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IL RITO DELLE STREGHE _ Un sortilegio moderno mal riuscito (recensione)

- 12/03/2021
The Craft Legacy _ IL RITO DELLE STREGHE (2020)


THE CRAFT LEGACY _ IL RITO DELLE STREGHE (2020) si giustifica nel voler essere un sequel, ma è di fatto una rivisitazione di un film divenuto cult negli anni ’90, GIOVANI STREGHE. Un’ operazione che ha un suo valore, ma incapace di incantare.

Lily si trasferisce in una nuova città dal nuovo compagno della madre. L’uomo pare essere molto rigido e ha tre figli un tantino taciturni. Le cose non vanno meglio nella nuova scuola, non fosse per la presenza e poi l’amicizia di tre ragazze, Tabby, Frankie e Lourdes, streghe apprendiste in cerca del quarto elemento che possa dare forza e concretezza al loro potere. In Lily troveranno il loro Ovest e il modo di chiudere il loro cerchio magico, ma nonostante i buoni propositi la magia porterà le ragazze in territori pericolosi.

THE CRAFT _ GIOVANI STREGHE di Andrew Fleming, cult del 1996

Nei ruggenti e un tantino favolistici anni ’90 impazzavano le streghe sul grande schermo.
Aprì le porte della magia quel CHI HA PAURA DELLE STREGHE? (1990) con una magnetica e spaventosa Anjelica Huston (di cui di recente è stato proposto un edulcorato remake con Anne Hathaway). Ci fu poi il trascinante e folle trio composto da Bette Midler, Katthy Najimy e Sarah Jessica Parker di HOCUS POCUS (1993). Seguì una versione dark quasi a tinte horror della celebre fiaba di Biancaneve con una cattivissima Sigourney Weaver nel film BIANCANEVE NELLA FORESTA NERA (1997) fino a quel pasticcio di generi AMORI E INCANTESIMI (1998) che aveva però il fascino di Nicole Kidman e Sandra Bullock.

THE CRAFT LEGACY _ IL RITO DELLE STREGHE (2020) di Zoé Lister-Jones

Nel mezzo ecco arrivare un film per ragazzi che sarebbe divenuto un vero e proprio cult e che avrebbe lanciato due stelle nascenti della cinematografia. Mi riferisco chiaramente a THE CRAFT, conosciuto qui in Italia col titolo GIOVANI STREGHE, (1996) per la regia di Andrew Fleming (regista di commediole accattivanti come AMICI PER GIOCO, AMICI PER SESSO o piccoli gioielli come A MODERN FAMILY). Nel cast brillavano la futura scream queen Neve Campbell e la magnetica Fairuza Balk che ha partecipato da giovanissima al sequel NEL FANTASTICO MONDO DI OZ (1985) e poi al duro e poetico AMERICAN HISTORY X (1998).

Era forse (in)evitabile che ne facessero su un reebot. Per quanto l’epilogo (che farà felici molti dei fans del cult del ’96) ce lo presenti come un sequel, questo IL RITO DELLE STREGHE di Zoé Lister-Jones semplicemente tenta di raddrizzare la vecchia formula magica per deliziare e ammaliare le nuove generazioni. Ne conserva l’anima femminista e cerca di guardare ai problemi di sempre presenti sia nel contesto scolastico che in quello familiare.

Siamo ai tempi post #Metoo dove le nostre eroine, rispetto a quelle di Fleming, sono più compatte e consapevoli dei loro diritti e quindi dei loro poteri, così come delle responsabilità a essi connesse. Si farà letteralmente cenere del concetto di patriarcato, ma quasi niente funziona davvero.

Nella foto da sinistra: Zoey Luna, Gideon Adlon, Lovie Simone e Cailee Spaeny in una scena tratta da IL RITO DELLE STREGHE (2020)

Problema principale di questo IL RITO DELLE STREGHE è la sceneggiatura. Le quattro protagoniste così come i comprimari sono unidimensionali. Sembra ci sia stata più attenzione nel voler conferire un look specifico a ogni ragazza (sebbene alcuni outfit siano, per me, davvero imbarazzanti o un tantino eccentrici) ma manca quel qualcosa di essenziale che ci permetta di affezionarci a loro.

Stupisce che questa operazione sia stata prodotta dalla Blumhouse (casa che ha lanciato film come THE PURGE e GET OUT e INSIDIOUS) perché è fin troppo zuccherosa o pare essere totalmente disinteressata a spaventare. C’è stato forse uno studio di cosa piace oggi alle generazioni cresciute a Coca Cola e Smartphone e Tik Tok. Anche l’unico elemento che avrebbe potuto dare quel poco di tensione viene completamente sprecato. In tal senso è quasi imbarazzante la presenza di un imbalsamato David Duchovny.

A brillare ci sono i volti di quattro ragazze qualunque che difficilmente resteranno nella memoria o nel cuore dei suoi spettatori: Cailee Spaney, Zoey Luna, Gideon Adlon e Lovie Simone.

Due sole note positive: una soundtrack che spazia dalla hit di Alanis Morissette “Hand In My Pocket” fino alle sonorità dance di Betta Lemme in “Give It“; e il tentativo (maldestro) di guardare anche alle problematiche meno trattate nel cinema contemporaneo come la bisessualità e la sua percezione.

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Ossessionato dal trovare delle costanti nelle incostanze degli intenti di noi esseri umani, quando non mi trovo a contemplare le stelle, mi piace perdermi dentro a un film o a una canzone.

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