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AMMONITE _ Tra finzione e realtà, la storia di una passione tra due donne (recensione)

- 21/06/2022
AMMONITE di Francis Lee (2020)


Dopo lo splendido LA TERRA DI DIO (2017), Francis Lee volge lo sguardo all’amore saffico tra due donne realmente esistite nell’Inghilterra vittoriana di metà Ottocento. Ma AMMONITE (2020) non è solo una storia d’amore, ma anche uno sguardo attento e indagatore sulla condizione della donna in quell’epoca.

Trama _ Mary Anning è una paleontologa che per aiutare la madre anziana e malata vende ai turisti piccoli fossili comuni. Quando la donna s’imbatterà in un suo grande ammiratore, le verrà proposto di prendersi cura della sua giovane e malinconica moglie in sua assenza. Dapprima riluttante, col passare dei giorni, Mary si ritroverà a guardare con maggiore attenzione la ragazza fino a che non comincerà a sentirsi attratta dalla sua persona.

Il regista Francis Lee, qui anche in veste di sceneggiatore, sceglie di raccontare di due donne realmente esistite: la celebre, seppure misconosciuta, pioniera della paleontologia, Mary Anning e Charlotte Murchison, moglie di colui che sarebbe poi diventato uno dei fondatori della nota Geological Society of London, che solo dopo la morte della Anning ne hanno riconosciuto il grande supporto in fatto di ricerca e di reperti acquisiti.

Tuttavia questa storia, per certi versi interessante, resta ai margini del film, giacché il regista sceglie di guardare a una possibile (non riconosciuta o documentata) passione tra le due donne.

AMMONITE prende il nome da un grande fossile che le due donne ritrovano casualmente durante una dello loro ricerche sulle coste subordinate agli impeti e gli umori dei gelidi mari del Nord.
E così come Mary è meticolosa e paziente nel suo lungo lavoro di conservazione ed estrazione del fossile dalla dura pietra, sarà altrettanto meticoloso e graduale il processo che la porterà a conoscere e riconoscere in quella donna dell’alta società, un’anima a lei affine.

Il fiorire di un sentimento così fragile e prezioso avvicinerà le due donne ora con sguardi fugaci ma complici, ora con piccoli gesti di affetto e di conforto: una mano delicatamente poggiata sulla spalla, un cercarsi tra la folla, la condivisione delle proprie ferite o scelte di vita (Charlotte ha perso un bambino, Mary non ha mai desiderato averne uno).
E nelle differenze e nelle rispettive volontà ora taciute e ora divenute carnali, le due donne vengono alla luce, vengono scoperte l’una dall’altra e viceversa.

nella foto da sinistra Kate Winslet e Saoirse Ronan, protagoniste di AMMONITE (2020) di Fancis Lee

Le splendide interpretazioni delle due attrici principali danno anima a un film che sarebbe di fatto rimasto un fossile meraviglioso da osservare nella sua compiuta, ma immobile perfezione (regia, fotografia, musiche sono di buon livello) a causa forse di una sceneggiatura incapace di prendere il volo quando poteva e doveva permetterselo.

Kate Winslet ( ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND, 2004 o lo splendido LITTLE CHILDREN, 2006 fino all’Oscar per la sua prova in THE READER, 2008) aderisce al suo ruolo con estrema professionalità, senza dimenticare però di mostrare – quando serve – una vibrante e cocente umanità che colpisce dritta al cuore. Come sempre.

Sorprende la maturità della giovane Saoirse Ronan ( AMABILI RESTI, 2009; LADY BIRD, 2017 o il più recente riadattamento di PICCOLE DONNE, 2019) che, come una moderna Venere di Milo, si presenta all’inizio meravigliosa ma sommersa dalle costrizioni di una società che la vuole solo moglie trofeo, monca non dei suoi arti, ma della possibilità di essere libera di prendere dal mondo ciò che desidera. Col passare del tempo assieme all’oggetto del suo amore, ella riprenderà vitalità e si affermerà in lei una voracità che però mal si sposerà con gli usi e i costumi del tempo, ma soprattutto che la renderà cieca davanti all’affermazione e le necessità della sua amata.

AMMONITE si chiude con le due donne che casualmente si ritrovano l’una di fronte all’altra, separate da una teca che contiene proprio quei fossili che la Anning aveva portato alla luce tempo prima e ora esibiti in un museo, senza che il suo nome sia associato alla loro scoperta. Quella teca di vetro rappresenta da una parte un muro divisorio invisibile che guarda a due mondi forse troppo distanti, seppure contaminati l’uno dall’altro; dall’altra è una lente che mostra le due donne nella loro vera essenza, forse per riconoscersi e conoscersi di nuovo.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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