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DOCTOR SLEEP _ Un sequel privo di luccicanza (recensione)

- 19/11/2019
DOCTOR SLEEP (2019)


DOCTOR SLEEP non può esser considerato un brutto film, ma neppure appassionante. Ha non pochi difetti, ma ha anche i suoi pregi che sono riconducibili non tanto alla storia quanto alla regia di Flanagan.

Sono trascorsi più di 30 anni dai terribili fatti accaduti all’Overlook Hotel eppure Danny Torrance continua a essere perseguitato da incubi e presenze sinistre.
Ha trascorso un’intera vita ad annegare la sua luccicanza nell’alcol fino a che non decide di far la cosa giusta e lavorare sulla sua dipendenza.
Ed ecco che un giorno Danny entra in contatto telepatico con una ragazzina, Abra, che ha il suo stesso dono, ma molto più potente.
Ma la giovane viene scoperta da un gruppo di persone che si nutrono del dono della luccicanza e girano per il paese in cerca di nuove vittime.

Stephen King nel 2013 firmò quello che potremmo considerare il sequel di quel romanzo che è stato “The Shining” e che venne poi adattato per il grande schermo dal genio di Stanley Kubrick con uno strepitoso Jack Nicholson.

Lo scrittore non apprezzò mai il lavoro compiuto dal regista di capolavori intramontabili del cinema, per quanto ne riconoscesse il valore artistico di un’opera tanto complessa quanto perfetta come “SHINING“.
Ha invece apprezzato questa trasposizione del suo omonimo romanzo “Doctor Sleep” da parte di un regista che già nel recente passato aveva diretto un film tratto da un suo romanzo minore “Il Gioco di Gerald“.

DOCTOR SLEEP di Mike Flanagan (2019)
Ewan McGregor assalito dai suoi demoni in una scena di DOCTOR SLEEP

Mike Flanagan è di fatto un ottimo regista che negli ultimi anni ha lavorato a molte pellicole horror con lodevoli risultati sia di critica che di pubblico.
Titoli come “OCULUS” (2013) o “HUSH“(2016) o “OUIJA-L’Origine Del Male” (2016) sono esempi di come Flanagan sia capace di guardare al genere horror con mano sicura e dirigere film solidi e spaventosi.

Anche in questo “DOCTOR SLEEP” egli dimostra di saper costruire delle ottime scene dove la tensione viene a crescere o esplodere, ma il film presenta tutti i suoi limiti in una sceneggiatura e una storia che sono fin troppo prevedibili e privi di un certo fascino sinistro. E ben presto fa capolino la noia.

La durata del film (150 minuti) non aiuta molto, ma quel che è peggio è l’assenza di empatia che dovrebbe venire a costruirsi tra spettatore e personaggi principali.

DOCTOR SLEEP (2019)
La magnetica Rebecca Ferguson in DOCTOR SLEEP di Mike Flanagan

Nonostante Ewan McGregor sia un ottimo attore non riesce a conferire una reale sostanza al suo Danny, non riusciamo a sentire la sua paura o il suo disagio e neppure la sua sofferenza.
Stesso discorso vale per la giovane Kyliegh Curran che interpreta la dotata Abra. Il suo personaggio è spesso tedioso e la giovane attrice non è capace di affrontare il suo ruolo con la giusta ispirazione, priva di sfumature necessarie perché possa risultare credibile. Affascinante invece, seppure talvolta quasi caricaturale, la presenza di Rebecca Ferguson (che molti ricorderanno in “THE GREATEST SHOWMAN“) che interpreta la malvagia Rose Cilindro.

Per quanto sia inglorioso il paragone (e non dovrebbe esserci giacché sono due storie davvero molto diverse) questo diventa inevitabile quando il film ci riporta all’Overlook Hotel.
Flanagan sopratutto qui dimostra grandi capacità registiche richiamando tutte le scene più celebri dell’opera di Kubrick.
Ma è proprio qui che si evidenzia il potere di quell’opera irrinunciabile ed eterna e questa che sopravvive solo dei suoi aliti (così come la setta di Rose vive della luccicanza delle loro vittime).

DOCTOR SLEEP manca forse di quel piacere sinistro, di qualcosa di sporco e di malvagio ma di non definito, che sappia turbare lo spettatore.
La regia asciutta ed elegante di Flanagan è fin troppo rassicurante. Talvolta si accende, ma non è capace di luccicare nelle tenebre della noia.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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