRUS. Diario di un redattore in quarantena -Giorno 43-


Quarantareesimo giorno di quarantena.

L’Eterno Ritorno.

Questa notte non sono riuscito a prender sonno. Alle 3.32 di ogni 6 aprile da ormai undici anni, l’angoscia mi assale e cerco inesorabilmente di trasformarla in qualcosa di positivo. Che sia commemorazione o stimolo proattivo nel consolidare la consapevolezza di continuare a vivere nonostante tutto, negli anni è diventata buona pratica per non piombare nella paranoia.

Quest’anno il 6 aprile è davvero una data indigesta.

Undici anni fa, raggiungevo la mia L’Aquila con la protezione civile per portare soccorso ai miei correggionali, ai miei amici e a quelle persone che condividono con me l’appellativo regionale di abruzzesi.

Undici anni fa abbiamo avuto la dimostrazione di come, in emergenza, l’Italia faccia sempre la differenza. Tantissimi volontari, me compreso, si sono succeduti nei soccorsi in Abruzzo. È stato splendido constatare che nessuno si è tirato indietro nell’aiutare una terra ed una città ferita da quella calamità naturale che ha spazzato via vite, case, sogni ed ha reso difficoltosissima una rapida ripresa.

Quella che sembrava una ferita circoscritta al solo capoluogo della mia regione, negli anni, ha incancrenito tutti i territori abruzzesi. Abbiamo dovuto adattarci ad una nuova politica regionale fatta di rigore e di taglio continuo dei servizi poiché avevamo da ricostruire la nostra bella L’Aquila.

Le analogie che possiamo individuare in quello che stiamo vivendo ora sono molteplici.

Non voglio elevarmi a divin-so-tutto-io ma avendo dovuto subire la necessaria riscrittura dei miei piani di vita lontano dalla mia terra, credo che sia opportuno condividere le mie osservazioni.

Mai avrei immaginato che cambiando regione ed emergenza mi sarei ritrovato lo stesso personaggio chiamato in causa nella gestione delle cose urgenti da fare: Bertolaso.

Non volendo volutamente ripercorrere il suo curriculum vitae et nefandae historiae, sostanzialmente questo demiurgo di idee intelligenti durante le emergenze me lo sono ritrovato anche qui in Lombardia tra capo e collo.

Bertolaso a L’Aquila fece costruire in quattro e quattr’ otto le new town provvisorie. Case lignee che avrebbero dovuto durare poco in attesa della ricostruzione. Sono ancora lì e la loro inesorabile decadenza quotidiana è l’orrenda testimonianza di questa propagandistica maniera di gestire le emergenze.

Qui a Milano il buon Bertolaso, oltre che prendersi il coronavirus, ha saggiamente portato a compimento l’allestimento dell’ospedale nell’aria fieristica di Milanocity. Bello, utile e soprattutto degno di una conferenza stampa in pompa magna con tanto di accalcamento giornalistico. Sono stati creati oltre 400 posti letto di terapia intensiva, ma, aimè, inutilizzabili per mancanza di personale specializzato e respiratori. L’ennesimo proclama pubblicitario fatto alle spalle dei contribuenti.

Però, se a L’Aquila c’è voluto un po’ per innescare le proteste dei cittadini, in Lombardia, prevedo, che in pochissimo tempo la cittadinanza si rivolterà contro questo scempio.

A L’Aquila però la differenza fu enorme. Il governo centrale, il cui premier, ricordiamolo, era Silvio Berlusconi, mise immediatamente a tacere gli amministratori locali. Il Governatore Chiodi, quello che utilizzava i soldi delle trasferte in lussuosissimi hotel romani in compagnia della sua avvenente segretaria, ruotava attorno al partito del premier; l’onorevole Pezzopane, allora presidentessa della provincia e terremotata, fu chiamata in ballo solo quando venne Obama per fare il celebre scatto della nana con l’abbronzato presidente americano e non ebbe assoluto potere decisionale per i comuni del cratere aquilano; il sindaco Cialente, nonostante avesse allestito riunioni consiliari in Piazza Navona a Roma e tentò di alzare la voce, fu assolutamente messo all’angolo. Bertolaso requisì un intero territorio facendogli vivere l’assenza di diritti costituzionali, vista l’emergenza, senza coinvolgere democraticamente la popolazione con i suoi rappresentanti democraticamente eletti.

Ora in Lombardia la musica è un altra: il governo centrale ha concesso autonomia soprattutto alle regioni del Nord, assolutamente più colpite, andando però a creare una dicotomia confusa nella gestone sanitaria dell’emergenza. Il teatrino che si è succeduto in prima battuta vedeva da un lato Fontana e Zaia, i Governatorissimi padani, tentar di dettare regole e modi al Premier. Dall’altro lato un governo assai lento nel prendere decisioni. La barzelletta comincia quando il Premier Conte ha dato incarico ad un commissario per l’emergenza: Domenico Arcuri… Nato in Calabria….

Immaginate la faccia dei Governatori in quota Lega nel sentir nominare un terrone come commissario…. ecco, il giorno dopo Attilio Fontana nomina Bertolaso come commissario Regionale.

Ma chi pagherà mai i compensi di Arcuri e Bertolaso per svolgere il medesimo compito?

Noi contribuenti, ovvio.

Quello che stiamo vivendo ora è la lotta tra Governo Centrale ed Enti Locali, rafforzati negli anni da autonomie e devolution del comparto sanitario.

Quindi se vogliamo tracciare il profilo disfunzionale di questa nuova emergenza e lì che troveremo risposte.

Tornando al 6 Aprile…

Io per primo ho vissuto sulla mia pelle cosa significhi rialzarsi dopo che la Storia irrompe nella tua biografia: con me, migliaia di altri abruzzesi hanno dovuto deviare i loro sogni e rialzarsi da soli per poter cercare il loro posto al sole.

Io ho deciso di mettere radici in Lombardia trasferendomi dal mio Abruzzo… mi auguro che il poi di tutta questa faccenda non sia un dovermi trasferire nuovamente….

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Di origine Abruzzese, ma ramingo come un nomade. Di molteplici interessi ogni sabato su Bl Magazine con la rubrica BL LIBRI.

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